Russia e Covid-19: tra crisi economica e “aiuti umanitari”
A distanza di un mese dal primo caso accertato di coronavirus in Russia, il presidente Vladimir Putin si è rivolto alla nazione dichiarando una settimana di festa nazionale retribuita e invitando i cittadini a rimanere a casa. Putin ha poi introdotto misure restrittive per contrastare la diffusione del contagio, incaricando il governo di garantirne la sostenibilità socio-economica. Il personale medico impegnato nell’emergenza avrebbe inoltre ricevuto un bonus mensile e sarebbero stati costruiti ospedali da campo sul modello cinese. Intanto, il referendum sugli emendamenti costituzionali per prolungare la presidenza di Putin, previsto per il 22 aprile, è stato rinviato e la ragione pare essere la perfetta corrispondenza tra coronavirus, misure di quarantena e calo del tenore di vita, uniti ai risultati degli ultimi sondaggi condotti dal Levada Center, che suggeriscono che il 44% dei cittadini russi si pronuncerebbe in senso sfavorevole al presidente Putin, e solo il 45% lo vorrebbe ancora al potere.
Tuttavia, i numeri ufficiali rimangono stranamente bassi rispetto agli Stati europei, facendo sospettare una realtà ben più drammatica che verrebbe in parte confermata da quanto ammesso dal sindaco di Mosca Sergei Sobyanin, che parla di un volume di test molto basso tale da non consentire stime affidabili.
Dubbi su test e decessi
Per avere un quadro reale dei contagi, la Russia dovrebbe innanzitutto fare più test, mentre sono appena poco più di un milione quelli effettuati (al 9 aprile) su 146 milioni di abitanti. Fino a poco tempo fa, inoltre, le autorità locali di Mosca erano poi costrette ad inviare tutti i tamponi al laboratorio della città siberiana di Novosibirsk, a più di quattro ore di volo dalla capitale, per farli analizzare. Inoltre, secondo un rapporto della PCR.News il sistema di test di quel laboratorio avrebbe registrato una sensibilità inferiore alla rilevazione del virus, sollevando dubbi in merito alla possibilità di falsi negativi. In risposta, il sindaco di Mosca ha annunciato che saranno presto messi a punto nuovi laboratori per una mappatura più efficiente del contagio. Ma non finisce qui. Oltre alla perplessità sul numero di casi confermati, ci sono dubbi in merito alle statistiche sui decessi, poiché nel caso in cui muoia una persona colpita da coronavirus ma affetta da altre patologie, questa non rientrerebbe nel computo delle vittime di Covid-19.
Di fronte all’epidemia, ci si chiede come il fragile sistema sanitario nazionale risponderà alla crisi. Al pari di molti Paesi europei, la Russia è a corto di mascherine e un’infermiera dell’ospedale per la tubercolosi della città di Kurgan ha confessato al Moscow Times che “laviamo le nostre mascherine, le asciughiamo e le usiamo di nuovo”.
Disastro socio-economico all’orizzonte
Nel corso degli anni i tentativi di migliorare il sistema sanitario mediante la costruzione di infrastrutture adeguate si sono piuttosto tradotti nel pagamento di tangenti su appalti e contratti pubblici. Sebbene la Russia abbia riorganizzato il proprio sistema sanitario, ci si è concentrati perlopiù sul declino demografico e sulle assicurazioni, mentre “nessuno ha riformato sistematicamente le infrastrutture mediche dalla fine degli anni ’50”, secondo quanto ha detto il ministro della Salute Veronika Skvortsova lo scorso marzo. E dunque il pericolo che il sistema sanitario collassi nel breve termine è reale.
Per il Cremlino la posta in gioco potrebbe essere ancora più alta, dato che il prezzo del petrolio è in picchiata e il rublo ha perso un terzo del suo valore. Se il prezzo del petrolio dovesse rimanere al di sotto dei 40 dollari, quest’anno la Russia incorrerà inevitabilmente in un deficit di bilancio. Di conseguenza, le condizioni di vita peggioreranno e il sistema sanitario, già sottofinanziato, ne risentirà. Milioni di russi già sono stati colpiti dalla crescente povertà e dalla disoccupazione, nell’incertezza più totale di come sarà la loro vita dopo il coronavirus.
Cosa c’è dietro gli aiuti di Mosca
Tuttavia, pure in questi tempi difficili, il Cremlino non dimentica di flettere i propri muscoli e ha deciso di inviare “aiuti umanitari” all’Occidente. Nel caso dell’Italia, insieme ad alcuni anestesisti, respiratori e ventilatori, la Russia inviò anche un contingente di militari chimici che di solito si dispiega per disinfettare la contaminazione chimica nelle zone di guerra. Inoltre, il team russo schierato in Lombardia includeva due “giornalisti” del canale televisivo Zvezda appartenenti al ministero della Difesa russo, che precedentemente erano stati attivamente coinvolti nella campagna militare in Siria e in passato uno era stato espulso dall’Estonia a causa delle sue attività di propaganda.
Perché un Paese in cui, nelle parole dell’ex ministro delle Finanze e attuale presidente della Corte dei Conti Alexei Kudrin, “la povertà è diventata una vergogna”, dovrebbe inviare “aiuti” alle democrazie occidentali? Le motivazioni possono chiaramente essere legati alle operazioni di raccolta dati e intelligence.
Il Cremlino e i suoi mezzi di comunicazione di massa manipolati, mentre sminuiscono la gravità dell’epidemia in Russia, cavalcano l’onda dei “fallimenti” dei governi europei nell’affrontare il Covid-19 e sottolineano l’assistenza” prestata all’Italia. Al centro della propaganda vi è la morte del liberalismo occidentale e dell’Unione europea, rispetto a cui il modello russo viene presentato come un’alternativa efficace.
Più che di ogni altra cosa, però, la Russia avrebbe bisogno di soldi, in un contesto in cui il petrolio è al suo minimo storico e ogni centesimo è importante prima che l’economia crolli sotto gli occhi dei cittadini russi. Non sembra però essere questa la priorità della classe politica, che è impegnata piuttosto a inviare gli aiuti medico-militari in Italia e gridare a gran voce: “Questa è la vostra solidarietà europea, voi tutti avete lasciato gli italiani mentre noi siamo qui per aiutare”.
Traduzione dall’originale in inglese a cura di Flavia Fusco.