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Italia e riforma della difesa

Libro Bianco della Difesa: i ritardi della riforma

2 Dic 2016 - Paola Sartori - Paola Sartori

Nelle ultime settimane si è discusso molto sulle possibili implicazioni della futura Presidenza Trump per la politica estera degli Stati Uniti e per le relazioni transatlantiche e anche a livello nazionale ci si è interrogati su quale potrebbe essere l’impatto di questa decisione sulla politica di difesa italiana in ambito euro-atlantico.

A riguardo, il futuro presidente statunitense ha reso ben chiara la sua intenzione di chiedere un maggiore contribuito agli Alleati europei per la propria difesa e dunque anche il nostro Paese sarà chiamato a fare la propria parte.

La qualità dell’azione nazionale in questo contesto dipende naturalmente dal funzionamento della “macchina” della Difesa e da un impiego efficiente delle risorse a sua disposizione. In questo senso, l’implementazione del Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, presentato dal Ministro Pinotti al Consiglio Supremo di Difesa, al governo e al Parlamento ad aprile 2015, risulta quanto mai cruciale.

Tuttavia, come evidenziato nella recente analisi “Le sfide della Nato e il ruolo dell’Italia: Trump, Brexit, difesa collettiva e stabilizzazione del vicinato” pubblicata nell’ambito del progetto Defence Matters 2016, il processo di riforma rimane per ora solo su carta con potenziali ricadute negative non solo a livello interno, ma anche per quanto riguarda la qualità del contributo italiano in ambito euro-atlantico.

Implementazione in ritardo sulla tabella di marcia
Ad oltre un anno e mezzo dalla sua pubblicazione, le scadenze di attuazione dei principali provvedimenti contenuti nel Libro Bianco non sono state rispettate. Il progetto di riforma sembra essere stato rallentato da altre priorità legate alla contingenza politica nazionale, oltre che alla crescente instabilità a livello internazionale.

L’approvazione di altri provvedimenti, quali Jobs Act e riforma costituzionale, da un lato, e l’acuirsi di crisi in aree caratterizzate da un forte impegno militare e/o diplomatico italiano dall’altro, hanno di fatto catalizzato l’attenzione politica italiana distogliendola dal processo di implementazione del Libro Bianco.

Vero è che un segnale positivo in questo senso potrebbe venire dalle conclusioni della recente riunione del Consiglio Supremo di Difesa, tenutasi il 24 novembre. È stato infatti reso noto che il Disegno di legge contenente alcuni provvedimenti di riforma e di delega a successivi dispositivi legislativi starebbe per iniziare l’iter parlamentare, anche se da fine estate aspetta di essere approvato dal Consiglio dei Ministri.

Tuttavia, considerando i tempi tecnici richiesti per l’approvazione delle leggi ordinarie, per quelle parti della riforma che comportano questa procedura – quali revisione della governance e disposizioni sul personale – sembra comunque improbabile che l’attuazione possa concretizzarsi entro il termine dell’attuale legislatura.

Un’attuazione per fasi successive per uscire dall’impasse?
Per uscire da questa situazione di stallo, ci sarebbero alcune opzioni potenzialmente in grado di consentire all’Italia di avanzare nel processo di riforma. In prima battuta, con qualche sforzo potrebbe forse essere possibile ottenere quantomeno l’approvazione da parte di una delle due Camere in modo da favorire una rapida conclusione dell’esame anche nella successiva legislatura. In questo caso, tuttavia, molto dipenderebbe dal consenso politico raggiunto nel delineare il progetto di riforma.

In alternativa, si potrebbe invece optare per un’attuazione per fasi successive. Ovvero, procedere con l’approvazione di quelle disposizioni ritenute maggiormente urgenti e realizzabili, scorporandole dal disegno complessivo di riforma, e rimandare ad un secondo momento l’implementazione di quei cambiamenti che richiedano invece più tempo per essere attuati.

Questa modalità, pur contrastando con la logica complessiva del Libro Bianco di un approccio integrato alla Difesa a livello di sistema-paese, avrebbe il vantaggio di far progredire la riforma, anche se solo parzialmente.

Italia, Nato e Ue: i possibili effetti negativi di una mancata attuazione
Questa situazione di stallo rischia di avere una serie di effetti negativi non solo a livello interno, ma anche per quanto riguarda la qualità del contributo italiano in ambito euro-atlantico.

In primo luogo, da un punto di vista politico i ritardi nell’attuazione di un Libro Bianco che è anche direttiva ministeriale potrebbero non giovare alla credibilità del nostro Paese nei confronti degli Alleati. Inoltre, da un punto di vista operativo, potrebbero anche compromettere la qualità del contributo nazionale in ambito Nato, ma anche Ue, soprattutto in termini di interoperabilità, efficacia ed efficienza.

Il continuo rinvio dell’implementazione della riforma, infatti, fa sì che alcune decisioni connesse a precise esigenze operative, siano prese al di fuori del framework di attuazione del Libro Bianco con conseguenti effetti negativi anche sulla cooperazione in ambito europeo e transatlantico.

Dalle parole ai fatti, ma non se manca la volontà politica
In un quadro di per sé scoraggiante comunque, il principale ostacolo all’avanzamento del processo di attuazione del Libro Bianco rimane la mancanza di volontà politica, che invece è a dir poco cruciale per una riforma che porta con sé cambiamenti concreti e la strutturazione di un rinnovato strumento militare.

È certamente vero che negli ultimi mesi l’Italia si sia trovata a fare i conti con circostanze particolarmente delicate, legate sia a dinamiche interne che all’evoluzione dello scenario internazionale. Eppure, proprio di fronte all’acuirsi di alcune crisi che richiedono un aumento dell’impegno nazionale per la sicurezza e la difesa del Paese, risulta ancor più urgente attuare le disposizioni contenute nel Libro Bianco.

Soprattutto perché queste misure mirano a dotare l’Italia di una struttura della Difesa in grado di rispondere in maniera efficace ad eventuali minacce e adempiere al meglio alle proprie responsabilità a livello internazionale. Tuttavia, per concretizzare questo progetto è necessario che la classe dirigente italiana ritrovi l’impulso politico necessario, altrimenti il potenziale riformatore del Libro Bianco rischia di rimanere solo su carta.

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