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Democrazia in Europa: leader alla ricerca del plebiscito social

16 Set 2019 - Andrea Capati - Andrea Capati

Nelle democrazie europee, i social media sono diventati il principale strumento di comunicazione politica, inaugurando la più grande rivoluzione della comunicazione dall’avvento della televisione. L’uso diffuso dei social media in politica ha cambiato il carattere del discorso pubblico e ha fornito ai leader politici capacità senza precedenti di influenzare l’opinione pubblica. Inoltre, dall’assorbimento passivo dei messaggi politici attraverso la televisione, i cittadini sono adesso passata a un ruolo più attivo nella condivisione delle informazioni attraverso i social media. Il ruolo crescente dei social network in politica ha rimodellato il modo in cui viene condotta la vita politica e ha inevitabilmente posto maggiori sfide per la democrazia.

Richiedendo spesso la semplicità, i social media rischiano di minare la nostra capacità di astrazione, discussione, elaborazione e, in ultima analisi, comprensione, vale a dire la nostra capacità di affrontare fenomeni complessi, che è ciò di cui si occupa la politica. Per esempio, la pratica di collegare – pubblicando link ad articoli, immagini, video, ecc. – sposta continuamente l’attenzione degli utenti e apre la strada alla “mente distratta”. Allo stesso tempo, la crescente attenzione che i social media prestano ad ogni aspetto della vita politica sta alterando drasticamente la velocità della politica, aumentando così il carico di lavoro dei suoi leader. Non solo essi devono perseguire la loro agenda politica; adesso, sono anche invitati a preservare costantemente la loro immagine e a rendere conto delle loro promesse sul web. Ciò può presto tradursi in decisioni sbagliate, proprio perché i leader politici spesso non riescono a stare dietro a un tale accelerato ritmo.

I social media e la personalizzazione della politica
Nell’era dei social media, le democrazie europee hanno sperimentato l’emergere di una politica personalizzata. I social network hanno contribuito a tale personalizzazione sotto due aspetti principali. In primo luogo, hanno (ulteriormente) spostato l’attenzione elettorale dai programmI politici alle qualità personali dei leader. A tal fine, i social media costituiscono per i leader uno strumento formidabile per promuovere la loro immagine pubblica, consolidare il legame con i loro sostenitori politici e screditare i rivali politici di fronte a un pubblico incredibilmente ampio. In breve, le campagne elettorali e le preferenze degli elettori si basano in gran parte su chi sono i candidati piuttosto che su ciò che pensano.

In secondo luogo, i social media hanno indebolito i partiti politici nella loro funzione di intermediari tra leader e cittadini e ne hanno ridimensionato il potere. Mentre nell’era dei social network gli elettori crescono scevri da una lealtà stabile nei confronti dei partiti, è l’appello elettorale del singolo leader politico a fare davvero la differenza. Per essere competitivi, i leader politici devono ricorrere sempre più alla loro reputazione, alla rete di sostenitori e alle capacità di comunicazione piuttosto che all’organizzazione dei partiti. Proprio per questi motivi, viene loro conferita una sorta di legittimità personalizzata che permette loro di esercitare il pieno controllo sui loro partiti e, in caso di successo elettorale, di governare prescindendo dai partiti. In Italia, i social media hanno portato al definitivo consolidamento del “partito personale” in quanto consentono ai leader politici di entrare in contatto diretto con il pubblico di massa e in quanto il loro modo di comunicazione è strutturalmente personalizzato. Attraverso il blog delle stelle, il Movimento Cinque Stelle ha costruito la propria idea di una democrazia dal basso verso l’alto, basata su un rapporto diretto tra cittadini e governo. Ciò pone una seria sfida alla democrazia rappresentativa, rendendo superflua la delega politica.

La ‘democrazia plebiscitaria’ e la necessità di vincoli istituzionali efficaci
È abbastanza preoccupante che, se gli effetti di tale personalizzazione si estendessero dal contesto elettorale e partitico al processo decisionale, potrebbe verificarsi uno spostamento verso modelli ‘plebiscitari’ di democrazia. Le democrazie plebiscitarie portano i leader politici e i cittadini in un rapporto non mediato, che conduce alla distruzione del governo rappresentativo. Tale rischio è ancora maggiore in Europa, dove il modello di governo non prevede alcuna netta separazione istituzionale dei poteri. A differenza degli Stati Uniti, le democrazie europee presentano tutti sistemi di governo basati su una fusione di poteri, per cui il primo ministro controlla anche il potere legislativo attraverso la sua maggioranza parlamentare. Se non vincolata, questa deriva plebiscitaria porterebbe a dittature raggiunte senza violenza e controllate solo dalla necessità di una elezione ogni pochi anni.

La sfida posta da una politica personalizzata nell’età dei social media richiede, per essere affrontata, efficaci vincoli istituzionali sulla leadership politica. Le democrazie europee vivono di pesi e contrappesi istituzionali come i sistemi parlamentari bicamerali, l’organizzazione federale o regionale dei poteri, partiti aperti e plurali, elezioni competitive ed eque, la presenza di una magistratura indipendente, la rigidità di diverse disposizioni costituzionali. Tali contrappesi devono essere mantenuti e consolidati se si vuole che il governo rappresentativo sopravviva. Una politica forte e sana in una democrazia europea forte e sana è possibile solo attraverso forti e solidi vincoli istituzionali. Nelle parole di Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Unione europea, nulla è possibile senza uomini, ma nulla dura senza istituzioni. Faremmo bene a non dimenticarlo.
 
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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967

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