IAI
Economia della difesa

Forze Armate, in Italia la musica non cambia

5 Ago 2016 - Paola Sartori - Paola Sartori

Nonostante il clima di estrema insicurezza che caratterizza il panorama europeo ed internazionale, le risorse che l’Italia assegna per la Difesa continuano la loro parabola discendente.

Questo è quanto emerge dalla recente pubblicazione IAI Bilanci e Industria della Difesa: tabelle e grafici 2016 che presenta un’analisi delle risorse finanziarie del settore della Difesa italiano nonché un approfondimento circa il segmento industriale dell’aerospazio, difesa e sicurezza.

Stanziamenti per la Difesa in discesa
Tra il 2014 e il 2015 gli investimenti italiani per la funzione difesa sono scesi da 14,08 miliardi a 13,19 miliardi con una riduzione di quasi 900 milioni di euro. Questo dato risulta ancora più scoraggiante se si evidenzia la reiterata ed inefficiente ripartizione rispetto ai capitoli di spesa.

Infatti, questi tagli sono andati a pesare unicamente sulle voci Investimenti ed Esercizio con decurtazioni rispettivamente del 26% e del 14%, mentre alla voce Personale si è registrato un aumento da 9,5 a 9,7 miliardi.

Il risultato è che nel 2015 oltre il 70% delle risorse sono state investite per il personale, mentre ad Esercizio e Investimento è stato destinato rispettivamente l’8,7% e il 18%. Riguardo a quest’ultima voce, va precisato che il bilancio è reso in parte meno negativo da un contestuale aumento dei fondi stanziati dal Ministero dello sviluppo economico, passati da 2.094 milioni per il 2014 a 2.508 milioni per il 2015.

Il quadro economico-finanziario non sembra destinato a migliorare in maniera significativa nemmeno nel prossimo triennio, nonostante sia previsto un leggero aumento delle risorse destinate alla Funzione Difesa tra il 2015 e il 2016, da 13.186 milioni a 13.360 milioni. Infatti, non solo questo incremento è in larga parte assorbito dai costi per il Personale e solo in minima parte per l’Esercizio, ma rappresenta il preludio ad una serie di ulteriori tagli che nel 2018 porteranno la Funzione Difesa a 12.724 milioni di euro.

In tre anni, tra il 2016 e 2018,è prevista infatti una riduzione di oltre 600 milioni di euro – pari a circa il 4,7% – con una voce Investimenti che, per la prima volta dal 2007, varcherà la soglia dei 2 miliardi per scendere a 1,9 miliardi nel 2018. Non solo le risorse continueranno ad essere limitate nel prossimo triennio, ma perdurerà una ripartizione sbilanciata delle risorse a discapito dell’efficienza e dell’operatività dello strumento militare italiano.

Il “finto” boom dell’export italiano di armamenti
Sul fronte delle esportazioni, secondo quanto riportato da diversi giornali, si sarebbe registrato un forte aumento tra il 2014 e il 2015. In effetti, secondo i dati riportati dalla Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, nel 2015 il valore delle licenze all’esportazione definitiva avrebbe raggiunto un valore di 7.883 milioni di euro, ossia il triplo rispetto a quanto registrato per il 2014.

Il relativo commento della relazione sottolinea come questo trend testimoni il sostanziale consolidamento della crescita registrata nel settore della difesa già a partire dal 2014. Tale valutazione, tuttavia, va ridimensionata e chiarita.

In primo luogo, quei quasi otto miliardi includono i programmi intergovernativi, i quali per loro natura non costituiscono vere e proprie esportazioni e che ammontano a 3.183 milioni di euro. Pertanto, il vero valore delle esportazioni autorizzate nel 2015 non dovrebbe considerare quest’ultimo dato: ottenendo così una cifra pari a 4.700 milioni di euro.

In secondo luogo, va anche precisato che un aumento delle autorizzazioni all’esportazione definitive non costituisce di per sé un effettivo incremento delle esportazioni, bensì indica l’aumento del portafoglio ordini che saranno poi evasi negli anni successivi. Inoltre, va sempre tenuto presente che gli ordini diventano effettivi solo dal momento dell’inizio dei pagamenti e quindi a volte le autorizzazioni sono destinate a decadere.

Questa incomprensione sarebbe legata anche alla scarsa chiarezza della Relazione, la cui lettura risulta particolarmente complessa non solo per l’estrema lunghezza, ma anche per l’eccessivo livello di dettaglio che rende complessa l’estrapolazione e una corretta analisi dei dati.

Aereospazio, Sicurezza e Difesa, secondo settore industriale in italia
Diversamente, il livello delle esportazioni effettive nel 2015 ha raggiunto i 2.943 milioni di euro (sempre al netto dei programmi intergovernativi), facendo registrare una lieve flessione rispetto al dato dell’anno precedente (2.946 milioni), ma assestandosi comunque a livelli superiori rispetto al 2013.

Questo dato risulta maggiormente in linea con quanto riportato dalla relazione Prometeia 2016 circa lo stato di salute del comparto industriale della difesa, il quale mostra lievi, ma non sostanziali miglioramenti rispetto agli anni precedenti.

Secondo i dati del rapporto, a fronte di un mercato interno insufficiente, l’export -che rappresenta oltre 2/3 del mercato totale per le aziende del comparto -appare più dinamico e vivace, facendo registrare una crescita di circa l’8,3% tra il 2012 e il 2015.

L’Industria dell’Aerospazio, Sicurezza e Difesa rappresenta il secondo settore industriale in Italia per dimensioni, in grado di sostenere circa 150.000 occupati con ricadute positive sul livello dei consumi. Complessivamente, le imprese del settore producono in Italia un valore aggiunto di circa 11,6 miliardi di euro, pari allo 0,8% del Pil. È evidente pertanto l’elevato valore economico, industriale e tecnologico che tale comparto rappresenta per l’intero sistema Paese.

Investire di più e meglio per la Difesa italiana non è solo utile ad accrescere l’efficienza e la prontezza dello strumento militare italiano di fronte alle minacce alla sicurezza nazionale, ma altresì per i potenziali ritorni positivi sia in termini economi sia occupazionali.

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