La politica estera vista dagli italiani: timori e speranze
Cosa accadrà in autunno quando il governo Conte – ammesso che sia ancora in sella – dovrà decidere se rispettare l’impegno a riportare sotto controllo le finanze pubbliche o aprire un nuovo contenzioso con Bruxelles? Probabilmente non lo sanno neppure i due vice-premier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, indiscussi protagonisti di perenni diatribe in seno all’esecutivo. Entrambi farebbero bene, però, a tenere conto di quel che pensa, al riguardo, la stragrande maggioranza degli italiani: il 68%, quasi sette su 10, ritiene che il governo dovrebbe cercare un compromesso, evitando rotture traumatiche o prolungati bracci di ferro. È uno dei dati significativi del rapporto curato dallo IAI e dal Laboratorio Analisi Politiche e Sociali (Laps) dell’Università di Siena sulle percezioni e gli orientamenti dell’opinione pubblica in materia di politica estera. Il rapporto esamina i risultati di un’indagine demoscopica realizzata su un campione rappresentativo della popolazione italiana, mettendoli a confronto con quelli delle due precedenti inchieste IAI-Laps risalenti al 2013 e al 2017.
La tentazione di una nuova spallata
La prospettiva che la maggioranza giallo-verde, nel predisporre la nuova manovra di bilancio, possa prodursi in un nuovo tentativo di spallata alle regole comunitarie – come provò a fare l’anno scorso, per poi venire a più miti consigli – suscita scarsissimo entusiasmo nell’opinione pubblica italiana. Lo conferma il consenso quasi plebiscitario (80%), rilevato dall’indagine, per la scelta che allora compì il governo, in nome dell’intesa con Bruxelles, di ridimensionare alcune parti del suo programma per non eccedere, o quasi, il limite del 2% del deficit (in rapporto al Pil).
In realtà, è probabile che quest’anno il limite del 2% sia ampiamente superato (lo stesso governo prevede il 2,4%) e il prossimo anno, con le pesanti clausole di salvaguardia che incombono, sarà ancora più difficile far quadrare i conti. Il dilemma tra compromesso o scontro con le istituzioni Ue è quindi destinato a riproporsi, in forma semmai più acuta.
Per tornare al sondaggio, il quesito è: sapranno le forze che compongono l’attuale maggioranza prendere atto che c’è sempre meno spazio per atteggiamenti gladiatori sulle questioni di bilancio, non solo perché i margini sono obiettivamente ancora più stretti, ma anche perché l’esperienza dei primi mesi del governo, con i mercati in fibrillazione e lo spread fuori controllo, non è restata senza eco in un’opinione pubblica che vorrebbe, comprensibilmente, minore incertezza?
Catarsi elettorale
Movimento Cinque Stelle e Lega sperano però che le prossime elezioni europee cambino gli equilibri politici, consentendo un allentamento dei vincoli europei. Tuttavia, gran parte dei partiti sovranisti che si prevede accresceranno la loro presenza nell’Assemblea di Strasburgo sono fortemente contrari a questa prospettiva. Vorrebbero semmai un ulteriore inasprimento delle regole e dei controlli. Inoltre, il problema principale, in caso di ulteriori sfondamenti del bilancio, non sarebbero, in ultima analisi, le reprimende europee, ma le crescenti difficoltà nel rifinanziare il debito.
Fatta salva la più che legittima richiesta di maggiori margini di flessibilità, il governo dovrebbe perciò mettere da parte, una volta per tutte, la pretesa di sottrarsi unilateralmente a regole che possono certo essere riviste, ma che rimangono, per il momento, pilastri dell’eurozona. Dovrebbe piuttosto cercare di chiarire quali obiettivi concreti intende perseguire in ambito Ue e con quali alleanze.
Il problema è che molti esponenti della maggioranza e dello stesso governo continuano a manifestare riserve di fondo sul progetto europeo e a coltivare una scomposta retorica anti-Ue, che preclude, fra l’altro, possibili convergenze con iniziative delle istituzioni europee in sintonia con gli interessi italiani.
Beninteso, l’Europa dell’austerità continua a non piacere agli italiani. Il sondaggio lo mostra con chiarezza. Solo la metà, fra l’altro, considera la riduzione del debito una priorità e sarebbe disposta a fare nuovi sacrifici per conseguirla. Il 54% è anche convinto che l’Italia sia trattata ingiustamente dall’Ue in materia di bilancio.
Questa sensazione di essere discriminati rispetto agli altri Paesi membri sembra essersi fortemente radicata negli ultimi tempi. Inoltre il 42% degli italiani pensa che l’aumento del debito pubblico italiano sia colpa dell’euro: un dato da non sottovalutare, che indica una persistente tendenza a confondere responsabilità nazionali ed europee, alimentata da una classe dirigente che ha tutto l’interesse a scaricare sull’Ue annose questioni che non riesce a risolvere.
Disincanto più che ripulsa
Ma questo non significa che gli italiani vedano con favore rapporti conflittuali con Bruxelles. Prevale invece, come notato, un atteggiamento pragmatico, alieno da posizioni radicali. Fra l’altro solo l’11% giudica conveniente, anche alla luce dell’esperienza della Brexit, un’uscita dall’Ue (anche se un altro 28% la auspicherebbe, ma la esclude solo perché troppo complicata). Rispetto alla precedente indagine IAI-Laps, che risale al 2017, si registra anche un aumento, pur limitato, della fiducia nelle prospettive dell’integrazione europea. Gli scettici sul progetto europeo rimangono la maggioranza relativa, ma calano dal 45% al 38% (il 34% è invece ottimista e il 28% dubbioso).
