Cambogia: quelle foreste che spariscono con la complicità Ue
Le foreste sempreverdi immacolate nella penisola indocinese sono minacciate dallo sfruttamento, autorizzato dal governo cambogiano, da parte di aziende del settore agricolo che abbattono e bruciano per far spazio a coltivazioni da cui trarre enormi profitti, alimentando al contempo il commercio illegale di legname. Ciò avviene soprattutto nelle foreste pluviali dell’est della Cambogia.
Gli ambientalisti locali sono attivissimi, fanno quel che possono, non senza correre pericoli, per raccogliere minuziosamente le prove del disboscamento illegale. Le società agricole offrono una certa somma di denaro agli abitanti dei villaggi che possiedono terreni in prossimità delle foreste e, in caso di rifiuto, scatta la minaccia dell’espropriazione forzata senza alcun indennizzo. Questo avviene ai margini delle foreste. Figuriamoci all’interno. Naturalmente, sulla carta esistono sia aree protette sia aree in cui l’abbattimento è permesso mediante concessioni governative che però non sono assolutamente sufficienti a neutralizzare l’azione concertata di aziende e governo nelle foreste protette. Azioni illegali che non a caso avvengono soprattutto di notte.
Nessun responsabile
Il governo nega ogni coinvolgimento e invita gli attivisti a riportare ogni attività illecita, cosa che un giovane attivista, Houng Leng, fa da anni con fotografie, meccanismi di geo-localizzazione satellitare, Gps, droni e creazione di mappe che illustrano l’entità del danno procurato fino ad oggi. Si è anche infiltrato nei sindacati corrotti. Il governo parla di “riforestazione” anziché “deforestazione”. I capi delle aziende responsabili del disboscamento sostengono di agire all’interno del perimetro assegnato dalle concessioni governative e addossano la responsabilità di eventuali abbattimenti al di fuori di esso a contractor irresponsabili, aggiungendo che uno degli obiettivi è la costruzione nuove scuole nei villaggi interessati. Il governo, invece, scarica la responsabilità su ranger corrotti.
Wildlife Alliance è un organizzazione non governativa (Ong) statunitense, supportata dal governo, dalla polizia e dai ranger locali, che monitora il rispetto delle foreste protette. Il problema è che il governo fa il doppio gioco perché lascia che la maggior parte del lavoro sporco vada avanti. Affiancando l’opera di attivisti come Leng, negli ultimi due anni, Wildlife Alliance ha sequestrato 2.300 motoseghe, che la responsabile dell’Ong non esita a chiamare “armi di distruzione di massa”.
Riciclaggio di legname di contrabbando
Una motosega è in grado di abbattere almeno un ettaro di foresta pluviale. Un tronco di due metri circa, proveniente da una foresta ufficialmente protetta dal governo della Cambogia, da Usaid – il programma di aiuti allo sviluppo degli Stati Uniti – e dall’Unione europea, può essere venduto per 250 dollari. Basta una motocicletta di media cilindrata per trasportare due o tre tronchi. Per i locali che non sanno ignorare questa opportunità si tratta di una vera fortuna.
Sul labile confine con il Vietnam, Leng ha contato oltre 20 punti di entrata illeciti da cui transita il legname di contrabbando. Ciononostante, il 30 giugno scorso, nell’ambito dell’accordo di liberalizzazione del mercato con il Vietnam, l’Ue ha dato il via libera ad Hanoi di autocertificare la provenienza del legname esportato in Europa. Il Vietnam quindi effettivamente ricicla e vende a noi europei il legname proveniente dalla Cambogia. “Sono stufo dell’Unione europea perché, anziché agire da donatore, stipula accordi commerciali sull’importazione di legname con il Vietnam, benché sappia che si tratta di un Paese canaglia che ruba legname”, dice Leng.
L’accordo siglato da Ue e Vietnam rimuove il 99% delle tariffe doganali su beni e servizi, ivi compresi quelli sul commercio di legname. Bruxelles fa sapere che l’accordo diventerà effettivo solo se sarà provato che il Vietnam agisce legalmente. Eppure, gli elementi di Huong Leng sembrano puntare in tutt’altra direzione. Per il periodo 2014-2020, inoltre, a Cambogia e Vietnam sono stati assegnati dall’UE circa 400 milioni di euro ciascuno in aiuti allo sviluppo per programmi volti a migliorare, tra l’altro, lo stato di diritto.
Via il 50% della superficie verde
Negli ultimi anni, 100.000 ettari di una foresta nel sud ovest della Cambogia non esistono più. Secondo Global Forest Watch, dal 2001 al 2018, la Cambogia ha perso 2,17 milioni di ettari ricoperti da foreste. La percentuale sale a quasi il 50% se calcoliamo la superficie verde erosa a partire dai primi anni Novanta quando l’ex khmer rosso Hun Sen, si insediò ufficialmente al potere. Ovviamente il danno coinvolge sia la flora che la fauna delle regioni interessate.
È giusto indignarsi per le scelte scellerate del presidente del Brasile Jair Bolsonaro che mettono in pericolo la Foresta Amazzonica, autentico polmone verde del pianeta. È altrettanto però necessario non solo indignarsi, ma denunciare apertamente anche quanto sta avvenendo nel sud-est asiatico con la piena, consapevole complicità dell’Unione europea.
Foto di copertina © Peter Langer/Design Pics via ZUMA Wire