Marò: dietro il caso, ambizioni marittime indiane
‘Girone è ostaggio dell’India’ è stato detto davanti al Tribunale del diritto del mare (Itlos). In effetti è anche l’India stessa a essere ostaggio delle sue ambizioni marittime.
La decisione dell’Itlos consente ora di tirare le prime somme del caso Lexie: non un semplice incidente, ma il frutto di una visione distorta e strumentale del regime dei mari.
Nazionalismo marittimo
Alla base di quanto è (presumibilmente) accaduto quel 15 febbraio 2012 a 20,5 miglia dalla costa, c’è la pretesa indiana di sottoporre a sorveglianza di natura territoriale due zone sui generis di alto mare come la zona contigua (zc) e la zona economica esclusiva (zee).
Benché la Convenzione del diritto del mare (Cnudm) consenta allo Stato costiero di esercitare in tali zone limitati diritti funzionali per specifiche materie come immigrazione e protezione della pesca, l’India da decenni afferma una posizione dissonante.
Delhi non cerca proiezioni di potenza in mari lontani, ma tende a contrastare l’espansionismo commerciale cinese nell’Oceano indiano.
Nello stesso tempo esercita giurisdizione ultra vires al di là delle acque territoriali per blindare le coste da rischi terroristici e proteggere le attività dei propri pescatori spesso oggetto di attacchi da parte di Paesi vicini.
Una legge del 1976 prevede che nella zc siano esercitabili poteri per la “security of India“; ben prima del caso Lexie, nella zee indiana istituita con la stessa legge, era stata inoltre affermata la pretesa di avere preventiva notifica di esecitazioni navali e del transito di navi mercantili con armi, anche di autodifesa, a bordo.
Repliche ad Amburgo
Tali posizioni sono state replicate dall’India durante le udienze ad Amburgo trovando una sponda nel vice-presidente dell’Itlos, l’algerino Bouguetaia.
Questi, nella sua dissenting opinion alla decisione, ha riaffermato le tradizionali tesi indiane sul controllo di zc e zee rimarcando la posizione sul divieto di svolgere attività militari nella zee.
Il giudice ha inoltre insinuato che l’Italia non può reclamare lo status di immunità per il personale dei nuclei militari di protezione (nmp) presenti sulla Lexie in quanto la materia non è disciplinata dal diritto del mare.
La Zee dell’India (Fonte Indian Nio).
Libertà dei mari
Ad Amburgo è apparso evidente che il caso ruota sulla libertà di navigazione in alto mare di cui la pirateria rappresenta una minaccia.
Correttamente l’Italia ne ha affermato con forza la violazione, rivelando anche che la Lexie non solo fu ingannata con la richiesta di entrare a Cochin per riconoscere i pirati, ma in un certo modo fu costretta ad attraccare a Cochin.
La Guardia costiera indiana avrebbe difatti fatto ricorso a forme di coercizione circondando la nave con forze aeronavali a 36 miglia dalla costa, all’interno della zee. Il dirottamento della Lexie sarebbe altrimenti potuto avvenire solo con il consenso formale dell’Italia.
Soluzione di compromesso
La partita si sposta ora al costituendo Tribunale arbitrale dopo una decisione di compromesso che, pur riconoscendo la riconducibilità della controversia al diritto del mare, lascia impregiudicato lo status dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre come definito dalla magistratura indiana (varie sono le questioni aperte, anche sul fronte delle indagini italiane).
Il risultato è a noi favorevole sul piano del riconoscimento del concorso di giurisdizione, ma non, per ora, relativamente alla pretesa di immunità funzionale dei fucilieri.
La verità è che sullo sfondo della disputa resta la prassi dei nmp non ben consolidata durante i lunghi anni dell’emergenza pirateria.
L’India ha tra l’altro ricordato che, interpellata dall’Italia pochi giorni prima dell’incidente, si disse contraria a riconoscere con accordo la loro immunità in ipotesi di ingresso in acque territoriali indiane per trasbordo. Risulta che nello stesso periodo la vicina isola di Sry Lanka (da cui proveniva la Lexie) aveva invece acconsentito a ciò.
Area a rischio pirateria (Fonte Imo).
Prossime mosse
Le prossime udienze dinanzi al Tribunale arbitrale saranno incentrate, nell’ambito della ricostruzione dei fatti, sulla loro qualificazione come “incidente di navigazione” ai sensi della Cnudm e più in generale sul divieto di attività militari nelle zee (uno statement contrario dell’Italia è depositato alle Nazioni unite dal 1984).
L’India non rinuncerà all’occasione che le si offre per affermare la propria visione restrittiva del principio di libertà di navigazione sapendo di avere dalla sua vari Paesi.
Il caso Lexie dovrebbe essere, in definitiva, un evento fortuito maturato nell’ambito dell’applicazione delle misure antipirateria suggerite dall’Organizzazione marittima internazionale (Imo) nella zona a rischio che si estende sino alle coste indiane.
Troppe sono però le incongruenze di quello che teoricamente può anche sembrare un casus belli da manuale che ha consentito sinora all’India di presentarsi come vittima di un’azione contro i suoi diritti e i suoi interessi marittimi.
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