Afghanistan: l’offensiva dei talebani su Kandahar
I talebani si stanno preparando per la spallata finale che consentirà loro di conquistare Kandahar: luogo simbolo dell’Afghanistan, già capitale del Paese durante il dominio pashtun e principale città dell’epoca talebana, dalla cui provincia sono originari i più importanti leader del movimento e dello stesso ex presidente Hamid Karzai. Ma la provincia di Kandahar, così come la vicina provincia dell’Helmand è importante per un altro motivo: l’oppio. La coltivazione (e la lavorazione) degli oppiacei in Afghanistan copre il 92% della domanda a livello globale e rappresenta la metà degli introiti dei talebani e della criminalità organizzata internazionale a loro associata.
La conquista di Kandahar vale dunque ben più del mero controllo territoriale, e vuole rappresentare, anche da un punto di vista mediatico e comunicativo, l’ingresso trionfale dei talebani nell’Afghanistan che sarà: l’Emirato islamico, un narco-Stato teocratico e luogo sicuro per la criminalità transnazionale e i gruppi jihadisti a livello regionale. Con buona pace degli Stati Uniti e con grande preoccupazione per gli attori regionali: dall’Iran alla Cina, dal Pakistan alle repubbliche centro-asiatiche ex-sovietiche, alla stessa Russia.
Effetto domino
Come evidenzia il Long War Journal, a partire da maggio – momento in cui gli Stati Uniti hanno di fatto sancito l’impegno operativo in Afghanistan – i talebani hanno dapprima preso il controllo di diversi distretti chiave nelle aree periferiche della provincia di Kandahar per poi lanciare la loro offensiva contro i capoluoghi provinciali. Quattro distretti chiave, che delimitano la città da nord, ovest e sud, sono passati recentemente sotto il controllo talebano e da questi gli insorti hanno avviato l’offensiva su Kandahar: Arghandad, Dand, Shah Wali Kot e Zhari.
La città di Kandahar (e lo stesso omonimo distretto), così come il distretto di Daman, sono contesi tra le sempre più provate e deboli forze di sicurezza afghane – affiancate dalle milizie agli ordini dei warlord che recentemente hanno ripreso le armi in mano – e i talebani, mentre lo strategico aeroporto di Kandahar, essenziale per il supporto aereo alle forze di sicurezza afghane, è ancora sotto il controllo del governo ma è un obiettivo su cui i talebani a breve si concentreranno per ridurre la capacità di combattimento dell’esercito di Kabul. Se i talebani riusciranno a prendere il controllo di Daman, le forze afghane avranno difficoltà a respingere l’offensiva insurrezionale lasciando così la porta aperta alla conquista del capoluogo provinciale e al controllo delle vie di comunicazione, il che significherebbe sancire la conquista del sud e dell’est del paese da parte talebana.
Metà del Paese in mano ai talebani
Kandahar è dunque ora sotto assedio. I talebani hanno usato la loro strategia dell’insurrezione rurale per prendere il controllo di distretti remoti avvicinandosi ai capoluoghi di provincia, da Herat a Mazar-e Sharif, a Kunduz, a Ghazni, alla stessa capitale Kabul.
Le aree rurali poste sotto controllo vengono utilizzate per reclutare e addestrare combattenti, raccogliere fondi, rifornirsi, avviare una politica di propaganda e influenza nei vicini distretti per poi attaccarli in forze e conquistarli, e utilizzarli poi come nuova base di partenza per la successiva espansione. Un approccio tattico ben consolidato nella prassi operativa dei talebani che, a partire dal 2014 hanno visto diminuire la pressione militare nei loro confronti a seguito della “transizione irreversibile” voluta dall’allora presidente statunitense Barack Obama e al conseguente disimpegno delle forze di combattimento straniere. Una strategia insurrezionale che, di fatto, oggi consegna ai talebani metà del Paese mentre l’altra metà rischia di non essere difendibile da parte di un governo sempre meno capace e coeso. I talebani minacciano ora 16 dei 34 capoluoghi provinciali dell’Afghanistan, mentre 18 delle province nella loro interezza potrebbero presto cadere nelle loro mani.
Di fatto, i talebani hanno triplicato il numero il numero di distretti conquistati, passati da 73 a 221 in tre mesi; da una parte si consolida la loro presenza nel sud e nell’est del Paese, dall’altro si fanno sempre più aggressive le incursioni nel nord e nell’ovest con l’obiettivo, non tanto di occupare aree territoriali bensì di disturbo nei confronti delle milizie locali che si stanno riorganizzando, con l’esplicito sostegno del presidente afghano Ashraf Ghani e dei gruppi di potere anti-talebani: in prevalenza uzbeki, tagiki, hazari e turkmeni. Una scelta che ha di fatto aperto alla nuova fase della guerra civile afghana.
Foto di copertina EPA/M. SADIQ