Libia: Italia in disparte, la Russia consolida l’influenza
L’instabilità della Libia pone l’Italia davanti ad una serie di sfide. Tra le questioni legate alla sicurezza, all’energia e agli interessi geopolitici, è il tema delle migrazioni il più delicato, con un impatto significativo sull’opinione pubblica e sugli sviluppi politici del nostro Paese.
Diversi governi si sono scontrati con la questione e hanno tentato di compensare la limitatezza dei mezzi italiani, incapaci di influenzare le dinamiche locali in Libia, sostenendo il governo di Tripoli appoggiato dalle Nazioni Unite, approvando un ristretto supporto militare e una missione di addestramento nella Libia occidentale e rivolgendosi agli alleati extraeuropei per farsi riconoscere un ruolo di primo piano nel Paese nordafricano.
Mentre i governi Renzi e Gentiloni tendevano a guardare alla Casa Bianca di Obama per ottenere il suo sostegno, altri – incluso l’attuale esecutivo di coalizione costituito dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle (M5S) – si sono rivolti a Mosca. Senza mai rinunciare al sostegno di Washington, e minacciata dal crescente coinvolgimento della Francia di Emmanuel Macron, l’Italia ha osservato attentamente la Russia rafforzare la sua influenza in Libia.
L’equivoco sulle posizioni in campo
La politica italiana si è impegnata principalmente a sostenere il processo diplomatico promosso dall’Onu e il governo di accordo nazionale (Gna) con sede a Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj, che si oppone al generale libico Khalifa Haftar, capo dell’esercito nazionale di liberazione con base nella Libia orientale. Dal 2015, l’amministrazione di Sarraj è riconosciuta dalle Nazioni Unite come l’unico governo legittimo della Libia e l’Italia ha di conseguenza insistito affinché esso sia il principale interlocutore nei negoziati con il Paese nordafricano.
Tuttavia, Sarraj e il governo di accordo nazionale non riescono ad avere pieno controllo sulla Libia occidentale. Sebbene sia stato ingenuo aspettarsi che il Gna potesse farsi carico dei flussi migratori e allo stesso tempo cercare di ripristinare sicurezza e controllo sull’intero territorio libico, l’Italia ha continuato a privilegiare i rapporti con Sarraj, scommettendo sul successo del processo diplomatico guidato dall’Onu e sul rafforzamento del Gna.
Troppo impegnata a sostenere il piano di pace promosso dalle Nazioni Unite e a consolidare il proprio ruolo di guida in Europa sul dossier libico, Roma sembra aver sottovalutato, o frainteso, gli interessi di altri attori regionali e internazionali. Questo è vero per quanto riguarda Washington e Parigi, ma lo è anche e forse di più per quanto riguarda Mosca. L’Italia non è riuscita a capire che la Russia aveva propri interessi politici in Libia. In effetti, il Cremlino, pur riconoscendo nominalmente il governo di accordo nazionale e sostenendo il piano di pace targato Onu, ha coltivato stretti contatti (e probabilmente una cooperazione) con il generale Haftar.
La Libia è stata tradizionalmente uno dei partner più importanti della Russia in Africa e prima del 2011 Gheddafi era stato il principale acquirente di armi russe. Oggi, dopo una breve pausa, la Russia sta lentamente riguadagnando un’influenza importante nel paese nordafricano.
L’offensiva su Tripoli e il naufragio della risoluzione Onu
Nell’imminenza dell’attuale escalation in Libia, la Russia ha mantenuto contatti con entrambe le fazioni. Tuttavia, alle Nazioni Unite, Mosca ha bloccato una risoluzione che chiedeva al generale Haftar di fermare la sua offensiva su Tripoli. Il Cremlino ha poi deciso di rilasciare una propria dichiarazione, rifiutandosi di sottoscrivere l’invito congiunto a cessare il fuoco di Italia, Francia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti. La decisione di bloccare la risoluzione Onu ha confermato quindi la tesi secondo la quale Mosca vorrebbe aiutare Haftar ad accumulare ulteriore credito su un eventuale accordo diplomatico.
Tre giorni dopo il veto del Cremlino sulla risoluzione, Haftar ha visitato Mosca. Le voci di una cooperazione militare tra il generale e la Russia risalgono al 2016, quando Haftar incontrò il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e chiese il suo sostegno militare.
