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Premio IAI

Democrazia in Europa: riti del potere e riforma popolar-digitale

20 Set 2019 - Giovanni Tremontini - Giovanni Tremontini

Dagli inizi delle civiltà la comunicazione e la diffusione di ordinanze e decreti, ma anche di opinioni e notizie, sono sempre state cruciali per gli Stati. Tuttavia, in questa prospettiva viene quasi sempre considerato solo il rapporto tra privati, ossia quello tra cittadino e cittadino, mentre viene di solito tralasciato il rapporto tra cittadino e Stato.

Lo Stato, inteso qui come apparato burocratico statale che permette il funzionamento della moderna democrazia, ha nel rapporto con i cittadini il suo vero nervo che, se corroso, costituisce una criticità.  La crisi delle democrazie liberali odierne è infatti in parte scaturita dalla distanza che le folle percepiscono tra la classe politica e loro stesse, tra la farraginosa e malfunzionante macchina statale e le proprie istanze: questa è la causa del disinteressamento dei cittadini alla Res Publica.

Quando, infatti, il sistema politico si basa, per definizione, sulla partecipazione dei cittadini al sistema di gestione del potere, se l’interessamento e la partecipazione vengono a mancare, il sistema crolla. Eppure è proprio nel rapporto cittadino-Stato che si rinnova la fiducia nella democrazia,  ed è proprio qui, come nel rapporto tra vari organismi statali (Stato-Stato), che il digitale può giocare un ruolo chiave per le democrazie del futuro.

Difatti, se da un lato abbiamo avuto esempi di innovazioni tecnologiche utilizzate per diffondere idee illiberali o scettiche nei confronti della democrazia, sta a noi sfruttare le nuove tecnologie per far comprendere a tutti i principi che ispirano il processo democratico, tenendo a mente che il digitale, in quanto mezzo, non è né positivo né negativo.

Virtuale o reale: l’una non vale l’altra
Tuttavia, agevolare le funzioni della democrazia tradizionale non è da intendersi come un invito allo sconvolgimento del sistema corrente: affermare che il digitale debba subentrare nella gestione dello Stato per renderlo più vicino al cittadino non lascia adito né ad una modifica dei sistemi di votazione, né all’abbattimento della democrazia rappresentativa parlamentare.

Ci sono, ad onor del vero, persone che vorrebbero mischiare questi due ambiti, confondendo democrazia virtuale con democrazia reale, e ritengono che qualunque votazione ed espressione di volontà online, anche senza regole e senza garanzie di autenticità e segretezza del voto, sia valida quanto un’elezione o un referendum “tradizionale”. Essi pensano si stia riaprendo la strada verso l’originaria democrazia popolare, senza intermediazioni o rappresentanti, ed errano sotto due frangenti: il primo concernente la questione in sé ed i suoi meccanismi erronei, il secondo riguardante le implicazioni etiche di tale metodo.

Confutazione pratica e confutazione etica
In prima istanza difatti, questo procedimento di votazione delle leggi in uno Stato creerebbe problemi sia di possibili invalidazioni di voto (hacking, errori del sistema, e così via), sia di competenze; nel modello cui i propugnatori di questa idea si rifanno, lo svolgimento delle procedure di voto era efficiente poiché gli abitanti con cittadinanza, e quindi diritto di voto, erano pochissimi e le materie oggetto di voto non richiedevano conoscenze avanzate come quelle odierne.

La seconda è una questione di principio, nel senso più nobile: la democrazia odierna e rappresentativa ha procedure e rituali.

Così come in una monarchia le incoronazioni, i matrimoni ed i decessi dei regnanti scandiscono politicamente gli anni, così come nelle dittature le parate e le celebrazioni del leader mostrano il nerbo e l’essenza, in questo caso negativa, del regime, la democrazia si rigenera ed esprime i suoi valori universali nella votazione e nei seggi. È un rito continuo, perpetuato, minuzioso, del cui cerimoniale noi nemmeno ci accorgiamo, e che è addirittura divenuto per molti simbolo del passaggio alla maggiore età, passaggio che era prima affidato ad altri istituti, religiosi o sociali.

Tra le varie forme di democrazia quella parlamentare è poi la più bisognosa e ricolma di spiritualismo e simbologia: l’emiciclo (o le due schiere opposte come nel Parlamento del Regno Unito), la Costituzione, l’opposizione, i disperati tentativi dei presidenti delle Camere di richiamare l’ordine durante le bagarre, sono le intime fondamenta del parlamentarismo.

Il nostro dovere è pertanto quello di utilizzare il digitale per dare nuova linfa al sistema democratico e renderlo più vicino ai cittadini, riconoscendo comunque allo stesso tempo la necessità di una delegazione per la legiferazione a soggetti specifici (idealmente e possibilmente) competenti, criticabili, destituibili e rieleggibili.

Educare a comprendere
La democrazia si trova, e si troverà sempre di più ad aver a che fare con un mondo rapido e dovrà saper avvicinarsi alle persone in quanto Stato, rendendosi più trasparente e più comprensibile. La spinta innovatrice per una maggiore trasparenza però, non può con tutto ciò essere svincolata da un investimento sull’istruzione; in particolare sull’educazione civica e sull’educazione digitale. A cosa giova appunto una comunicazione più efficiente se non si comprende il messaggio?

La volontà di migliorare il rapporto Stato-cittadino deve essere infatti bilaterale, rendendo da un lato le istituzioni semplici e comprensibili, chiare ed inclusive, ma dall’altro ci si deve incentrare anche su come fornire ai cittadini gli strumenti per interpretare la macchina statale che, per quanto semplificabile, avrà sempre. per natura, un funzionamento complesso, poiché complessa è la gestione dello Stato.

È vero che, per riprendere una celebre affermazione di Umberto Eco, “i social hanno dato diritto di parola a legioni d’imbecilli” attraverso tutto il globo ed alcune forze politiche tentano di cavalcare questo sentimento di distacco tra apparato statale e società civile; tuttavia, se la democrazia saprà abbracciare il mondo digitale e le sue innovazioni, senza snaturarsi e rimanendo salda sui suoi principi e rituali, se farà comprendere ai propri cittadini la necessaria complessità dello Stato rendendosi nel contempo anche più aperta, allora questa folle, audace e visionaria idea potrà continuare ad andare avanti.
 
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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967

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