La terza via dei curdi
A poco più di dieci giorni dalla presa di Mosul da parte dei militanti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), l’avanzata verso Baghdad delle truppe jihadiste prospetta scenari imprevedibili per l’Iraq.
Undici anni dopo l’intervento statunitense e la fine del regime baathista, nuovi giochi di forza sembrano ridisegnare la geografia irachena e l’insieme degli equilibri regionali.
Mentre le forze dell’Isil spazzavano via con relativa facilità le truppe del presidente iracheno Nouri Al-Maliki a Mosul, Tikrit e nella provincia di Diyala, una forza minore ma veloce ed efficiente non retrocede sulle proprie postazioni e guadagna lentamente terreno sul campo.
I curdi-iracheni, a cui dal 2005 è riconosciuta costituzionalmente un’entità federale e autonoma ai confini tra Iran, Turchia e Siria (Governo regionale del Kurdistan, Krg), si apprestano a giocare il ruolo di ago della bilancia dei nuovi equilibri del paese e delle delicate geometrie mediorientali.
Termopili curde
Oppressi dal regime baathista e in costante tensione con il governo centrale di Baghdad, i curdi-iracheni hanno un lungo passato di guerriglia e di addestramento sulle cime delle montagne di Qandil, ai confini con i territori turchi.
I peshmerga, i combattenti curdi, sin dalla caduta dell’impero ottomano e quello qajaro si sono battuti per la definizione di uno stato curdo indipendente, promessa-recepita dal Trattato di Sèvres del 1920, che però non entrò mai in vigore (mancando la ratifica dell’Impero Ottomano) e venne sostanzialmente superato dal successivo Trattato di Losanna (1923) con la nuova Turchia.
Numericamente inferiori all’esercito di Baghdad, ma veloci e ben addestrati, i peshmerga curdi rappresentano un efficace contro-potere nella battaglia contro l’Isil, una forza sempre più indispensabile per lo stesso governo centrale iracheno.
Uniti nel comune obiettivo di difendere i territori del Krg, i peshmerga hanno mostrato capacità di resistenza e offesa sorprendenti, guadagnando il controllo della città-simbolo di Kirkuk, “Gerusalemme curda” e capitale del petrolio a lungo reclamata al governo centrale di Baghdad.
Equilibri invertiti e “Pre” e “Post-Mosul”
La situazione in campo di un Iraq spaccato tra sciiti e sunniti, curdi, turkmeni e iracheni, non appare che la fotografia di contrasti latenti, un mosaico spaccato e impossibile da ricomporre.
Il presidente della regione autonoma irachena, Massoud Barzani, ha parlato di un “pre” e “post-Mosul”, una cesura incolmabile. Se così fosse, i curdi-iracheni sarebbero i primi a beneficiare dei nuovi equilibri di fatto, espressione di uno sviluppo in atto da anni.
Da regione povera e arretrata, il Kurdistan iracheno ha vissuto nell’ultimo decennio una nuova primavera di crescita, favorita dai legami con Ankara – primo partner commerciale – e dalle promesse delle nuove esportazioni di petrolio curdo, attraverso la Turchia, verso i mercati internazionali.
Erbil, capitale del Krg, è divenuta rifugio sicuro per i civili iracheni in fuga dagli scontri con i militanti jihadisti e si afferma come unico porto franco nei turbolenti confini siriano-iracheni.
Sebbene i futuri scenari siano ancora imprevedibili, è probabile che Barzani ne esca rafforzato, con un nuovo potere di contrattazione sulle richieste da tempo sollevate nei confronti di Baghdad: la possibilità di beneficiare direttamente dei contratti di estrazione del petrolio conclusi con le imprese straniere e la disponibilità di un maggior margine di manovra sul budget federale.
Fratelli divisi e Barriere regionali
Il pericolo-Isil sembrava aver risvegliato, per un momento, un senso di identità e di unione tra le popolazioni curde sorelle al confine tra Siria e Iraq. Anche in Siria, infatti, dal novembre 2013, le forze siriane guidate dal Partito dell’Unione democratica (Pyd) avevano dichiarato la formazione di un governo autonomo animato da aspirazioni federaliste – come in Iraq – nella regione settentrionale di Rojava.
Sebbene una cooperazione a cavallo tra i due confini potrebbe rafforzare ulteriormente la resistenza contro le forze jihadiste, tra i curdi-iracheni di Barzani e quelli siriani non scorre buon sangue. I curdi-iracheni si rifiutano infatti di riconoscere le nuove amministrazioni del Pyd, continuando a preferire un braccio di ferro per il controllo regionale al posto di un’alleanza comune.
Mentre l’Isil non sembra retrocedere nelle sue posizioni, è ancora incerto cosa il “post-Mosul” prospettato da Barzani possa implicare. Nel mosaico siriano-iracheno, fratelli ancora divisi, i curdi rappresenteranno sicuramente un importante tassello nei nuovi equilibri regionali.
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