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America latina

La lotta degli indignados del Cile

26 Nov 2011 - Manuel Anselmi - Manuel Anselmi

La protesta degli studenti cileni, cominciata a giugno scorso, prosegue rivendicando un’educazione universitaria gratuita e pubblica. Quasi ogni settimana, per le strade di Santiago del Cile, si svolge una manifestazione, che spesso si conclude con scontri tra le frange più estremiste e la polizia.

L’azione degli studenti condiziona ormai l’agenda politica del governo e Camila Vallejo, una delle portavoci del movimento, nonché presidente della Fech (Federación de Estudiantes de Chile), è diventata uno dei personaggi più rappresentativi di questo Sessantotto cileno e uno dei volti simbolo del più ampio movimento globale degli indignados. Ma dietro la figura di Camila c’è un movimento eterogeneo, che testimonia un importante mutamento della società cilena, decisivo per comprendere il futuro politico del paese.

Rivendicazione politica
Gli studenti, chiedendo un’Università gratuita, mettono in discussione un sistema di alta formazione basato sul profitto, i cui principali beneficiari sono i gruppi finanziari che possiedono gli atenei. Un sistema ereditato dalla dittatura e realizzato secondo delle linee guida neoliberali, che aiuta a capire perché il paese continua a conoscere una scarsissima mobilità sociale, perpetuando un assetto sociale altamente elitario e diseguale.

Attualmente, una carriera universitaria può arrivare infatti a costare anche cinquantamila euro, ragione per cui la maggioranza degli studenti ricorre in parte a finanziamenti personali decennali da parte delle banche e, in parte, al sostegno delle famiglie.Proprio il crescente indebitamento delle famiglie ha contribuito alla trasformazione del movimento studentesco in un fronte di rivendicazione politica e sociale. A scendere in piazza non sono più solo i ragazzi, ma anche i genitori, ai quali si sono aggiunti tanti altri settori della società: i movimenti gay, femministi, i professori, le rappresentanze degli indios mapuche, i sindacati, gli operai.

Gli studenti hanno così inaugurato una stagione di riappropriazione diretta degli spazi democratici tramite il dissenso pubblico, interpretando una profonda domanda di democratizzazione dello stato. A ciò si è aggiunta, sul piano economico-politico, la crescente rivendicazione di una maggiore sovranità sulle risorse nazionali, da poter ridistribuire in modo equo. Basti pensare che, ad oggi, solo il 30 percento delle miniere di rame, la maggior risorsa del paese, è in possesso dello stato.

Strategica è risultata, poi, l’alleanza con il movimento sindacale nazionale. Ancora oggi in Cile, in materia di rappresentanza sindacale vige la legislazione stabilita da Pinochet, altamente restrittiva, secondo la quale è possibile costituire sindacati e avere vertenze solo a livello della singola impresa. Qualsiasi forma di sciopero da parte di un settore lavorativo è illegale. Ciò ha comportato una atomizzazione delle organizzazioni sindacali, disinnescandone ogni capacità di mobilitazione diretta e confinandole ad un ruolo quasi esclusivamente simbolico o ancillare.

Nuova classe dirigente
In questo senso, il movimento degli studenti rappresenta una valvola di sfogo legittima per le esigenze di mobilitazione dei lavoratori. Il movimento studentesco è stato così gradualmente affiancato da una significativa costellazione di alleati sociali, progressisti e riformisti, con cui ambire insieme al consolidamento di un potere costituente. Sul fronte interno il movimento, invece, resta dominato da una dialettica tra una leader proveniente dal Partito Comunista, come la Vallejo, e un’ampia fascia di studenti meno organizzati e portatori delle istanze più radicali e antisistema.

A più di venti anni dalla fine del regime militare, il Cile si trova pertanto a vivere una generale trasformazione politica, capitanata dalla prima generazione di adolescenti che non ha conosciuto la dittatura. Una trasformazione per molti versi paradossale e piena di contraddizioni, dal momento che il sistema dei partiti è quasi completamente identico a quello precedente il golpe, e che tra le principali formazioni della maggioranza di governo (con più del 20% dei voti), c’è il partito di Pinochet, l’Udi, affiancato a una formazione di destra capeggiata dal presidente Piñera.

Gli sviluppi e le prospettive del processo che si è avviato sono ancora abbastanza incerti, ma anche se non riuscirà ad ottenere l’Università gratuita, il movimento potrà probabilmente dare un contributo determinante alla formazione di una nuova classe dirigente cilena.

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