Lo storico ‘rimbalzo’ di Obama
Durante l’amministrazione Bush, l’immagine e la popolarità degli Stati Uniti raggiunsero minimi storici. Certo, gli alti e bassi nelle percezioni europee degli Usa non sono una novità. La guerra del Vietnam, la crisi degli euromissili nei primi anni ottanta e la guerra in Kosovo del 1999 fecero registrare notevoli picchi di impopolarità per gli Usa. Ma mai nella storia delle relazioni transatlantiche è stato documentato un crollo del consenso così drastico come durante la presidenza Bush.
Il crollo si verificò durante il primo mandato e in particolare in occasione dell’intervento militare in Iraq. Ma nei cinque anni successivi non si manifestarono segni di recupero. Gli europei si convinsero che Bush non fosse un buon presidente e che la leadership internazionale Usa non meritasse la loro fiducia – e questo atteggiamento rimase di fatto immutato durante entrambi i mandati. A dire il vero, un dibattito si aprì tra politici e analisti, che iniziarono a domandarsi – non senza una certa rassegnazione – se l’immagine dell’America avrebbe mai potuto essere rilanciata. I sondaggisti hanno dibattuto a lungo se i bassi tassi di popolarità di Bush fossero il segno di qualcosa di strutturale o se fossero invece riconducibili ad una dinamica ciclica, quindi legati all’impopolarità di un dato presidente in un dato momento storico.
Effetto Obama
È quindi con grande attesa ed apprensione che il German Marshall Fund e la Compagnia di San Paolo hanno condotto l’estate scorsa il loro sondaggio annuale sui Transatlantic Trends, per verificare come gli europei valutassero il nuovo presidente americano, Barack Obama, dopo i primi sei mesi di governo. Per quanto non fosse certo un mistero la popolarità che Obama gode tra gli europei, i dati risultano abbastanza sorprendenti: se quello di Bush fu un crollo senza precedenti, Obama ha prodotto un rimbalzo nel consenso pubblico mai registrato nella storia dei sondaggi di opinione sui presidenti americani dagli anni ’50 ad oggi.
La popolarità di Obama al di là dell’Atlantico è quasi stratosferica. Con un colpo solo, Obama ha in pratica ribaltato il crollo di immagine prodottosi durante gli otto anni di Bush, riscuotendo più consensi proprio in quei paesi in cui Bush aveva perso più terreno – Germania, Francia, Olanda, e Italia. I livelli più alti di ‘Obamamania’ si registrano in Germania, dove il tasso di popolarità del presidente è un 80% superiore a quello di approvazione di Bush nel 2008. Senza dubbio, Obama è più popolare in Europa di quanto non lo sia negli stessi Stati Uniti. Gli europei hanno più fiducia degli americani nelle sue capacità di affrontare le tante questioni internazionali aperte, dalla lotta al terrorismo, alla Russia, al Medio Oriente. La fiducia che Obama affronti con successo queste sfide, inoltre, è maggiore di quella che gli europei ripongono nei loro leader nazionali.
Non solo rose
I dati contengono tuttavia tre moniti in particolare che vale la pena non trascurare. Il primo è che gli europei dell’Europa centro-orientale sembrano essere meno affascinati da Obama di quelli dei paesi dell’Europa occidentale. Mentre il consenso per Obama è quattro volte quello di Bush in Europa occidentale, in Europa centro-orientale è ‘solo’ il doppio. Gli europei della regione sembrano anche nutrire meno fiducia nella capacità del presidente di affrontare con successo le maggiori questioni internazionali. Il sostegno alla Nato è nel frattempo calato e pare essere ora su livelli di media inferiori a quelli registrati nei paesi dell’Europa occidentale. Per quanto riguarda la missione della Nato in Afghanistan, i cittadini dell’Europa centro-orientale risultano tra i meno disposti a fare di più per venire incontro alle richieste del presidente americano. L’istantanea colta dal sondaggio ritrae dunque una Europa centro-orientale che è oggi meno filoamericana e meno pro-Nato della metà occidentale.
Il secondo problema riguarda la Turchia. La scelta di Obama di visitare il paese durante il suo primo viaggio in Europa non è stata casuale. Il presidente è infatti riuscito a migliorare l’immagine dell’America, riportandola dagli infimi livelli in cui era precipitata a livelli decenti. Ma la Turchia rimane il paese in Europa in cui vi è più scetticismo nei confronti del presidente Usa e, più in generale, nella leadership americana . A quanto pare, i turchi hanno non solo poca fiducia nella guida americana, ma anche in quella dell’Unione europea. Se vi è un paese in Europa in cui gli istinti pubblici sono unilateralisti, questo è proprio la Turchia. Quando vengono interrogati sulla condivisione dei valori occidentali, metà dei turchi dichiara che la Turchia non fa parte, sotto questo rispetto, dell’Occidente. Anche se il sostegno al processo di adesione è aumentato lievemente, il pubblico turco non crede che per la Turchia arriverà mai il giorno dell’ingresso nell’Ue. Questo è un paese, insomma, che ritiene di avere solo una cerchia ristretta di partner internazionali e i cui legami con l’Occidente negli ultimi anni sembrano essersi allentati.
Il terzo ed ultimo monito è che la grande popolarità non ha ridotto il fossato che su tante questioni divide il pubblico americano da quello europeo. Anche se americani ed europei hanno una percezione largamente coincidente delle minacce internazionali, le opinioni rimangono diverse sul da farsi, in particolare riguardo all’uso della forza. Le divergenze si fanno particolarmente evidenti quando si tratta di rafforzare l’impegno nel teatro afgano e su questioni quali il programma nucleare iraniano. Forse era troppo attendersi che differenze di questo tipo fossero scomparse in appena sei mesi, ma i dati del sondaggio sottolineano comunque che anche un presidente popolare come Obama potrà guadagnarsi il sostegno europeo solo con grande fatica.
Un capitale da non dissipare
Per il momento, Obama è il presidente più amato dagli europei dai tempi di JFK. Un presidente che gode di ampia popolarità è un enorme vantaggio sotto molteplici punti di vista. Mentre prima molti leader europei erano reticenti ad essere associati alle iniziative di Bush, ora essi fanno la fila per apparire assieme ad Obama. Il presidente Usa può contare su questo vantaggio anche se non ha in realtà ancora precisato la sua visione dell’Europa, né ha chiarito il posto che la relazione transatlantica occupa ai suoi occhi nella nuova era globale che stiamo vivendo. La popolarità di Obama indubbiamente apre nuovi spazi: è un grande capitale politico. Ma in sé non pare avere cambiato le differenze latenti che dividono gli europei e gli americani in molti ambiti. Per risolvere le tante questioni internazionali aperte Obama dovà fare qualcosa di più, come statista e nel suo impegno diplomatico. Se vi riuscirà, la sua popolarità rimarrà a livelli stratosferici. Altrimenti gli europei torneranno pian piano con i piedi per terra.
Ron Asmus è direttore esecutivo dell’ufficio di Brussels del German Marshall Fund of the United States.
La versione inglese di questo articolo è stata successivamente pubblicata su (10 settembre 2009).
Vedi anche:
S. Silvestri: L’effetto Obama e le oscillazioni del pendolo transatlantico
R. Matarazzo: L’Italia, la crisi e le opportunità dell’effetto Obama