IAI
Governance globale

Verso il vertice della Maddalena: scenari per il G8

30 Giu 2008 - Federico Niglia, Nicoletta Pirozzi - Federico Niglia, Nicoletta Pirozzi

Nel 2009 la presidenza a rotazione del Gruppo degli Otto, o G8, spetterà all’Italia. Sarà un impegno cruciale per la nostra diplomazia che avrà il compito di coordinare e promuovere una complessa e articolata agenda di iniziative internazionali. In gioco sono il ruolo e l’immagine internazionale dell’Italia.

Le sfide del vertice del G8 di Hokkaido
Nato come club ristretto e informale per la discussione di problematiche prevalentemente economiche tra i leader dei principali paesi industrializzati, il G8 ha progressivamente assunto compiti crescenti e oggi rappresenta il forum principale nel quale vengono impostate le strategie comuni per fare fronte alle sfide globali. Il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo del G8, che si svolgerà a Hokkaido, in Giappone, dal 7 al 9 luglio vedrà gli otto leader a confronto sui temi caldi del momento: i cambiamenti climatici e i problemi ambientali, le crisi che hanno interessato alcune economie a partire da quella degli Stati Uniti, il dilemma del sottosviluppo e del rilancio dell’Africa, la lotta alla pandemie. A questi temi, oramai da tempo all’attenzione dei grandi della terra, si è aggiunta la questione del vertiginoso aumento dei prezzi delle risorse alimentari ed energetiche, che rappresenta un fattore fortemente destabilizzante.

L’insieme di questi problemi si proietterà anche sul G8 del 2009, che si terrà nell’isola della Maddalena sotto presidenza italiana. Un recente studio dello IAI per il Senato fornisce, in vista del vertice italiano, un inquadramento dei principali problemi dell’agenda del G8 nonché un esame delle sue prospettive di più lungo termine.

Nel discorso pronunciato al recente vertice FAO di Roma, il primo ministro giapponese Fukuda ha ribadito che il vertice di Hokkaido cercherà di sviluppare, in linea con le indicazioni fornite dal Segretario generale dell’Onu, un confronto ad ampio spettro su mercati finanziari, commercio, sviluppo, cambiamenti climatici ed energia, soffermandosi sulle modalità attraverso cui questi fattori influenzano la crescita del prezzi alimentari. Vi è una chiara volontà di dare un segnale alla comunità internazionale ed è probabile che anche il vertice italiano punterà su questo obiettivo.

Il problema è comprendere se il G8 si limiterà a svolgere solo una funzione di indirizzo o se adotterà delle decisioni pratiche che comportino un concreto impegno politico e finanziario. Vi è innanzitutto il problema dell’accrescimento dello sforzo finanziario per la lotta alle pandemie e in particolare all’Aids. Sul fronte politico da più parti si auspica la definizione, in ambito G8, di un nuovo accordo quadro sul clima che sostituisca il protocollo di Kyoto.

Molto dipenderà però dallo spirito cooperativo dei membri del G8, tra i quali sussistono una serie di tensioni. Vi è una notevole incertezza innanzitutto sui rapporti tra Russia e Stati Uniti, che è accentuata dalla campagna elettorale americana in corso. Non sono da sottovalutare nemmeno le divergenze tra i partner europei: ad esempio, nel recente vertice di Kobe dei ministri dell’Ambiente si è registrato un contrasto tra Italia e Germania sulle linee guida del post-Kyoto.

Proposte di riforma
Queste divergenze possono riverberarsi anche sul processo di riforma del G8, sul quale si è cominciato a riflettere da tempo. L’esigenza di una trasformazione del G8 è largamente sentita sia nel mondo industrializzato che tra i Paesi emergenti. In particolare, sono state avanzate una serie di proposte per adeguare la sua configurazione ai nuovi rapporti di forza a livello internazionale e alle nuove sfide globali, in modo da rafforzarne la legittimità e l’efficacia. Non mancano poi critiche di fondo al G8 da parte di gruppi e movimenti della società civile, che ne contestano la pretesa di dettare risposte precostituite per problematiche che riguardano tutta la comunità internazionale.

