IAI
Bretton Woods

Politica economica e bancaria del futuro prossimo

13 Gen 2020 - Angelo De Mattia - Angelo De Mattia

Di fronte agli impatti geopolitici di questi giorni – “in primis”, Iran e Libia; riflessi della Brexit; contesa Usa-Cina su dazi e tariffe – il piccolo mondo italiano, visto nel contesto di un’Europa che nella politica estera sembra rimanere un’espressione geografica, appare ancora più piccolo, se si guarda alle posizioni non solo nella politica istituzionale e nelle relazioni internazionali, ma anche, e soprattutto, nella politica economica e di finanza pubblica.

Dovrebbe essere, il 2020, l’anno in cui, affrontati nello scorcio dell’anno passato quasi in una condizione di emergenza i problemi alla base della Legge di Bilancio e adottate misure indifferibili quale quella della sterilizzazione della clausola di salvaguardia dell’Iva, si inizia a programmare una organica politica economica di cui si deve constatare fin qui l’assenza, se si pensa all’organicità e al carattere strutturale e se si guarda al medio e lungo termine.

È in questo versante che bisognerebbe dare impulso alle riforme di struttura. Ma sarà veramente così? Naturalmente un serio governo dell’economia richiede una compartecipazione attiva dell’Unione europea per affrontare adeguatamente i temi della produttività totale dei fattori, della competitività, dell’innovazione, del lavoro. E’ urgente bloccare quell’annoso bradisismo economico – come definito da Antonio Fazio – che vede la nostra economia lentamente scivolare nei confronti delle altre economie europee crescendo assai meno di loro oppure non crescendo affatto, quando negli altri Paesi i progressi sono limitati. I vincoli europei vanno riconsiderati non certo per un loro smobilizzo, ma per una loro riforma. Gli impatti negativi che hanno esercitato il “Two pack”, il “Six pack” e l’accordo che corona i primi due, il “Fiscal compact”, sono stati rilevanti, maggiormente quando, pur essendosi constatata la fine dell’emergenza indotta dalla crisi, si è ugualmente proseguito, a livello comunitario, con una impostazione politica e della regolamentazione non rigorosa, bensì marcatamente rigoristica, sostanzialmente miope.

Il Fiscal compact va riformato quanto meno mettendo sullo stesso piano delle regole primarie quei fattori per i quali non sono previsti vincoli precisi e sanzioni, quali il debito privato, la ricchezza delle famiglie, la sostenibilità previdenziale e il tetto al rapporto tra il risultato delle partite correnti della bilancia dei pagamenti e il Pil. Va introdotta la “golden rule”, la sottrazione, cioè, al pareggio di bilancio degli investimenti pubblici, non solo nel “green”, debitamente documentati.

È in questo quadro che sarà ancor più doveroso varare in Italia un piano per la riduzione del debito congiuntamente con l’impulso alla crescita. La politica monetaria ha dato finora molto; altro potrà fare ancora in una funzione, che tuttavia non le sarebbe propria, pure di supplenza. Poi però essa incontra dei limiti oggettivi. Può molto, ma non tutto e di ciò occorre prendere atto.

Vi è, poi, da affrontare tutta la materia – fatta di politiche, regole, mercati – riguardante il sistema bancario. Anche in questo caso, da un lato, è auspicabile che finalmente si realizzi il secondo pilastro dell’Unione bancaria con l’introduzione dell’assicurazione europea dei depositi, senza, però, la contropartita che soprattutto ambienti tedeschi vorrebbero riguardante l’attribuzione di un coefficiente di rischio agli investimenti delle banche in titoli pubblici oggi “ risk free”; dall’altro, occorre ricondurre a unitarietà in Europa legislazioni, regolamenti, metodologie e criteri distinti per giurisdizioni con sfavorevoli riflessi sulla competitività tra intermediari.

Andrà finalmente valorizzato il principio di sussidiarietà che i Padri fondatori dell’Unione posero fra i fattori a base dell’integrazione. Problemi di coordinamento tra le Vigilanze bancarie nazionali e la Vigilanza unica coesistente con la Bce non sono trascurabili, come non lo è l’esigenza di una approfondita riflessione sul modo in cui ha operato finora tale supervisione. Insomma per l’anno da poco iniziato i temi da affrontare sono numerosi e complessi.

Se, poi, si guarda agli altri problemi aperti concernenti il ruolo del “ pubblico” in economia – dal caso Ilva ad Alitalia, ad Aspi, alle altre situazioni di crisi economica e finanziaria – e si aggiungono i non facili confronti dentro la stessa maggioranza e con l’opposizione – su legge elettorale, referendum proposto dalla Lega sulla stessa e quello confermativo sulla legge per la riduzione del numero dei parlamentari, la questione della prescrizione e quella della sicurezza – c’è da chiedersi se tutto ciò, in presenza di un Esecutivo che non appare coeso e saldo, lascerà lo spazio dovuto per affrontare le accennate problematiche economiche. Tuttavia non può viversi alla giornata o in un continuo stato di emergenza, se non di eccezione.