IAI
OSSERVATORIO IAI/ISPI

La nuova stagione dei rapporti Italia-Ue

18 Giu 2020 - Silvia Colombo, Ettore Greco - Silvia Colombo, Ettore Greco

C’è un dato che colpisce, più di altri, nell’indagine d’opinione IAI-Circap 2020, appena pubblicata, sugli orientamenti e le percezioni degli italiani in materia di politica estera: l’aggravarsi della crisi di fiducia nei confronti dell’Unione europea. L’indagine, che è basata su interviste realizzate a fine aprile su un campione rappresentativo della popolazione di nazionalità italiana residente nel nostro Paese, registra quest’anno, per la prima volta, una maggioranza relativa (48%) favorevole, in caso di referendum, all’uscita dall’Ue. Nel 2017 i favorevoli all’”Italexit” erano molto meno (31%).

L’impatto dell’emergenza coronavirus
Indubbiamente questo dato riflette, in larga misura, la profonda insoddisfazione degli italiani per come l’Unione ha affrontato l’emergenza sanitaria e per quella che è stata percepita come una mancanza di solidarietà fra gli Stati membri. Non solo il sondaggio IAI-Circap, ma anche sondaggi più recenti, compreso l’ultimo pubblicato da Eurobarometro, segnalano che gli italiani sono, tra i 27, di gran lunga i più insoddisfatti per l’operato dell’Ue in risposta a questa crisi.

Questo potrebbe anche essere visto come un fattore contingente, legato all’emergenza Covid-19 e in particolare ai tentennamenti e alle accese discussioni che hanno caratterizzato la risposta dell’Ue alle crisi sanitaria ed economica nelle settimane in cui è avvenuta la rilevazione demoscopica.  In altre parole, è possibile che si assista, prima o poi, a un’inversione di tendenza.

Va notato, tuttavia, che, nel caso della crisi finanziaria e del debito sovrano, ci è voluto molto tempo prima che si registrasse in Italia un recupero di fiducia nell’Ue – dato peraltro soltanto parziale. Non basta che l’Ue prenda decisioni di interesse collettivo, come sta faticosamente facendo, e che attui, come si spera accada, quello che ha deciso; è cruciale che migliorino anche le condizioni materiali dei cittadini, che invece, secondo molte previsioni, potrebbero peggiorare nei prossimi mesi.

Ragioni di più lungo periodo
Ci sono però altre ragioni, un po’ meno contingenti, che spiegano questo malcontento nei confronti dell’Ue. Come evidenzia il sondaggio, il 70% degli italiani pensano di essere discriminati in Europa.

Qualche motivo per questo malcontento c’è. Il nostro Paese ha sempre auspicato una maggiore solidarietà nella gestione dei flussi migratori. Inoltre, è diffusa la percezione che durante la crisi finanziaria l’Italia abbia ricevuto dall’Ue un sostegno insufficiente e tardivo. Ma non si può ignorare che questo sentimento di insoddisfazione e sfiducia e l’idea, molto radicata, che l’Europa ci maltratti nascono anche da rappresentazioni distorte, scorrette o strumentali di come funziona l’Ue, delle sue regole, e delle reciproche responsabilità tra i vari livelli di governo.

L’Ue da “vincolo esterno” a panacea
Da qualche tempo, inoltre, il nostro dibattito politico e mediatico è dominato da una polemica costante verso alcuni nostri partner europei, in particolare Francia e Germania, anche laddove ci sono – come si è visto di recente – ampi spazi di convergenza per iniziative comuni capaci di incidere sugli equilibri politici all’interno dell’Ue. Emblematico l’antagonismo, spesso pretestuoso, verso la Francia di qualche mese fa, che presumibilmente non ha mancato di lasciare il segno nell’opinione pubblica italiana.

Infine, prevale spesso un’idea assistenzialistica dell’Ue, da cui ci aspettiamo che risolva problemi che invece chiamano in causa, in primo luogo, le nostre responsabilità nazionali. Dovremmo invece abituarci all’idea che, per esempio, in campo economico, non ci sono “pranzi gratis”, né la Banca centrale europea è la gallina dalle uova d’oro, come Mario Draghi, per primo, non si è stancato di spiegarci.

Queste rappresentazioni dell’Ue, che sono un po’ l’opposto speculare del vecchio “vincolo esterno“, creano contraccolpi, generano inevitabilmente delusioni e, quel che più grave, offrono pretesti ai nostri decisori politici per deresponsabilizzarsi.

Fase nuova
Ora siamo però in una fase nuova. Per il governo, che finora ha goduto di un ampio consenso – oggi è attorno al 60% – sarà più dura. Ma è una fase che, grazie alle nuove iniziative assunte dall’Ue, offre l’opportunità di impostare il dibattito politico su nuove basi che permettano di mettere in luce le peculiari responsabilità e, insieme, le potenzialità nazionali nel quadro dei progetti europei.

L’obiettivo strategico è di disporre di meccanismi efficaci di intervento e di solidarietà reciproca. Il progetto del Next Generation EU Initiative, di cui si discuterà nel prossimo Consiglio Europeo, può aprire questa prospettiva. A questo riguardo, è incoraggiante che gli italiani siano in maggioranza favorevoli, come risulta da diversi sondaggi, al ricorso alla nuova linea di credito, senza condizioni, del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), ed esprimano apprezzamento per il Next Generation EU. È una significativa apertura di credito verso l’Ue, che è augurabile trovi adeguato riscontro.

Oggi è in voga parlare di “progettazione del futuro“. Quello che ci serve è un progetto di rinnovamento e riforma sia per l’Italia che per l’Europa. Il successo dell’uno dipende, in larga misura, da quello dell’altro. Tenere nel dovuto conto questo legame ineludibile aiuterebbe non poco ad elevare la qualità del dibattito pubblico sui nostri rapporti con l’Europa.

Questo articolo è stato pubblicato nell’ambito dell’Osservatorio IAI-ISPI sulla politica estera italiana, realizzato anche grazie al sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le opinioni espresse dall’autore/autori sono strettamente personali e non riflettono necessariamente quelle dell’ISPI o del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.