La gamma di soluzioni elaborate variano dall’abolizione del G8 pura e semplice, al suo allargamento a venti Paesi (gli attuali membri del G20, il forum che riunisce i Ministri delle finanze di Paesi del Nord e Sud del mondo, industrializzati, emergenti e in via di sviluppo) e/o l’inclusione di importanti organizzazioni internazionali (Nazioni Unite) o regionali (Unione Africana).

La strada più percorribile sembra al momento la creazione di un partenariato permanente tra i membri del G8 – Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Russia e Stati Uniti – e i maggiori Paesi emergenti delle aree che non vi sono rappresentate e che costituiscono il gruppo 05 (Outreach 5) – Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa. Forme di dialogo e di collaborazione tra questi due gruppi di Paesi sono già state avviate a partire dal vertice di Evian del 2004 e soprattutto nel corso del summit di Gleneagles nel 2005.

L’anno scorso a Heiligendamm i membri del G8 hanno deciso di associare in maniera permanente i membri dell’O5 attraverso la creazione di un forum di dialogo continuo (il c.d. Processo di Heilingendamm) che verterà su quattro aree principali: promozione dell’innovazione; sviluppo della libertà degli investimenti e della corporate social responsibility; responsabilità comuni rispetto allo sviluppo dell’Africa; scambio di conoscenze delle tecnologie per combattere il riscaldamento globale.

Tuttavia, restano numerosi dubbi sulla natura e sugli obiettivi del Processo di Heiligendamm. Il dialogo con i paesi dell’O5 resta per ora limitato a poche aree, che toccano soltanto in maniera indiretta questioni come il cambiamento climatico o la stabilità dei mercati finanziari. Inoltre, non è chiaro se esso vada interpretato come il primo stadio di un processo graduale di ampliamento del G8 agli O5 – attraverso la creazione di un G13 – oppure se la partnership con questi Paesi rimarrà circoscritta a pochi settori e a forme di partecipazione ad hoc.

Segnali incoraggianti verso l’opzione G13 sono venuti da Nicolas Sarkozy e Gordon Brown nel corso dell’incontro bilaterale franco-inglese , tenutosi a Londra nel marzo 2008. Giappone e Stati Uniti restano invece contrari ad un ampliamento del G8 che includa anche la Cina, sottolineando la necessità di preservare il vertice come gruppo di democrazie che rispettano i principi del libero mercato, del libero commercio e dello stato di diritto. Occorre poi prendere in considerazione le riserve della Cina stessa, che fanno da contrappunto al suo interesse a diventare membro del club dei paesi economicamente più avanzati e a partecipare al confronto sui grandi temi dell’agenda internazionale. Pechino teme di vedersi assegnato il ruolo di partner minore, in particolare rispetto alla Russia, ma soprattutto di dover farsi carico di politiche macroeconomiche di stabilizzazione che potrebbero rallentare la crescita del Paese. L’Italia ha sostenuto in varie occasioni la necessità di includere le potenze emergenti nelle attività del G8 al fine di aumentarne l’efficacia e l’obiettivo dell’allargamento rientrava tra le priorità che il passato governo di centro-sinistra aveva cominciato a delineare per la presidenza del G8 del 2009. Un contributo importante a questo dibattito sarà fornito dal rapporto finale sui risultati raggiunti dal Processo di Heiligendamm nel corso del biennio 2007-2009, che sarà presentato al summit della Maddalena del prossimo anno.

Alla presidenza italiana spetterà dunque un ruolo importante: Roma dovrà necessariamente concentrarsi sull’agenda concreta del G8, ma è opportuno che lo faccia guardando al contempo alle prospettive di riforma e alle potenzialità di più lungo termine del G8, senza perdere di vista che il sistema di rapporti internazionali è in profonda trasformazione e richiede pertanto un ripensamento complessivo degli strumenti e delle istituzioni per la governance globale.