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Urne anticipate per Costa

La legge di bilancio scompagina l'”accozzaglia” in Portogallo

8 Nov 2021 - Caterina Maggi - Caterina Maggi

“Questa è una crisi incomprensibile per i portoghesi” ha tuonato il presidente della Repubblica del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa annunciando il 4 novembre scorso la nuova data delle elezioni anticipate nel Paese, il 30 gennaio.

Le elezioni si sono rese necessarie dopo che il governo socialista di minoranza guidato dal primo ministro António Costa ha ricevuto la porta in faccia della sfiducia proprio da quei partiti grazie al cui appoggio esterno guidava il Portogallo da sei anni, quello comunista di Jerónimo de Sousa e il Bloco de Esquerda di Catarina Martins, che hanno sommato i loro voti a quelli delle opposizioni di destra e centrodestra bocciando il budget dello Stato.

Anche se il ricorso alle urne anticipate è diventato inevitabile, almeno nell’opinione di Costa e Rebelo de Sousa, va però detto che nessuno desidera davvero andare al voto, con una probabile quarta ondata pandemica in arrivo ma anche per diverse altre ragioni. Né il governo in carica (che traghetterà il Portogallo fino alle prossime elezioni) né le opposizioni, né gli elettori.

Una congiuntura particolare
Il Portogallo, visto con gli occhi dell’osservatore europeo, è un po’ come la Grecia: un piccolo Paese che finisce sulle prime pagine se sta per fallire o è cascato in pieno default; o se va a fuoco, cosa che come conseguenza del cambiamento climatico capita sempre più spesso. In modo meno propagandato rispetto ad altri Paesi membri dell’Ue finiti a un passo dal tracollo dopo la crisi del 2008, il Portogallo non solo si è silenziosamente tirato indietro rispetto al baratro dove si trovava, ma lentamente stava marciando verso sempre più decisi margini di miglioramento. Prima della pandemia stava progredendo con un tasso di crescita annuo del Pil del 3,5%.

Appunto, stava. Non tanto per la crisi di governo, quanto perché la crescita non è stata omogenea quanto avrebbero voluto i portoghesi, e perché la pandemia (che fra i lusitani – 10 milioni di abitanti – ha fatto oltre 18mila vittime) ha avuto un pesante impatto sull’economia. A soffrire in particolare è stato il settore turistico, che garantisce corpose entrate al piccolo Stato che si affaccia sull’Atlantico: il comparto ha visto un crollo del suo volume di affari delll’84%. Un effetto dovuto anche al massiccio ricorso ai lockdown che hanno preservato lo Stato da un’ulteriore catastrofe sanitaria, ma anche acuito una sperequazione sociale che aveva già generato parecchie proteste.

Un divorzio scomodo per tutti
Il fronte della sinistra ha visto non solo consumarsi un deragliamento tra il governo di minoranza e i suoi sostenitori, ma ha anche visto in buona parte disattese o deluse le sue aspettative per il prossimo voto. Motivi di crisi si erano già visti nel 2019, quando fu chiaro a tutti che la “geringonça”, il fragilissimo gioco di equilibri tra Ps, Pc e Be, prima o poi non avrebbe retto alle tensioni. Nel 2019 il leader del partito socialista Costa era stato riconfermato alla guida del Paese, con una traballante coalizione – letteralmente, visto che veniva chiamata “l’accozzaglia” – di sinistra. Il “segreto” del suo successo è stato un’alleanza sì con i partiti storici della Esquerda, ma con programmi che sono riusciti a tenere occupato ance il terreno della destra, promuovendo una serie di riforme che hanno attirato capitali e investimenti stranieri, compresa la più dibattuta e singolare di tutte come quella sulla detassazione delle pensioni per i residenti non abituali.

Nel mirino dello scontento delle opposizioni, in particolare di Be, il rifiuto da parte del governo di tutta una serie di misure proposte dal Bloco: dallo sblocco delle pensioni, a un trattamento privilegiato per i dipendenti del comparto sanitario, dalla riforma sugli straordinari alla contrattazione collettiva. Ma a creare un solco profondo tra governo e alleati è stato soprattutto il progetto di rincaro del carburante: un aumento che porterebbe la benzina a quasi due euro al litro, con conseguente reazione a catena su tutti i settori economici dipendenti dal trasporto su gomma.

Nel mentre, anche il leader del Pc Jerónimo de Sousa ha già fatto sapere che la gerinconça è morta e sepolta, anche se è difficile credere che questo chiuda la porta a nuovi accordi col Ps. Il 67% dei portoghesi intervistati in un sondaggio di Aximage ha dichiarato che voterà per uno dei tre partiti della precedente coalizione; il Ps, di questo bacino elettorale, riuscirebbe ad assorbire il 28%, mentre un sondaggio di opinione dà il partito praticamente per vincitore con il 36% delle preferenze. Inoltre, se anche il Ps ha sofferto le elezioni amministrative dello scorso settembre, Pc e Be hanno subito un tracollo, per di più pure in città simbolo come Coimbra, sede universitaria e straordinario patrimonio Unesco, di immenso prestigio per il Portogallo.

Fare le cose bene, ma con calma
A determinare come andrà questa nuova campagna elettorale sarà però soprattutto il corpo elettorale portoghese – straordinariamente vivo e partecipativo nelle forme di “democrazia dal basso” rispetto ad altri cugini europei –  nonostante alle scorse urne del 2019 sia distinto per una corposa percentuale di astensionisti. Alle presidenziali infatti non votò oltre il 51% degli aventi diritto, il dato peggiore dalla fine della dittatura salazarista. E se c’è chi ha già salutato con un tiepido favore la decisione di programmare le prossime elezioni per il 30 gennaio prossimo invece che due settimane prima, è anche vero che in molti ne avrebbero fatto a meno. Il 59% dei portoghesi è favorevole a tornare alle urne, ma il 54% boccia l’anticipazione delle elezioni sostenendo che c’erano altre opzioni da seguire: ad esempio un nuovo accordo sulla Legge di Bilancio tra socialisti e lo sfidante conservatore, il Partito Social Democratico, che dopo aver strappato alla sinistra Lisbona nelle amministrative di questo settembre attualmente potrebbe guadagnare, dalle proiezioni delle intenzioni di voto, un 22% alle urne. In ogni caso, sembra che per i portoghesi sia meglio “fare il governo” più tardi, ma farlo bene.

D’altra parte, è stato lo stesso presidente della Repubblica Rebelo de Sousa a dichiararlo: “Avremmo fatto tutti a meno di un’elezione appena pochi mesi dopo un’altra. Ma è il percorso che dobbiamo intraprendere per ricostituire la certezza, la sicurezza, la stabilità dopo questo rifiuto del bilancio”. Se i numeri restano gli stessi di adesso, il Ps potrebbe trovarsi di nuovo nella condizione di essere un vincitore senza numeri per una maggioranza. Ma questa volta senza nessuna “accozzaglia” a cui votarsi.

Foto di copertina EPA/Tiago Petinga