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Politica europea di vicinato

Italia, la vicina dei vicini dice la sua

16 Ott 2015 - Giulia Bonacquisti - Giulia Bonacquisti

Lungi dall’essere realizzati. Così appaiono, a undici anni dal lancio della Politica Europea di Vicinato, Pev, gli obiettivi chiave che ne erano alla base.

La creazione alle frontiere dell’Unione europea, Ue, di uno spazio di prosperità e di buon vicinato caratterizzato da relazioni strette e pacifiche e la nascita di un’area di stabilità intorno all’Ue che evitino la formazione di nuove linee di divisione tra l’Europa allargata e suoi vicini sono ancora lontane.

Al contrario, la Pev fronteggia oggi un numero considerevole di sfide provenienti da più parti. Non solo questa politica ha messo in evidenza un fallimento del potere strutturale dell’Ue, ma quest’ultima si trova inoltre a fronteggiare sempre di più dei poteri strutturali concorrenti nel proprio vicinato – come la Russia ad Est o l’autoproclamatosi “stato islamico” a Sud.

Mogherini e la consultazione pubblica sulla Pev
Alla luce di tale fallimento, il Commissario per il vicinato e l’allargamento Johannes Hahn e l’Alta Rappresentante/Vice-Presidente della Commissione Federica Mogherini hanno lanciato all’inizio di quest’anno una consultazione pubblica in merito ad una “riforma fondamentale” di tale politica, che culminerà in novembre, quando verrà probabilmente presentata una proposta di riforma della Pev.

Tra le centinaia di contributi ricevuti dalla Commissione e pubblicati sul sito della consultazione, una risoluzione redatta dalla Commissione Affari Esteri del Senato della Repubblica permette di gettare uno sguardo sul punto di vista italiano sulla questione, nonché di osservare come il punto di vista di uno Stato membro in merito ad un’importante politica estera europea si inserisca e sia influenzato dalle specificità della sua politica estera nazionale.

Il documento redatto dal Senato affronta numerose questioni sollevate dalla Commissione Europea e dall’Alta Rappresentante all’apertura della consultazione. Tuttavia, alcune ci sembrano particolarmente cruciali al fine di situare il Senato nel più ampio dibattito in sede europea.

La Pev dovrebbe essere mantenuta entro un quadro istituzionale unitario? Gli strumenti attuali sono ancora pertinenti? Quale dovrebbe essere l’approccio della nuova politica nei confronti dei cosiddetti “vicini dei vicini”? Quale il ruolo della Pev all’interno della più ampia politica estera dell’Ue?

Senato, proposte di riforma della Pev
La constatazione di partenza del Senato, comune a molti dei contributi circolati in questi mesi sulla politica di vicinato, è quello di una eccessiva burocratizzazione della Pev, che sarebbe oggi svincolata da una visione politica sottostante.

Dunque, secondo la Camera Alta, la nuova politica di vicinato dovrebbe sì inscriversi in un quadro istituzionale unitario – così come avviene attualmente – ma dovrebbe essere integrata all’interno della politica estera, di sicurezza e di difesa dell’Ue, e il ruolo dell’Alto Rappresentante e del Servizio Europeo per l’azione esterna (Seae) rafforzato.

È interessante notare come questo tema sia evocato da molte autorevoli voci all’interno del dibattito europeo sulla riforma della Pev, le quali auspicano che tale riforma avvenga di pari passo con la revisione della Strategia Europea di Sicurezza.

La specificità italiana emerge soprattutto in merito alla tematica dei “vicini dei vicini”, quella che nel dibattito sulla riforma della Pev è forse la più spinosa e controversa, soprattutto per quanto riguarda il vicinato orientale. Infatti, il coinvolgimento di tali attori nella nuova politica rappresenta per il Senato “un’assoluta necessità”, e nonostante la tradizionale priorità accordata dall’Italia al vicinato mediterraneo, la Camera Alta dedica anche alcuni passaggi fondamentali proprio al versante Est.

Dialogo critico con la Russia
Se a Sud l’Assemblea esorta a un rafforzamento del dialogo con i paesi di origine dei flussi migratori, per quanto riguarda il vicinato orientale emerge nella risoluzione l’urgenza di un dialogo ravvicinato e sistematico con la Russia.

Questo approccio appare coerente con la linea adottata dall’Italia nei confronti del grande paese eurasiatico in un momento carico di tensioni come quello che caratterizza le relazioni Russia-Ue negli ultimi anni.

Tale approccio, sintetizzabile nella formula del “dialogo critico”, mira infatti a combinare una certa risolutezza in merito al dossier ucraino e la piena consapevolezza dell’importanza di mantenere dei canali di dialogo con Mosca. Infatti, si legge nella risoluzione, tale dialogo “non sempre si è dispiegato pienamente, come nel caso dell’Accordo di partenariato con l’Ucraina, concluso senza considerazione delle legittime preoccupazioni della Federazione Russa”.

Il Senato s’inserisce inoltre nel dibattito riguardante gli strumenti della Pev affermando la necessità di mitigare il modello del “more for more” – un’espressione di quella condizionalità della Pev da più parti criticata per la sua incoerenza e la sua scarsa legittimità.

Inoltre, prosegue la Camera Alta, se è vero che gli accordi di associazione e di libero scambio – a oggi i due strumenti principali della Pev – rappresentano l’obiettivo ottimale nei rapporti di vicinato, è anche vero che questi non possono essere considerati l’unica loro possibile evoluzione.

Emerge qui tutta la critica all’approccio one-size-fits-all che l’Ue non è riuscita a scongiurare nel mettere a punto una politica unica destinata a paesi profondamente diversi tra loro, una politica che ad oggi non ha saputo tenere adeguatamente in considerazione le condizioni, i bisogni e le aspirazioni specifici ad ogni paese né gli interessi dell’Ue stessa.

Resta da vedere quanto la Commissione e l’Alta Rappresentante faranno proprio degli input ricevuti dagli Stati membri, ma anche da associazioni, think tank e università, nella riforma di questa politica indirizzata a un vicinato sempre più turbolento.