Verso l’Ue prevale quindi un diffuso sentimento di disincanto e frustrazione, più che di antagonismo o di ripulsa. E non mancano motivi di apprezzamento per quello che l’Unione fa, o, più spesso, potrebbe fare, in vari ambiti. Gli italiani chiedono soprattutto un’Europa in grado di garantire maggiore protezione e sicurezza, ma anche di farsi valere quando sono i gioco i suoi valori fondanti. Ampie maggioranze vorrebbero che l’Ue imponesse la redistribuzione dei migranti (89%), si dotasse di una sua guardia di frontiera (65%), sanzionasse chi viola i suoi principi (65%), e continuasse a svolgere un ruolo di primo piano nella gestione delle crisi bancarie (59%).
Gli italiani non sono neppure disposti a rinunciare ad alcune fondamentali realizzazioni dell’Ue, anche quando presentano aspetti problematici. Non sorprendentemente, una larga maggioranza (71%) è, ad esempio, per il mantenimento della libera circolazione delle persone regolata dal sistema di Schengen.
Ad indurre gli italiani a una visione pragmatica della politica estera è indubbiamente anche la percezione che il Paese conti poco o nulla sia sulla scena internazionale (79%) sia su quella europea (75%): si tratta di percentuali solo leggermente inferiori a quelle che si registravano due anni fa (82% in entrambi i casi).
La pagella del governo Conte
Inoltre, se il 39% è dell’opinione che il governo Conte abbia difeso gli interessi nazionali in Europa meglio che in passato (contro il 28% che ritiene, invece, che li abbia difesi peggio), il 36% pensa che oggi l’Italia sia più isolata all’interno dell’Ue (il 17% è del parere opposto). C’è quindi la percezione che ci facciamo sentire di più, ma che fatichiamo a trovare sostegni ed alleanze.
Nel complesso, gli italiani sono critici sull’azione del governo Conte in politica estera (anche se lo erano di più verso il precedente governo Gentiloni, soprattutto in materia di immigrazione). In nessuno dei settori esaminati dal sondaggio l’attuale esecutivo raggiunge la sufficienza. Su una scala da 0 a 5, il voto più basso (4,5) è proprio sui rapporti con l’Unione europea.
Più ampio è il consenso per la politica migratoria (5,1); in particolare, il 59% approva la politica di chiusura dei porti. Tuttavia, gli italiani non sono insensibili alle critiche delle organizzazioni internazionali umanitarie alle scelte dell’Italia in materia di immigrazione: quasi tre su quattro pensano che le si dovrebbe quanto meno prendere in considerazione. Da notare peraltro che i timori per l’immigrazione e il controllo dei confini, pur rimanendo elevati, si sono attenuati: oggi sono considerati la priorità numero uno della politica estera dal 43%, contro il 66% di due anni fa.
Salvini dominus della politica estera
In un contesto caratterizzato da forti contrasti tra i ministri su molteplici aspetti della politica estera – impiego delle forze armate, gestione della crisi libica, rapporti con la Francia, adesione alla via della seta cinese, Venezuela – e da una crescente cacofonia, che non contribuisce certo a migliorare la reputazione dell’Italia, una netta maggioranza relativa degli italiani (42%) è convinta che il principale artefice dell’azione internazionale del Paese sia il ministro dell’Interno Salvini, seguito a grande distanza da personalità con più dirette responsabilità per la politica estera: il premier Guseppe Conte (25%), il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (16%) e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi (7%).
Il sondaggio registra significative convergenze tra gli elettorati del Movimento Cinque Stelle e della Lega su una serie di temi – Ue e politica di bilancio, giudizio sulla Brexit, rapporti con la Russia – ma anche differenze più o meno marcate su altri dossier, come l’immigrazione e il commercio. Per esempio il 69% dei pentastellati è a favore di Schengen contro appena il 51% dei leghisti. Si conferma inoltre una forte polarizzazione tra l’elettorato di centrosinistra e quelli dei due partiti al governo, in particolare sui temi europei e sull’immigrazione.
Putin più popolare di Trump e Macron
La grande maggioranza degli italiani respinge l’unilateralismo del presidente americano Donald Trump: la scelta protezionistica e il disimpegno degli Usa da una serie di importanti accordi internazionali vengono visti con preoccupazione. Trump è peraltro molto poco popolare (3,3 su una scala da 0 a 10). Emerge da queste risposte una chiara preferenza per soluzioni multilaterali ai problemi mondiali.
Riflettono l’approccio tendenzialmente pragmatico di cui si è detto anche le risposte sulle tensioni con la Francia: ne si attribuisce la responsabilità soprattutto a Parigi e il presidente francese Emanuel Macron riscuote molto poche simpatie (3,4 su una scala da 0 a 10), ma il sostegno di Di Maio al movimento dei gilet gialli viene nettamente bocciato e il 58% è favorevole a un trattato con la Francia che impegni i due Paesi a cooperare più strettamente.
Il presidente russo Vladimir Putin se la cava meglio, con un 4,4 di simpatie, poco meno di Angela Merkel (4,6). Gli italiani si dividono peraltro a metà sul pericolo delle interferenze russe e sulle sanzioni in vigore contro Mosca.