Il miraggio dell’armonia
La quinta sessione plenaria del XVII Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese ha approvato le linee-guida del dodicesimo piano quinquennale (2011-2016), ispirate al concetto di ‘crescita inclusiva’, che postula la necessità di ‘integrare lo sviluppo economico con il miglioramento della vita delle persone’. Il piano quinquennale non ha più la stessa funzione di un tempo, quando l’economia era completamente in mano pubblica, ma la sua importanza non deve essere sottovalutata. Per definire il ‘piano’, già nel precedente quinquennio la parola ‘jihua’ venne sostituita dal termine ‘guihua’, che significa ‘programma di lungo termine, strategia’.
Continuità
L’undicesimo piano introdusse anche la distinzione tra obiettivi quantitativi da raggiungere tassativamente, e altri auspicabili, ma dipendenti dall’andamento dell’economia in generale. Tra questi ultimi rientra il tasso di crescita, che secondo le previsioni del precedente piano doveva essere del 7,5% annuo, mentre il tasso effettivo è stato, a conti fatti, del 10%. Anche per i prossimi cinque anni, ci si attende comunque un aumento medio del Pil del 7% su base annua.
Considerato il successo economico, il dodicesimo piano si pone in linea di continuità con il precedente, di cui vengono vantate alcune pietre miliari nei settori dello spazio, della ricerca energetica, dei trasporti e delle infrastrutture. Al di là della retorica, i nuovi accenti del dodicesimo piano sulla necessità di ‘rendere più sicura e migliore la vita delle persone per promuovere l’equità sociale e la giustizia’, perseguendo ‘relazioni sindacali armoniose’ e una crescita ‘più globale, coordinata e sostenibile’, mostrano come le promesse del piano precedente di creare una ‘società armoniosa’ grazie anche allo ‘sviluppo scientifico’ siano in gran parte rimaste inattuate.
Crescenti disparità
La Cina è oggi un Paese con forti disparità di reddito: il coefficiente di Gini, che misura la disuguaglianza delle società, è pari a 0.47 (allo stesso livello degli Stati Uniti e dell’Argentina), mentre era 0.18 nel 1978 (su una scala da 0 a 1, più è alto il valore, meno uniformemente è distribuito il reddito). Ufficialmente l’1% delle famiglie cinesi possiede il 41,4% della ricchezza nazionale, ma secondo Wang Xiaolu, del China National Economic Research Institute della China Reform Foundation, in realtà il 10% più ricco delle famiglie ha un reddito pro capite addirittura 65 volte più alto del 10% più povero.
Il termine ‘crescita inclusiva’ è mutuato da uno studio dell’Asian Development Bank (Adb) del 2007, in cui viene definito, utilizzando il lessico delle istituzioni internazionali, come ‘crescita con uguali opportunità … [che] si concentra sia sulla creazione di opportunità sia sul rendere le opportunità accessibili a tutti. La crescita è inclusiva quando permette a tutti i membri della società di partecipare e contribuire al processo di crescita su base uguale, indipendentemente dalle loro circostanze individuali’.
Ma nella Cina di oggi, che negli stessi giorni del Plenum annuncia, ad esempio, una crescita del 55% dei profitti delle grandi industrie di stato, ridistribuire la ricchezza dal capitale al lavoro per sostenere i consumi interni, edificare uno stato sociale nella sanità e nell’istruzione, accrescere l’efficienza energetica, riparare i colossali danni all’ambiente, implica ridiscutere l’intero sistema clientelare che ha sostenuto la crescita economica. Come sottolinea un editoriale del China Daily, la sfida può essere vinta (ma l’esito della ristrutturazione è incerto), solo con ‘molto duro lavoro e meno chiacchiere’.
Articolo pubblicato su OrizzonteCina (6/2010), rivista online sulla Cina contemporanea a cura di Torino World Affairs Institute e Istituto Affari Internazionali.
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Vedi anche:
Milestone Events and Achievements
Asian Development Bank Working Papers
Inclusive growth calls for action, not talk
G. Gabusi: Pechino alle prese con la bolla immobiliare