L’attivismo giudiziario della corte costituzionale egiziana
Il 25 maggio la Suprema corte costituzionale egiziana (Scc) ha respinto una proposta di legge elettorale che il Consiglio della Shura, la camera alta del parlamento, le aveva sottomesso un mese e mezzo prima. La Corte ha pensato che la proposta di legge non era in conformità con la costituzione del 2012, frenando per la terza volta il processo elettorale.
Organi e carte anticostituzionali
Inoltre il 2 giugno, la Scc ha emesso altre sentenze importanti: ha giudicato anticostituzionale la legge elettorale sulla base della quale era stata eletta la Shura e l’assemblea costituente che è stata stabilita nel giugno 2012. Considerando che la Costituzione è stata approvata a fine 2012 con un referendum popolare, la Corte ha deciso che la costituzione resta in vigore.
Queste due decisioni hanno provocato prevedibili reazioni di rabbia, una valanga di polemiche e accuse di “attivismo giudiziario” dirette contro la Scc. Le sentenze in questione hanno aumentato inoltre le urgenti richieste di riforma o di epurazione della magistratura e della Corte.
Negli ultimi due anni e mezzo, i tribunali hanno influenzato il processo di transizione in maniera straordinaria. La Scc è stata costretta controllare che la legge elettorale andasse in una direzione conforme alla costituzione, sfida che ha dovuto sostenere da sola e in un clima politico di grande tensione in cui è continuamente accusata di essere politicamente motivata.
In queste circostanze è molto difficile dare un giudizio sulle motivazioni della Corte, dato che i giudici stessi sono i soli che possono parlare con autorità sui loro eventuali secondi fini. Ciononostante, ogni volta che una costituzione è vaga, ambigua e difficile da modificare, come nel caso dell’Egitto, le corti costituzionali diventano subito attori politici di primo piano.
La domanda non è quindi se la Corte sia o debba essere impegnata nella politica, ma se le sue decisioni siano motivate da considerazioni politiche. Da quanto sappiamo, le decisioni della Scc sono state finora fondate su argomentazioni legali giustificate e verificabili.
Tre bocciature per la legge elettorale
Queste ultime decisioni sono state prese sulla scia degli sforzi fatti dall’Assemblea costituente per impedire il ripetersi della debacle del giugno scorso, quando la Scc ha ordinato la dissoluzione della camera bassa del Parlamento con la motivazione che la legge elettorale con cui era stata eletta non era in conformità con la costituzione vigente.
Fino al 2012, la Scc ha sempre esaminato la costituzionalità di una legge solo dopo la sua entrata in vigore o a seguito di una procedura di appello. La nuova costituzione ha previsto però un’eccezione specifica per le leggi elettorali. L’articolo 177 prevede infatti che la Scc debba verificarne la conformità con la costituzione prima dell’entrata in vigore.
Il problema è che l’articolo 177 ha messo in moto una serie di dinamiche che non sembrano essere state anticipate dai principali attori politici. La prima mossa è avvenuta il 18 febbraio, quando la Scc ha respinto la prima bozza della legge elettorale. La Shura ha rapidamente redatto una seconda bozza di legge che ha trasmesso al presidente per la firma, con l’avviso che la Scc, essendosi già espressa, non avrebbe avuto bisogno di esaminarla.
Il 7 marzo, il tribunale amministrativo ha giudicato che la costituzione del 2012 richiede che ogni nuova bozza di legge elettorale debba essere presentata alla Scc per avere il nullaosta. Riconoscendo che la seconda bozza non avrebbe quasi certamente superato la barriera di costituzionalità, alla luce del giudizio precedente della Scc, la Shura ha redatto una terza bozza di legge dopo la sentenza della corte amministrativa. Il 25 maggio però, la Scc ha respinto anche questa.
Tra i motivi dell’ultima bocciatura vi è la questione che rimanda al personale delle forze di sicurezza al quale l’ultima bozza nega il diritto al voto. Secondo la corte, questa disposizione viola le clausole costituzionali che garantiscono diritti politici uguali per tutti. Inoltre, la bozza non menziona il chiaro divieto di fare campagna elettorale su basi religiose. Il consiglio della Shura è stato di conseguenza costretto a preparare una quarta bozza di legge, facendo slittare le elezioni al 2014.
Il 2 giugno la Scc è andata oltre, sentenziando che la stessa Shura era stata eletta sulla base di una legge elettorale anticostituzionale. Il fatto non è sorprendente, dato che la Scc aveva usato le stesse argomentazioni per sciogliere la camera bassa. Il fattore di complicazione questa volta è stato l’articolo 230 della costituzione del 2012 che prevede che la Shura debba avere “piena autorità legislativa” fino alle prossime elezioni parlamentari. Di conseguenza, la dissoluzione di questa camera è stato rimandato. Se ne parlerà dopo l’elezione della camera bassa.
Un campo di battaglia permanente
Nei prossimi anni, i tribunali continueranno a essere un campo di battaglia fondamentale fra i vari gruppi del paese. La Scc lascerà quindi un’impronta storica e profonda sul processo elettorale.
L’accumulo delle decisioni giuridiche continuerà poi ad alimentare le tensioni nel paese, non come conseguenza dei ragionamenti dei tribunali né della sostanza delle loro decisioni, ma per il modo in cui i questi sono percepiti in Egitto. In un crescendo di frustrazione, potrebbe diventare irrefrenabile la spinta di quanti vogliono ridimensionare il loro potere.
Ripensando la transizione e mettendo tutti questi eventi nel giusto contesto, si potrebbe però ricavare un ragionamento più razionale. In mancanza di un reale dibattito politico sulla legge elettorale, il procedimento giudiziario è l’unico in grado di garantire un equo risultato finale. Visto che le parti in causa hanno dimostrato di non essere in grado di negoziare fra di loro, il ruolo della corte dovrebbe essere percepito come un compromesso accettabile.
Un approccio più moderato darebbe inoltre maggiore credibilità e legittimità a qualsiasi sforzo futuro di riformare il potere giudiziario. Non vi è dubbio che i tribunali debbano essere ristrutturati e che i problemi di corruzione debbano essere affrontati, ma se questo viene fatto erroneamente, i danni potrebbero addirittura aumentare.
La congiuntura attuale è di quindi doppiamente delicata: non solo determinerà lo svolgimento delle prossime elezioni, ma servirà anche come banco di prova dell’interazione tra potere giudiziario e altri poteri. Il tutto nel quadro della nuova impalcatura costituzionale. Se il rapporto fra magistratura e Stato non supererà l’esame, le parti potrebbero essere costrette a tornare a fare i compiti alla lavagna prima del previsto.
Zaid Al-Ali è senior advisor per le questioni costituzionali presso Internation IDEA e relatore della conferenza , organizzata dall’Isituto Affari Internazionali. Potete seguirlo su Twitter: @zalali.