Migranti: Global Compact, negoziati al conto alla rovescia
Se ne parla da settembre 2016 e adesso siamo quasi al count down. Parliamo dei negoziati che porteranno alla definizione del Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration , e del Global Compact on Refugees: i primi accordi intergovernativi negoziati sotto l’egida delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di migliorare la governance delle migrazioni e organizzare la gestione multi-dimensionale della mobilità umana in modo globale e integrato. I negoziati in corso sulle due piattaforme, coordinate rispettivamente dall’Iom e dall’ UnHcr, sono il primo risultato tangibile della ‘Dichiarazione di New York per rifugiati e migranti’ siglata all’unanimità a settembre 2016.
Da allora, tuttavia, in quasi due anni di gestazione caratterizzati da tira e molla, fuoco amico e veti incrociati, la concordia è diventata una chimera, con buon pace degli endorsment di rito alla cooperazione rafforzata a livello globale. Epilogo che non sorprende dato che i temi sottoscritti nella Dichiarazione marcano una lista di arene su cui inevitabilmente si scontrano posizionamenti divergenti.
La concordia perduta strada facendo
“Proteggere la sicurezza, la dignità, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status migratorio e in ogni momento; sostenere i Paesi salvando, ricevendo e ospitando numeri significativi di rifugiati e migranti; integrare i migranti – indirizzando i loro bisogni e le loro capacità, nonché quelli delle comunità ospitanti – nei quadri e nella pianificazione dell’assistenza umanitaria e dello sviluppo; combattere la xenofobia, il razzismo e la discriminazione nei confronti di tutti i migranti; sviluppare, attraverso un processo guidato dallo Stato, principi non vincolanti e linee guida volontarie sul trattamento dei migranti in situazioni vulnerabili; e rafforzare la governance globale della migrazione, anche integrando l’Iom nella famiglia delle Nazioni Unite e attraverso lo sviluppo di un patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare”
Da aprile 2017, ognuno di questi punti ha scatenato serrati tour negoziali, cordate di interessi e gruppi di pressione che puntano a condizionare il rapporto annuale che l’Alto Commissario per i rifugiati dovrà presentare all’ Assemblea generale di ottobre 2018 con l’obiettivo di chiudere il Patto sulle politiche globali e nazionali per i prossimi decenni. Testo che successivamente dovrebbe essere adottato dall’Assemblea generale durante la conferenza intergovernativa sulle migrazioni internazionali prevista nel dicembre 2018 in Marocco.
La defezione degli Usa …
Condizionale d’obbligo, visto che la questione sta già sollevando defezioni di peso come quella degli Stati Uniti e turbolenze crescenti nell’Unione europea fiaccata dal dibattito sulla riforma del Sistema Asilo. A soli due mesi dalla sottoscrizione della Dichiarazione di New York, con una nota a sorpresa i rappresentanti di Washington alle Nazioni Unite hanno informato il segretariato generale delle Nazioni Unite che gli Stati Uniti avrebbero abbandonato il negoziato sul Global Compact on Migration.
Piattaforma strenuamente voluta dall’ Amministrazione Obama e diventata “incoerente con i principi di immigrazione dell’Amministrazione Trump”. “Le nostre decisioni sulle politiche migratorie devono sempre essere prese dagli americani e solo dagli americani. Decideremo il modo migliore per controllare i nostri confini e chi sarà autorizzato ad entrare nel nostro Paese. L’approccio globale nella Dichiarazione di New York non è semplicemente compatibile con la sovranità degli Stati Uniti “.
Un epitaffio – quello lanciato dal rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite Nikki Haley – che restituisce fedelmente il polso delle priorità dell’Amministrazione Trump alle prese con le elezioni di midterm di novembre.
… e le turbolenze nell’Ue
E poi c’è l’Unione europea, attore evidentemente centrale nel dibattito sulle migrazioni, ma che, ad oggi, non ha ancora reso noto se a partecipare ai negoziati sarà il Consiglio dei Ministri, il Servizio europeo per l’Azione esterna o la DG responsabile per gli Affari Interni e l’Immigrazione. L’ultimo atto sul tavolo risale a marzo, quando la Commissione ha chiesto al Consiglio l’autorizzazione ad approvare a nome dell’Unione il Global Compact sull’Immigrazione.
Richiesta rimasta inevasa nell’ultimo Vertice di marzo e su cui è atteso un pronunciamento nel Vertice attesissimo del prossimo 20 giugno, lo stesso in cui i 27 dovrebbero decidere sulla riforma del Sistema Dublino. Sebbene la Commissione abbia segnalato che “nell’interesse dell’Unione è di fondamentale importanza preservare l’unitarietà della posizione dell’Ue per garantire che il testo definitivo del patto globale sulla migrazione sia in linea con l’acquis e con la politica dell’Ue”, ad oggi i 27 faticano a trovare una visione comune.
I Paesi del Gruppo Visegrad, Ungheria in testa, preoccupano non poco. Gli input inviati da Budapest al segretariato generale delle Nazioni Unite non hanno infatti mancato di declinare in termini sovranistici la questione: “Siamo convinti che l’elaborazione del futuro Global Compact, che non avrà effetti giuridicamente vincolanti, resterà una procedura guidata dallo Stato, mentre l’attuazione dei principi e degli impegni in esso concordati potrebbe essere completata da un meccanismo di revisione che non porterebbe alla creazione di alcuna nuova struttura”.
Dichiarazione condivisa da diversi Paesi dell’Est e che rischia di depotenziare tanto il commitment europeo volto alla definizione unitaria di “un quadro per la revisione delle procedure di attuazione” quanto il tavolo dei negoziati aperti internamente sulla riforma del sistema comune di asilo europeo attesa per il prossimo giugno