IAI
G20 e sospensione del debito

Boccata d’ossigeno per le economie più fragili

17 Apr 2020 - Nicola Bilotta, Fabrizio Botti, Bernardo Venturi - Nicola Bilotta, Fabrizio Botti, Bernardo Venturi

Il 15 aprile i Paesi del G20 hanno raggiunto un accordo storico per la sospensione temporanea dei pagamenti al servizio del debito dei Paesi più poveri del mondo allo scopo di permettergli di utilizzare le risorse risparmiate per contrastare l’emergenza Covid-19. Mentre ogni Paese è concentrato a ridurre la pandemia a livello nazionale, questa decisione, rapida e tempestiva, rilancia il multilateralismo e la cooperazione internazionale. Si pensi soltanto che, secondo i dati di One, 64 Paesi al mondo (34 dell’Africa sub-Sahariana) spendono più per restituire il debito pubblico che per la sanità.

La sospensione, stimata sui 14 miliardi di dollari, sarà attivata dal primo maggio e durerà fino alla fine dell’anno, con la possibilità di un’estensione al 2021 previo coordinamento con il Fmi e la Banca Mondiale. I Paesi membri del G20 hanno anche invitato i creditori privati a valutare, volontariamente, una medesima risoluzione di sospensione. Questa misura beneficia i settantasei (40 dell’Africa sub-Sahariana) Paesi che possono ricevere assistenza dall’International Development Association della Banca Mondiale e che abbiano già dei debiti contratti con la Banca Mondiale e il Fmi.

Le principali Ong impegnate nella lotta alla povertà come Oxfam hanno accolto con favore la decisione, sottolineando anche che l’operazione andrebbe allargata a Paesi al momento esclusi, come, per esempio, Libano ed Ecuador.

Iniziativa G20: cosa significa per i Paesi più poveri?
La decisione – fortemente richiesta da governi e stakeholder africani – del G20 è maturata dopo che il gruppo G7 si era detto disponibile a sospendere i pagamenti se anche i Paesi G20 e le istituzioni finanziarie del Club di Parigi (l’organizzazione informale delle istituzioni finanziarie creditrici) avessero sostenuto una moratoria globale. Il giorno precedente all’invito del G7, il Fmi ha deciso di cancellare i pagamenti del debito ai suoi venticinque Paesi membri più poveri. Secondo alcune stime, la somma sarebbe di circa 214 milioni di dollari di cui i maggiori beneficiari sarebbero stati la Guinea, la Repubblica Democratica del  Congo e lo Yemen (tutti tre con circa 20 milioni di debito).

La fragilità dell’economie di questi Paesi potrebbe essere esponenzialmente colpita dall’emergenza Covid-19 se si considera che, già prima dello scoppio della crisi sanitaria, il Fmi aveva stimato che il debito pubblico lordo dei Paesi a medio e basso reddito avrebbe raggiunto il picco del 55,7% del Pil nel 2020. La pandemia ha solamente aggravato il problema della sostenibilità del debito: non solo per l’incremento dei costi sanitari, ma anche per il crollo delle entrate fiscali e commerciali, il congelamento dei mercati del credito e la fuga di capitali, che hanno reso estremamente oneroso, se non impossibile, il rifinanziamento dei debiti a scadenza.

L’Istituto per la finanza internazionale (associazione globale dell’industria finanziaria) ha stimato che nel solo mese di marzo 2020, $83 miliardi di capitali abbiano abbandonato i mercati emergenti per la crescente avversione al rischio degli investitori in cerca di un rifugio sicuro.

Nonostante l’iniziativa del G20 sia pregevole e risponda a una necessità immediata di liquidità dei governi debitori, rimane il dubbio che la sospensione dei pagamenti possa solo rimandare temporaneamente il problema della sostenibilità del debito e che, se gli effetti della crisi economica globale dovuta al Covid-19 si trascineranno ben oltre la risoluzione dell’emergenza sanitaria, i Paesi debitori potrebbero dover fare fronte a una crisi del loro debito già nel 2021.

I prossimi passi
La dichiarazione dei Paesi G20 ha invitato il Fmi a introdurre dei nuovi strumenti per fronteggiare la crisi, senza però un’indicazione esplicita del tipo di intervento da promuovere. Il Fondo ha una “potenza di fuoco” di circa un trilione di dollari, ma sembra che questo volume non sarà abbastanza per aiutare i Paesi durante questa emergenza, mentre più di 80 dei 139 Paesi membri hanno già fatto richiesta di supporto finanziario.

Secondo alcune indiscrezioni, gli Usa si sarebbero opposti a menzionare chiaramente nel comunicato la richiesta del G20 di ampliare la disponibilità del Special Drawing Rights (SDRs) del Fmi, come avvenuto nel 2009 con un’iniezione di 250 miliardi di dollari. Una delle funzioni del SDRs è di permettere agli Stati più fragili di accedere a liquidità di valuta estera senza dover vendere le proprie riserve. Se questo fondo venisse ampliato, si garantirebbe ai Paesi debitori di accedere ad una liquidità immediata.

Alcuni analisti hanno sottolineato che di una misura di questo tipo non ne beneficerebbero in modo significativo i Paesi che più ne avrebbero bisogno, perché se la distruzione avvenisse secondo le quote, 2/3 andrebbe ai Paesi creditori (su un nuova allocazione di $500 miliardi, per esempio, $87 miliardi andrebbero agli Usa). Ma, come suggerito dal Financial Times, anche se questa critica è realistica, i Paesi creditori che non necessitano urgentemente di queste ulteriori riserve potrebbero utilizzarle per creare un fondo straordinario per aiutare i Paesi più fragili a fronteggiare l’emergenza sanitaria, oppure potrebbero donarlo al Poverty Reduction and Growth Trust del Fmi.

Anche la Banca Mondiale ha dichiarato che si riunirà venerdì 17 aprile 2020 per decidere se introdurre una sospensione del proprio debito con i Paesi più poveri.

Ristrutturare il debito sovrano
Al fine di evitare che le risorse liberate dalla sospensione dei pagamenti per il debito vengano utilizzate per il rimborso dei creditori privati e sottratte alle spese sanitarie, è necessario che i finanziatori governativi facciano pressione sul settore privato.

La comunità internazionale è inoltre chiamata a trovare un accordo di lungo periodo per la riduzione permanente del peso del debito e a individuare un processo sistematico di ristrutturazione del debito sovrano per i Paesi più fragili, visto che le conseguenze economiche e sociali della pandemia andranno ben oltre il 2020 e condurranno a una recessione globale senza precedenti che può colpire duramente i Paesi economicamente più fragili