I tasselli mancanti nella cooperazione sulla difesa tra Roma e Londra
Lo scorso 1° maggio l’accordo sul commercio e la cooperazione tra il Regno Unito e l’Unione europea è entrato in vigore dopo un periodo di applicazione temporanea. Esso definisce la cooperazione tra i 27 Stati membri e Londra, ma non include clausole per la cooperazione in ambito di sicurezza e difesa, ad eccezione della sicurezza cibernetica.
Ciò inficia in modo più o meno preponderante i rapporti bilaterali tra Londra e le singole capitali Ue e, nel caso italiano, rischia di minare una collaborazione di lunga data, da sempre apprezzata e valorizzata da entrambi i Paesi.
La cooperazione tra Italia e Regno Unito nel settore della sicurezza e difesa comprende molti aspetti e si basa sulla condivisione delle politiche di difesa nell’ottica di un rafforzamento della Nato, sul dispiegamento di personale nelle stesse operazioni o missioni — si pensi ai Balcani, l’Afghanistan o l’Iraq — e comprende anche una cooperazione solida tra le rispettive forze armate e industrie della difesa.
La partecipazione dei due Paesi a consessi internazionali (Nato, G7, E2I, Occar, Loi/Fa) è certamente un punto a favore della continuità di collaborazione, ma l’assenza di specifiche regole del gioco crea dei vuoti normativi e/o regolamentali che possono generare un calo nella cooperazione, soprattutto in ambito industriale per la produzione, sviluppo ed export di equipaggiamenti. Questo settore rappresenta infatti un fiore all’occhiello nei rapporti tra Roma e Londra, iniziati a livello multilaterale con la produzione del Tornado, per passare poi all’Eurofighter Typhoon e al relativo sistema missilistico aria-aria Meteor e comprendere anche cooperazioni prettamente bilaterali come ad esempio quella sull’elicottero medio-pesante navale EH101.
Da un punto di vista industriale, i programmi portati a termini e quelli in corso hanno generato approcci e processi simili tra le industrie coinvolte, tanto da permettere la creazione di joint-venture di settore — prima per importanza Mbda — e l’apertura di siti industriali di Leonardo nel Regno Unito, che la rendono il secondo fornitore del ministero della Difesa britannico dopo Bae Systems.
Spazi di manovra europea…
Di fronte all’attuale quadro regolatorio europeo, una cooperazione nel settore della difesa e sicurezza con il Regno Unito è potenzialmente possibile e potrebbe rientrare nell’ambito della Pesco e dello European Defence Fund (Edf). Sebbene Londra non abbia mostrato finora interesse nella Pesco, l’accordo raggiunto a livello Ue permette al Regno Unito di prendere parte ai progetti in qualità di Paese terzo (come avvenuto di recente con gli Stati Uniti, ad esempio, ndr), sempre che soddisfi determinati requisiti e che apporti un considerevole valore aggiunto alla cooperazione.
La partecipazione di imprese europee controllate da Londra e/o di entità del Regno Unito è possibile in ambito Edf, ma con paletti ulteriori. Non sarà infatti consentito a imprese europee controllate da Stati terzi e/o entità di Stati terzi di reclamare il controllo di proprietà intellettuali sviluppate durante la cooperazione, a meno di approvazione da parte del Paese in cui esse siano stata prodotte. Inoltre, sono necessarie garanzie sull’indipendenza delle imprese di proprietà di soggetti extra-Ue da parte dello Stato sul cui territorio operano queste entità.
… e italiana
Come suggerito in un recente studio IAI, l’Italia potrebbe preparare il terreno per una collaborazione proficua in ambito europeo e allo stesso tempo apportare modifiche all’apparato legislativo nazionale per continuare a sfruttare le sinergie esistenti e le potenzialità di cooperazione settoriale al di fuori del quadro di riferimento Ue.
Sul primo aspetto, la definizione di una procedura specifica per le imprese italiane di proprietà d’Oltremanica che garantisca la possibilità di un loro accesso alle progettualità europee andrebbe a beneficiare l’intero comparto industriale italiano, con ricadute (in)dirette sulla base industriale nazionale.
Tuttavia, limitare la cooperazione tra i due Paesi alla cooperazione Ue significherebbe adottare una visione miope sui rapporti bilaterali esistenti, per il proseguimento dei quali è necessario procedere con la modifica di alcune disposizioni contenute nella legge 185/1990 sul controllo degli armamenti. La legge sull’export recepì la direttiva 2009/43/Ce sui trasferimenti intracomunitari dei prodotti per la difesa adottando un approccio restrittivo, con la conseguenza che senza un adeguamento normativo il trasferimento di questi prodotti tra Italia e Regno Unito potrebbe subire dei ritardi tali da poter far propendere la controparte britannica verso altri Paesi Ue in cui sono presenti minori vincoli.
L’importanza di un accordo
Infine, un ulteriore modo per preservare le relazioni bilaterali può essere rappresentato da un accordo quadro generale che preveda la sottoscrizione di ulteriori intese. Questa soluzione permetterebbe, almeno in un primo momento, di ovviare ai vincoli normativi e proseguire nella collaborazione settoriale; ma per continuare ad avere rapporti stabili e proficui nel settore della difesa e sicurezza è auspicabile l’inserimento di clausole ad hoc per il settore.
Al momento sono state gettate le basi per un accordo di cooperazione bilaterale tra i due Paesi, ma è necessario che si agisca a livello di sistema-Paese e su due binari paralleli – accordo quadro e revisione normativa — affinché il nostro Paese non venga relegato a fanalino di coda in una cooperazione da sempre proficua e stabile.
Foto di copertina ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI