IAI
Presidente emenda governo

Russia: riforma pensioni Putin tra proteste e consensi

8 Nov 2018 - Federico Delfino - Federico Delfino

Il 3 ottobre il presidente russo Vladimir Putin ha firmato la legge di riforma delle pensioni che ha elevato l’età pensionabile dei cittadini russi. Prima di questa svolta, l’età di pensionamento faceva riferimento a quanto stabilito dalle riforme staliniane ed era la più bassa tra i paesi Ocse. La riforma prevede un incremento graduale del pensionamento per anzianità dai 60 ai 65 anni per gli uomini e dai 55 ai 60 per le donne. Nonostante l’ampia condivisione in seno alla Duma (326 voti a favore, 56 contrari e un astenuto), relativa alla maggioranza assoluta che detiene Russia Unita, l’iter di approvazione della riforma ha incontrato parecchi ostacoli e suscitato proteste.

Il testo iniziale presentato dal governo Medvedev prevedeva il pensionamento per gli uomini sempre a 65 anni e per le donne a 63. Questo innalzamento aveva dato luogo a proteste in tutto il Paese da parte dei partiti d’opposizione e a manifestazioni di piazza non solo nelle maggiori città, ma anche in quelle più periferiche, Crimea inclusa.

Le proteste e le modifiche
L’opposizione alla riforma era talmente che, secondo un sondaggio del Centro Levada, il 90% dei cittadini russi la osteggiava: il consenso di Putin ha declinato dal 79% di giugno al 67% di luglio, il punto più basso dal gennaio 2014. Alcuni membri del Partito comunista della regione dell’Altaj e un gruppo di iscritti al partito Russia Giusta avevano addirittura proposto di sottoporre la questione a referendum nazionale. Il granitico partito al potere, Russia Unitaha dovuto comunicare agli iscritti il “divieto di criticare la riforma”.

Il presidente Putin ha perciò dovuto intervenire con un discorso alla nazione il 29 agosto per spiegare le necessità della riforma, ma anche per annunciare che avrebbe apportato significative modifiche per renderla più leggera. Oltre alla riduzione dell’età pensionabile, le modifiche introdotte da Putin (diventate tutte parte integrante del testo definitivo) prevedono il pensionamento anticipato per le donne con tre e più figli e l’inasprimento delle sanzioni per i licenziamenti ingiustificati dei lavoratori prossimi al pensionamento.

Oltre a ciò, il presidente ha promesso l’aumento delle pensioni di oltre il 40% entro il 2024, ultimo anno del suo mandato. Dalla riforma sono esclusi i militari e i membri dei servizi segreti. In molti affermano che questa esclusione sia stata pensata da Putin per mantenere il consenso di due strutture nevralgiche per il suo potere. Le modifiche presidenziali hanno trovato il plauso di tutti i partiti all’interno della Duma, incluso il Partito comunista, principale oppositore della riforma.

Le ragioni di una riforma
Cosa ha dunque spinto il governo a proporre una così impopolare riforma nonostante che nel 2005, e poi di nuovo a metà 2017, Putin avesse annunciato che sotto la sua presidenza l’età pensionabile non sarebbe stata ritoccata?

Nel discorso del 29 agosto Putin ha affermato che “non fare nulla sarebbe stato irresponsabile verso i figli e il Paese [poiché] la situazione ci dimostra che ritardare [la riforma] non è più possibile”. La riforma riflette le necessità di un Paese con una popolazione che invecchia e che vive più a lungo.

Secondo i dati del governo la popolazione russa è diminuita di 164.000 unità nei primi sei mesi del 2018, a fronte di 119.000 dello stesso periodo nel 2017. Senza la riforma, il numero di pensionati crescerebbe dagli attuali 40 a 42,5 milioni nel 2035, superando così il numero degli attivi. Con la riforma il numero rimarrebbe contenuto a 35 milioni. Inoltre, secondo il report della Banca centrale russa gli effetti della riforma porterebbero ad un aumento del Pil dello 0,1% nel 2019 e dello 0,2/0,3% nel 2020-2021.

Gioco delle parti tra governo e presidente
Una riforma impopolare ma necessaria per il Paese, e che si sarebbe dovuta inizialmente ricondurre al governo e solo in minima parte al presidente, consentendogli come poi avvenuto di agire in un secondo momento per ammorbidirla. Un intervento che gli ha consentito non solo di mostrarsi mediatore, ma soprattutto “padre della patria”, capace non solo di ascoltare le istanze del suo popolo, ma di comprenderle, quasi vivendole in prima persona.

Tuttavia, la paura di perdere il consenso della nazione è stata forte. E se certamente questo intervento non gli ha consentito di risalire nei sondaggi, quantomeno gli ha permesso di non scendere. Separare l’azione del governo che ha detto “sì” alla riforma da quella del presidente che di fatto non ha detto “no” è tuttavia molto difficile per chi ragiona logicamente, specie in un sistema costituzionale e istituzionale dove ogni decisione passa per il presidente.

Scindere l’azione del primo ministro, nominato dal presidente, da quella del presidente stesso è molto rischioso, e può forse portare benefici nel breve periodo, ma non annulla i rischi nel lungo, specie per una popolazione che certamente invecchia e vive più a lungo, ma con una speranza di vita media di 67 anni.

E godersi la pensione per pochi anni, andandoci rispettivamente a 65 e a 60 anni, a seconda che si sia uomo o donna, non è certamente una prospettiva allettante per i cittadini russi.