La nascita delle eco-city e l’utopia collettiva dell’urbanizzazione sostenibile
Quello che viviamo sembra essere l’anno della protesta: dai Fridays for the Future di Greta Thunberg alle manifestazioni di Black Lives Matter negli Stati Uniti, le strade stanno tornando ad essere il luogo in cui il confronto sociale e politico prende atto.
Nel corso dell’ultimo anno, le strade e i quartieri delle capitali europee sono tornati a ospitare i cittadini e i movimenti di coloro che hanno considerato necessario dimostrare la propria insoddisfazione verso l’esistente. Immagini forti e spesso in contraddizione con quella delle vie deserte durante il periodo di lockdown.
Il ruolo della città
Il fatto che la città sia ancora, in maniera indiscussa, il luogo di confronto e manifestazione prediletto da dimostranti e cittadini in generale è significativo: le città sono rimaste, ad anni di distanza dai movimenti di massa del ‘900, il luogo emblematico di “fabbrica sociale” in cui la modernità nasce, cresce e viene messa in discussione.
Gli eventi politici d’Europa devono far riflettere chi si occupa di studiare e capire la società sul ruolo fondamentale che i centri urbani giocano nel dare forma, orientare e ispirare l’immaginario e l’opinione dei propri abitanti, non solo nell’interpretazione dello status quo, ma anche nella valutazione di come questo debba essere cambiato.
Proprio come durante il Medioevo, le città sono il luogo dove l’informazione nasce e dove spesso questa si dirige, dove il libero pensiero trova più facile o più proficuo il proprio esercizio. Tommaso Moro scelse una città-isola per collocarvi la propria “Utopia” e, proprio come allora, direbbe l’antropologa Saskia Sassen, è nelle global city di oggi che nasce e cresce l’ambizione di sviluppare e proteggere la società ideale.
Come ha scritto Parag Khanna, “nel nostro mondo interconnesso le città sono al tempo stesso il cancro e la cura, virus e anticorpo. Dal cambiamento climatico ai temi della povertà e della disuguaglianza, le città sono il problema ed al tempo stesso la soluzione”. Qualsiasi sforzo per migliorare la convivenza degli uomini su questo pianeta, qualsiasi attività che miri a sviluppare un percorso di crescita sostenibile dovrà preoccuparsi di includere e governare le dinamiche delle città globali.
Le nuove eco-city e il paradigma alternativo
Oggi più che mai, il progetto per una società ideale deve includere un’idea di sostenibilità e resilienza e coniugare questi aspetti alla mobilità sociale e alla prosperità che derivano dalla crescita economica. È così che nasce il concetto di eco-city o, come già inteso dalla Banca Mondiale, di Eco2 city, il luogo dove economia e ambiente (economy and ecology) si sostengono e rafforzano il benessere dei cittadini.
Non è necessario attraversare il traffico di San Paolo del Brasile o studiare le inefficienze del ciclo dei rifiuti di Lagos in Nigeria per capire che, nella stragrande maggioranza dei mega insediamenti del nostro tempo, l’agglomerazione ha spesso un enorme costo in termini ambientali. Da sempre la crescita industriale è stata legata alla crescita della popolazione residente in aree urbane: economie di scala e i benefici della prossimità fanno sì che le catene di produzione e quelle di distribuzione si concentrino attorno ai grandi agglomerati, e inevitabilmente uno sviluppo di questo tipo risulta nella generazione di esternalità negative. Al tempo stesso, è ormai chiaro che il paradigma di un’economia mondiale guidata da una costante crescita nel consumo di combustibili fossili sia in radicale contrasto con l’aspettativa di un miglioramento del rapporto tra uomo e natura.
La speranza per le città del futuro deve essere la costruzione di un paradigma alternativo che, almeno in parte, tenti di minimizzare l’impatto negativo delle esternalità e trasformi l’agglomerazione in una fonte di vantaggio competitivo per la gestione dei problemi ambientali: da queto punto di vista, l’ambiente urbano presenta considerevoli potenzialità per quanto riguarda l’efficienza dei processi di produzione, attraverso la formazione di una forza lavoro sempre più specializzata e capace di minimizzare gli sprechi.
Nel mondo attuale quello che rende le città uniche è la concentrazione di capitale umano altamente specializzato e capace di generare idee innovative e in grado di conciliare l’efficacia dei prodotti all’efficienza dei processi. Usando le parole del Premio Nobel per l’economia Paul Romer, la giustapposizione – quasi platonica – del mondo degli oggetti (e, in termini economici, di prodotti e servizi) al mondo delle idee (intese come le molteplici modalità per creare nuove forme di valore aggiunto attraverso la combinazione dei prodotti esistenti) apre la possibilità di una crescita economica nuova, meno materiale e dipendente dal consumo delle risorse esauribili, dove generazione di nuove idee non debba necessariamente risultare in un’estensione della sfera materiale.
L’utopia colletiva
È proprio nella generazione di nuove idee che l’ambiente cittadino gioca la sua parte cruciale ed indispensabile: la prossimità degli abitanti garantisce interazione e amplifica lo spettro della creatività, aprendo nuove finestre per il superamento almeno parziale dei problemi di scarsità. In questo contesto, nell’ambiente cittadino convivono fenomeni tradizionali di sovra-consumo e di “tragedia” dei beni comuni, bilanciati però dai benefici e dalle possibilità della nascente sharing economy e dalle capacità di consumatori più responsabili di compiere scelte meno dannose per l’ambiente.
È così che nuove eco-city stanno nascendo, in diverse geografie e con approcci differenti e, soprattutto, con diversi esiti in termini di gestione partecipativa dei beni comuni e accesso equo alle risorse ambientali. Quello che conterà, in Europa e nel resto del mondo, sarà la capacità dei governi locali e nazionali di considerare le sfide ambientali nel contesto urbano non solo una questione meramente tecnica, ma come una sfida culturale e collettiva.
Proprio come per la città-stato pensata da Tommaso Moro, l’eco-city del futuro incarna l’ideale di utopia collettiva: non un obiettivo lontano e impossibile da raggiungere, ma uno stimolo costante al miglioramento dell’esistente.
Per tutto il mese di settembre, pubblichiamo alcuni estratti dei saggi dei finalisti della terza edizione del Premio IAI, l’iniziativa dell’Istituto Affari Internazionali rivolta ai neolaureati e agli studenti di università e scuole superiori.
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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967
Le posizioni contenute nel presente report sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale