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Premio IAI

Democrazia in Europa: i pericoli dell’ideologia del buonsenso

2 Set 2019 - Marika Carlucci - Marika Carlucci

Da oggi al 24 settembre, giorno della cerimonia pubblica conclusiva della seconda edizione del premio IAI, pubblicheremo su AffarInternazionali i saggi dei finalisti delle due sezioni del concorso – studenti universitari e liceali – che si sono cimentati con riflessioni sul tema “Democrazia in Europa: fine corsa o nuovo inizio”?. 

Le società democratiche cambiano; tuttavia la democrazia resta la stessa e non è più in grado di rappresentare la popolazione e rispondere alle sue necessità. È questa una delle percezioni più condivise dall’elettorato italiano ed europeo contemporaneo, tanto che i partiti cosiddetti “anti-sistema” ed il “buonsenso” hanno rimpiazzato i partiti tradizionali e le ideologie che avevano dominato la scena politica del secolo scorso.

Le vecchie divisioni sembrano dunque essere state superate in favore del pragmatismo.

Ciò ha però alimentato l’appeal esercitato dalla presenza di una figura autoritaria al governo. Una figura capace di prendere l’iniziativa, proporre soluzioni drastiche ai problemi che il sistema tradizionale non ha saputo risolvere e, in particolare, concretizzare le prerogative del popolo rispetto a quelle appartenenti a ormai sempre più distaccate élites.

Le cause
La democrazia si fonda sul principio di uguaglianza formale e sostanziale delle parti. L’accumulazione di capitale e la mancata redistribuzione delle risorse hanno acuito le già presenti disuguaglianze di carattere economico, sociale e civico, e ciò si è tradotto in disuguaglianza politica. Gli strati più vulnerabili si percepiscono dunque lesi, quasi traditi da un sistema che nega la sostanzialità della loro uguaglianza e nel quale hanno perso ogni fiducia.

É il cosiddetto “deficit democratico”. Gli elettori si sentono di fatto esclusi dalla gestione del potere a causa della complessità istituzionale, della scarsa rappresentatività e della mancanza di trasparenza delle élites nel gioco politico. Pertanto, tendono a riporre la loro fiducia in figure che condividono il loro stesso scetticismo e promettono di differenziarsi dall’establishment rifiutando un’agenda politica imposta dall’alto e centrata sul compromesso.

Tuttavia, il disprezzo verso una politica basata sul compromesso (culturale o politico che sia) risulta essere in antitesi con l’idea di detenzione condivisa del potere decisionale, alla base del concetto di democrazia stessa.

Anche i sentimenti e le percezioni che caratterizzano l’elettorato italiano e di altri Paesi europei influiscono su questa rinnovata propensione all’autoritarismo. Come sostiene il politologo Ted Gurr, vi è infatti una discrepanza tra ciò che gli individui pensano di meritare e quello che possono effettivamente ottenere. Il sociologo Hamit Bozarslan parla invece di “fatica sociale”, ovvero della fatica richiesta dal semplice vivere quotidiano e  del dominio del fatalismo nella nostra società che questa comporta.

Gli effetti
La delega di responsabilità all’uomo politico forte denota la scarsità di consapevolezza riscontrabile nell’elettorato che lo sostiene. L’accettazione di provvedimenti che limitano le libertà dei cittadini costituisce un’implicita ammissione di inadeguatezza alla partecipazione alla vita politica. Dimostra, inoltre, l’indebolimento dello spirito critico dell’elettorato, annebbiato dalla retorica nazionalista promossa da chi si erge a difensore del benessere del Paese.

L’autoritarismo favorisce, di fatto, la creazione di un’identità che la sociologa politica Virginie Guiraudon definisce “dell’oblio” e che presuppone di dimenticare le vecchie divisioni in favore dell’unità, tanto a livello nazionale che europeo. Da un lato, questa tendenza può essere considerata positivamente alla luce della rinnovata convergenza degli interessi dell’elettorato. Dall’altro, tale convergenza può sfociare in etnocentrismo e stigmatizzazione delle élites, con conseguenze catastrofiche sul tessuto sociale.

La propensione all’autoritarismo denota, inoltre, una rinnovata preoccupazione in materia di ordine e sicurezza e la sua conseguente affermazione al vertice dell’agenda politica nazionale ed europea. Nel caso italiano, ciò è testimoniato dall’enfasi politica posta sul ruolo delle Forze armate (percepite come unico deterrente ai possibili disordini) e sulla necessità di limitare l’accoglienza di migranti in arrivo o già presenti in Italia. In quello europeo, invece, dall’esternalizzazione delle frontiere, la chiusura di alcuni confini tra Paesi Ue e la difficoltà di ottenere un visto per entrare legalmente nell’area Schengen. Tali misure sono sintomatiche di una profonda insicurezza dovuta alla crescente diversità, all’ampliamento del divario tra popolo ed élites e all’incapacità di elaborare interventi adeguati alle circostanze.

Infine, l’autoritarismo, per definizione associato al concetto di maschilità egemonica (che riproduce cioè le dinamiche del patriarcato), è correlato alla difesa dei ruoli tradizionali di genere e della moralità convenzionale. Ciò implica, inevitabilmente, l’esercizio di un’influenza sull’opinione pubblica e sull’agenda politica tramite la legittimazione di concezioni ultra-conservatrici e l’avanzamento di proposte di policy che minano il principio di uguaglianza sostanziale.

Il risultato
Il risultato è una maggiore violenza verbale e fisica nella partecipazione politica, sia da parte di chi sostiene la figura forte (e che quindi la legittima ad uscire dai canoni democratici tradizionali), sia da parte di chi vi si oppone (ed è quindi frustrato a causa dell’eccessiva enfasi posta sul pragmatismo a discapito di valori come solidarietà e uguaglianza).

In un contesto solo apparentemente post-ideologico, il “buonsenso” si presenta oggi come un’ideologia in grado di mobilizzare l’elettorato, manipolata però da coloro che dovrebbero dare voce al popolo e che di fatto non sono altro che una nuova élite. Cambia il contenuto, ma non la forma.

Di conseguenza, l’appeal esercitato da una figura politica forte è prova dell’inadeguatezza dei sistemi politico-istituzionali attuali nel far fronte ai cambiamenti economico-sociali in atto. I cittadini, insoddisfatti e intimoriti dalla minaccia rappresentata da forze transnazionali, esprimono la propria frustrazione attraverso una rinnovata aggressività e il supporto a figure che promettono di rinnovare il sistema democratico ma che, in realtà, lo indeboliscono.

Una vera innovazione implicherebbe invece l’ammissione della necessità di ripensare la democrazia ed il sistema di governance nazionale ed internazionale. Solo questo favorirebbe l’integrazione di arene politiche e livelli di rappresentazione degli interessi e la creazione di nuovi (e più giusti) luoghi di potere e legittimità.

Foto di copertina © Graham M. Lawrence/London News Pictures via ZUMA Wire

 
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