IAI
Tech e sorveglianza nel libro di Pieranni

La società del futuro in Cina è già presente

21 Giu 2020 - Francesca Ghiretti - Francesca Ghiretti

Lo storico Paul Kennedy nel suo rinomato libro “Ascesa e Declino delle Grandi Potenze” mostra in modo dettagliato le dinamiche che portano nazioni ad accrescere il proprio potere e poi a perderlo. In questi scenari, le rivoluzioni industriali giocano spesso il ruolo di motore dei cambiamenti: chi è riuscito a primeggiare nello sviluppo delle ultime tecnologie disponibili ha in passato ottenuto una posizione di vantaggio nei confronti degli altri attori.

Ci troviamo ora nel mezzo della quarta rivoluzione tecnologica e la partita rimane aperta. Tuttavia, la corsa tecnologica, insieme ad altri fattori, ha portato all’inasprimento delle relazioni tra l’attuale beneficiario delle passate rivoluzioni industriali, l’Occidente, e il nuovo competitore, la Cina.

Pechino ha velocemente recuperato terreno e si è posizionata come candidato favorito a guidare questa rivoluzione tecnologica, favorito ma non ancora sicuro. Infatti, l’Occidente non sembra incline a cedere la propria posizione di privilegio, ma se lo stacco nei confronti della Cina dovesse diventare troppo ampio, recuperare sarebbe difficile.

Non sorprende, dunque, che diversi studi siano emersi con l’obiettivo di valutare l’effettivo stato dello sviluppo tecnologico in Cina e in Occidente. Eppure, continua a mancare un reale senso di quanto la tecnologia sia permeata nella vita quotidiana cinese e di quanto questa differisca dalla nostra realtà.

Il libro
Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina” di Simone Pieranni ci permette di sbirciare nella quotidianità della Cina odierna. Attraverso una narrazione semplice ma ricca di dettagli, il Paese viene descritto per ciò che è e non per come l’immaginario comune la vorrebbe. Un Paese con profonde contraddizioni, ma proiettato in un futuro lontano da noi, quasi distopico. Nel futuro-presente della società cinese, lo smartphone è diventato elemento fondamentale di sopravvivenza: se pensavamo che la nostra società fosse eccessivamente dipendente dai cellulari, vediamo ora come tutto viene fatto esclusivamente con il telefono, o meglio con WeChat: un’applicazione che sfonda i propri limiti diventando quasi un sistema operativo, un mezzo senza il quale è impossibile condurre una normale esistenza.

Pieranni ci racconta di un mondo ad alta intensità tecnologica, dove giganti della tecnologia combattono in uno spietato mercato interno. Perciò dovrebbe stupire poco che una volta usciti dal mercato interno ed affacciatisi su quello internazionale, questi continuino a combattere strenuamente per aggiudicarsi una posizione di sempre maggiore importanza.

Fra smart cities e “rieducazione”
La Cina ha imparato proprio dagli Stati Uniti come ottimizzare le condizioni per sviluppo di nuove tecnologie. Ha creato cluster che premettessero uno spillover di conoscenza e i suoi lavoratori hanno internalizzato le lezioni dell’ipercapitalismo americano. I giovani cinesi lavorano due, tre volte tanto i coetanei occidentali, vivono per il lavoro. Coloro che sono familiari con la Silicon Valley saranno tutt’altro che sorpresi nel leggere di materassi sotto le scrivanie e orari di lavoro che ignorano l’esistenza del fine settimana. Ma questi lavoratori usciti dalle migliori università non sono gli unici a sentire il peso dello sviluppo cinese: essere la fabbrica del mondo ha un reale costo umano e a pagarlo sono soprattutto gli operai.

Riconoscimento facciale, impronte vocali, codici Qr per accedere a uffici e abitazioni sono già realtà in Cina. Realtà destinata a diventare sempre più pervasiva nelle smart cities di domani, un domani che assomiglia più all’oggi in Cina e che permette alla Cina di fare da maestra. Il futuro sviluppo di questi complessi cittadini dipenderà anche dal famoso 5G che dovrebbe cambiare radicalmente il nostro modo di vivere e la nostra relazione con la tecnologia.

Se le smart cities suonano affascinanti e parte di un futuro quasi desiderabile, Pieranni condivide anche il lato meno accattivante di queste tecnologie, che culminano in metodi di sorveglianza estrema che permettono l’identificazione di un intero gruppo etnico al fine di arrestarlo e “rieducarlo”, come nel caso degli uiguri in Xinjiang.

Privacy, investimenti e Usa
Tornando alla competizione tecnologica, in “Red Mirror” si percepisce la fatica di alcuni campioni tecnologici occidentali a stare al passo con la realtà cinese. La “spina nel fianco” dell’Occidente resta nella necessità di rispettare la privacy dei propri cittadini. Tutte questioni che in Cina non si pongono: le compagnie e il governo cinese giocano la partita con un vantaggio immenso, perché hanno accesso a milioni e milioni di dati che possono essere analizzati e poi utilizzati nei modi più vari.

Simone Pieranni ci chiarisce un dubbio: se la vittoria della corsa tecnologica si basasse su quale società sia più tecnologicamente avanzata, dovremmo sventolare bandiera bianca. Dopotutto, l’ammontare di investimenti che la Cina ha dedicato alla ricerca e allo sviluppo tecnologico farebbe arrossire qualunque altro attore globale, Stati Uniti inclusi.

Eppure, l’incredibile progresso tecnologico interno non basta a garantire alla Cina la guida della quarta rivoluzione industriale. La crescente ostilità americana e le aspre conseguenze economiche portate dalla pandemia sono solo alcuni degli elementi che possono sbarrare la strada alla Cina e impedirle di vincere la gara. A questo punto, tuttavia, rimane da capire chi altro potrebbe occupare tale posizione, sempre che via sia un solo posto.