In cambio, Haftar promise di stabilire due basi militari russe nella Libia orientale, a Bengasi e a Tobruk. Il Cremlino rifiutò la proposta di Haftar, sostenendo che qualsiasi cooperazione sarebbe stata possibile solo dopo aver raggiunto un accordo politico in Libia. Ciò nonostante, compagnie militari private, come il Wagner Group e l’Rsb Group, hanno iniziato a operare nela Paese nordafricano. Non a caso, durante una visita del 2018 a Mosca, Haftar ha incontrato il ministro della Difesa russo Sergey Shoygu e Yevgeny Prigozhin, proprietario del Wagner Group. Il giornale russo Novaya Gazeta ha pubblicato online il video dell’incontro.
Intreccio di interessi
Nel marzo 2019, il Telegraph ha inoltre riportato la presenza a Bengasi di 300 mercenari russi del Wagner Group che avrebbero prestato assistenza ad Haftar. “Stanno cercando di assicurare i porti d’alto mare di Tobruk e Derna alla flotta russa e, se prendono controllo dell’industria energetica libica, potrebbero anche controllare il flusso di petrolio verso l’Europa meridionale “, ha detto una fonte del governo britannico. Nel 2018, un quotidiano russo ha riferito che Mosca aveva inviato truppe nella Libia orientale, citando una fonte vicina al ministro della Difesa.
Alcuni analisti ritengono che la consegna di armi russe ad Haftar possa essere stata effettuata tramite intermediari, come l’Egitto o gli Emirati Arabi Uniti, al fine di proteggere Mosca dalle accuse di violazione dell’embargo sulle armi in Libia. Al Jazeera ha anche riferito che due velivoli Ilyushin 76 di fabbricazione russa hanno attraversato Egitto, Israele e Giordania prima di atterrare nelle basi militari controllate da Haftar lo scorso aprile. Inoltre, ci sono state segnalazioni di soldati libici fedeli ad Haftar curati in ospedali russi e addestrati in Russia.
Dall’inizio della campagna militare in aprile, la Russia sembra essersi apertamente schierata a fianco di Haftar in Libia, anche se rifiuta di ammetterlo in via ufficiale. Mosca ritiene che la stabilità in Libia sia meglio garantita da un governo autocratico e da un leader con esperienza militare. Inoltre, per il Cremlino, Haftar è colui che garantirà la presenza militare, economica ed energetica russa nel Paese (nel 2017, per esempio, Rosneft ha firmato un accordo con la compagnia petrolifera nazionale libica per partecipare all’estrazione del petrolio).
Da Palermo il rafforzamento di Haftar
L’Italia sembrava pensare che la Russia potesse aiutare ad attenuare l’avversione di Haftar al piano di pace sostenuto dall’Onu. Quando nel novembre 2018 il premier italiano Giuseppe Conte convocò una conferenza sulla Libia a Palermo, Roma cooperò strettamente con la Russia al fine di convincere il riluttante Haftar a partecipare e ad incontrare il rivale Sarraj. La conferenza, tuttavia, non ha fatto che consolidare il ruolo di Haftar, dando ulteriore rilievo alla sua posizione internazionale. In questo modo, anche l’Italia ha indirettamente rafforzato la posizione del Cremlino nel Mediterraneo, marginalizzando la sua stessa politica di supporto al Gna in Libia.
Mentre l’assalto di Haftar a Tripoli continua e gli Stati europei sembrano incapaci di raggiungere una posizione comune, la Russia è emersa come un attore importante nel Paese nordafricano. Con investimenti e propaganda minimi, Mosca ha guadagnato un’influenza significativa su ogni sforzo diplomatico compiuto nel Paese nordafricano, rafforzando la sua posizione e ottenendo probabilmente più autorità di quanta non ne avesse nel 2011.
L’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti dovranno adattarsi a questa realtà. Tali attori dovranno raddoppiare i loro sforzi per raggiungere posizioni condivise sul conflitto, mettendo da parte interessi particolari e la concorrenza miope che hanno finora deteriorato la posizione dell’Europa e permesso alla Russia di tornare in Libia e consolidare la sua posizione nei settori della sicurezza, economico e diplomatico.
Foto di copertina © Giuseppe Ciccia/Pacific Press via ZUMA Wire
Traduzione dall’originale in inglese a cura di Flavia Clementi.