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Democrazia

Resa dei conti tra Ungheria e Ue

28 Mar 2012 - Angelica Attolico - Angelica Attolico

Sembrano lontani i tempi in cui Budapest rincorreva l’Unione europea (Ue) e si distingueva, rispetto ai suoi vicini, per la velocità con la quale riusciva a concludere i negoziati di adesione. Da quando il secondo governo di centrodestra di Viktor Orbán è tornato alla guida del paese, le relazioni con Bruxelles hanno conosciuto un graduale inasprimento, fino all’attuale conflitto culminato nella decisione della Commissione europea (gennaio 2012) di aprire tre procedure di infrazione contro il paese.

Tempo scaduto
L’Ungheria rischia dunque il deferimento alla Corte di giustizia Ue e, potenzialmente, pesanti sanzioni pecuniarie, se entro l’inizio di aprile non procederà alle modifiche richieste. Da queste dipende, inoltre, anche l’avvio dei negoziati con il Fondo monetario internazionale e l’Unione europea per una nuova linea di credito “stand-by” (di cui il paese ha estremo bisogno per poter affrontare la recessione in corso). Non bastasse, sulla base della recente decisione presa dall’Ecofin questo marzo, l’Ungheria rischia anche una possibile sospensione dei Fondi di coesione a partire dal 2013.

La controversia risale allo scorso dicembre, quando la Commissione ha messo in dubbio la conformità delle norme costituzionali (allora al vaglio del Parlamento) riguardanti la riforma della Banca centrale, l’organizzazione del sistema giudiziario, e la ristrutturazione dell’autorità nazionale garante dei dati personali al diritto dell’Unione, chiedendo alle autorità ungheresi di rallentarne l’iter parlamentare, al fine di poter prima ottenere maggiori chiarimenti.

L’esecutivo magiaro aveva tuttavia ribadito la necessità di procedere alla loro approvazione entro fine anno: le misure erano infatti ritenute fondamentali nella nuova Costituzione che sarebbe entrata in vigore a breve. Nonostante gli emendamenti apportati, Bruxelles ha comunque dichiarato le nuove norme non in linea con “la lettera e lo spirito del diritto dell’Ue”, ed ha così deciso di aprire tre procedure di infrazione.

Allo scadere della prima fase delle procedure di infrazione (metà febbraio 2012), il governo ha inviato le proprie osservazioni alla Commissione mostrando maggiore flessibilità, in particolare per la revisione di alcuni aspetti della legge di riforma della Banca centrale. Ma le risposte non sono state ritenute sufficienti e ai primi di marzo la Commissione ha deciso di passare al secondo stadio, chiedendo ulteriori chiarimenti e prove concrete in termini di emendamenti alle leggi contestate. Un nuovo termine di un mese è stato fissato (inizio aprile), ribadendo che l’avvio dei negoziati con il Fondo dipenderà dalla risoluzione di questi problemi.

Braccio di ferro
In una congiuntura economica ed internazionale così difficile, la maggioranza di governo è molto sensibile alla minaccia di sanzioni da parte dell’Unione europea e dal possibile rinvio dei negoziati con il Fondo. Nonostante la disponibilità al dialogo, non sono però mancate negli ultimi tempi accuse agli “eurocrati” dell’Unione per il presunto utilizzo di “doppi standard” nei confronti dei paesi membri che il premier Orbán ha anche recentemente definito “inaccettabile”.
Rimpasto
Le decisioni di aprile della Commissione avranno un peso non irrilevante, in particolar modo sulle finanze dello Stato, dinanzi all’urgente necessità di avviare quanto prima i negoziati per una nuova linea di credito internazionale. Da queste dipenderà, molto probabilmente, anche il destino dell’attuale esecutivo. Non si esclude un possibile rimpasto della squadra di governo o, addirittura, la possibile sostituzione del premier Orbán con una figura più aperta alle esigenze delle istituzioni internazionali creditrici, in caso di accordo con il Fondo.

D’altra parte, l’Ungheria sconta ancora il peso di un passato che continua a dividere, con una società ed una classe politica ancora lontane dalla riconciliazione, una transizione molto impegnativa – soprattutto con la crisi attuale – e ancora non del tutto compiuta, ed un processo di integrazione europea con tempistiche finora molto ambiziose. Da questo punto di vista, ci si augura che l’appartenenza al comune progetto europeo aiuti il Paese a superare le difficoltà attuali e possa tradursi anche in uno strumento riconciliatore dei propri conflitti interni.

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