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Fra Cina e Italia

Nuova Via della Seta: autostrada per il crimine organizzato

20 Mar 2018 - Giuseppe Fersini - Giuseppe Fersini

Il progetto di corridoio commerciale promosso su impulso di Pechino promette di essere una scossa per l’economia italiana ed europea. Il rischio che la nuova Via della Seta possa essere un’autostrada per le violazioni della proprietà intellettuale, da un lato, e per la criminalità organizzata made in China, dall’altro, è però concreto.

La Belt and Road Initiative (Bri), progetto di corridoio commerciale promosso dalla Asian Infrastructure Investment Bank su impulso della Cina, ha un forte valore strategico e diverse implicazioni sullo scacchiere internazionale, tanto sul piano commerciale quanto su quello politico. Meno noti sono invece i possibili effetti sulla sicurezza interna degli Stati coinvolti, ma non per questo meno importanti in un momento storico in cui il contatto fra sicurezza interna e sicurezza esterna non è più rappresentabile come un confine ma come un nesso.

Una scossa per il settore produttivo
È cronaca recente l’attività dei grandi contractor legati al governo di Pechino, aggiudicatisi progetti dall’alta rilevanza strategica lungo l’asse dell’antica Via della Seta. Pireo, Chercell, Marghera: porti che verosimilmente saranno i terminal marittimi di quella Via che, al netto di dubbi sul dove effettivamente sarà il suo snodo mediterraneo (le carte diffuse da Pechino individuano proprio Marghera), darà certamente una scossa per i sistemi produttivi e commerciali che incontrerà.

Una scossa che pone delle interessanti sfide al tessuto produttivo italiano ed europeo. È lecito per l’economia del Vecchio continente attendersi incrementi nei flussi di forza lavoro, materie prime, semi-lavorati e capitale; un’aspettativa che ha spinto diversi governi a sposare con entusiasmo il progetto cinese. È lecito allo stesso modo domandarsi se il tessuto economico di questi Paesi, e specialmente quello italiano, sarà abbastanza resiliente da assorbire l’impatto e abbastanza forte da coglierne le opportunità, giocando anche un ruolo leader nell’Unione europea.

Di certo, per garantire la sicurezza economica dell’Italia, e quindi dell’Unione, le sfide in vista dovranno essere affrontate nel breve termine. Sfide che non sono affatto nuove al sistema produttivo di casa nostra, ma che rischiano di diventare quasi impossibili da affrontare se i volumi commerciali e finanziari dovessero crescere esponenzialmente.

L’export di merci contraffatte
La prima sfida è quella della protezione della proprietà intellettuale. Di particolare preoccupazione a livello europeo sono i legami fra le imprese su suolo italiano e i partner cinesi per la produzione di beni contraffatti. La contraffazione, oltre ad essere una minaccia per la salute e la sicurezza dei consumatori, è un fenomeno che in Europa frutta alle organizzazioni criminali più del traffico di sostanze stupefacenti. Ed è proprio la Cina il maggior esportatore di merci contraffatte dirette all’Europa, stando all’ultimo report di Europol sulla criminalità organizzata.

Il danno delle violazioni di proprietà intellettuali non è subito solo dalle aziende che vedono il loro valore aggiunto eroso: stando ai dati dell’Ufficio Ue per la proprietà intellettuale (Euipo), la contraffazione nel solo settore dell’abbigliamento, degli accessori e del calzaturiero costa all’Unione 8,1 miliardi di euro di tasse non versate (fra contributi sociali ed imposte), ma soprattutto oltre 300 mila posti di lavoro diretti e oltre mezzo milione di posti di lavoro indiretti persi.

La criminalità organizzata cinese in Italia
La cronaca italiana ha di recente richiamato l’attenzione anche sulla seconda sfida che il sistema economico europeo dovrà affrontare: la criminalità organizzata di provenienza cinese. Nel gennaio 2018 la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Firenze ha richiesto l’arresto di 33 persone per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati, mentre ad altre 21 sono state notificate le indagini in stato di libertà.

L’organizzazione criminale non solo costituiva un pericolo per le proprie vittime, ma era portatrice di un’importante distorsione di mercato: era infatti divenuta quasi monopolista a livello europeo del trasporto su gomma di qualsiasi tipo di merce proveniente dalla Cina.

Meno recente, ma sicuramente degno di essere menzionato, è quanto accaduto nel giugno 2015, quando nell’ambito di un’ampia indagine sul riciclaggio di denaro sempre la Dda di Firenze aveva inoltrato richiesta di rinvio a giudizio per ben 297 persone, alcune delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso.

La posizione di confine dell’Italia imporrebbe quindi ancora una volta, come nel caso dell’immigrazione, il ruolo di gatekeeper europeo rispetto al progetto della Bri per quanto riguarda attività illecite e criminalità economica. Le organizzazioni criminali cinesi sono infatti da diverso tempo attive nella violazione dei diritti di proprietà intellettuale, nel traffico di esseri umani, nella fornitura di servizi bancari sommersi alle imprese cinesi (spesso con metodi estorsivi), nella prostituzione e traffico di sostanze stupefacenti.

Reggere l’onda d’urto
Riciclaggio di denaro, evasione delle imposte e dei dazi tanto quanto pratiche commerciali scorrette sono attività che alterano il salutare funzionamento di un sistema economico. Il nesso fra politiche commerciali e di sicurezza, a livello domestico ed europeo, pone quindi un’impellente domanda tanto analitica quanto sistemica.

Analitica perché richiede di approfondire il ruolo italiano di porta d’Europa rispetto ai fenomeni e alle organizzazioni criminali che promettono di aumentare quantitativamente e qualitativamente in modo esponenziale. Sistemica perché il potenziale di radicale cambiamento della Belt and Road Initiative nei confronti di un sistema economico stratificato, complesso e interconnesso come quello europeo è molto elevato.

Ciò che è certo è che strutture e capacità analitiche deputate al controllo ed al contrasto di questi fenomeni dovranno essere pronte a reggere l’urto di quanto di illecito sta per arrivare attraverso la nuova Via della Seta.

Foto di copertina © Zhang Ailin/Xinhua via ZUMA Wire