IAI
Transito inoffensivo

Dal Mar Nero al Mediterraneo: la nuova Guerra Fredda navale

5 Lug 2021 - Fabio Caffio - Fabio Caffio

Il confronto navale svoltosi nelle acque territoriali del Mar Nero presenta analogie con quello in atto nel Mar della Cina. Alla base c’è una conflittualità giuridica (lawfare) a bassa intensità, alimentata da una certa ambiguità della Convenzione del diritto del mare (Unclos). Il fenomeno non è nuovo, ma ora ha riacquisito valenza strategica, evidenziando la flessibilità di impiego delle forze navali.

Nel Mediterraneo, durante la guerra fredda, la rivalità tra Urss e Nato è durata silenziosamente decenni. Ora la contrapposizione in mare è più aperta, ma riguarda anche la presenza cinese che assume il volto benevolo della Via della seta. L’Italia è coinvolta in pieno nella nuova situazione.

L’incidente del caccia britannico
Nel 1988 Stati Uniti e Urss arrivarono ai ferri corti a sud della Crimea (pressappoco dove si è verificato l’incidente del caccia britannico “Defender”): unità sovietiche speronarono navi Usa in transito nelle acque territoriali con rotte non autorizzate.

L’anno successivo i due Paesi raggiunsero un accordo per interpretare congiuntamente, in senso liberistico, l’Unclos relativamente al diritto delle navi da guerra di avvalersi, come i mercantili, del regime del transito inoffensivo. Si tratta del diritto di passaggio di cui godono le navi di tutti gli Stati attraverso il mare territoriale  straniero per attraversarlo senza entrare nelle acque interne. Il transito, che deve essere continuo e rapido, è qualificato inoffensivo se “non è pregiudizievole alla pace, al buon ordine o alla sicurezza dello Stato costiero”(Unclos 19, 1). Tra le attività vietate durante il passaggio l’Unclos indica le esercitazioni militari e l’intelligence.

L’intesa – conclusa in un momento in cui la potenza sovietica stava  declinando – era solo politica e comunque aveva un valore di principio che ha inciso poco sulla prassi internazionale. Alcuni Stati, persino nell’Adriatico, continuano a pretendere che il passaggio inoffensivo di navi da guerra straniere debba essere preventivamente notificato e/o autorizzato.

La posizione italiana
L’Italia è uno dei pochi Paesi che hanno apertamente contestato tale applicazione restrittiva dell’Unclos depositando alle Nazioni Unite, sin dal 1984, questa dichiarazione: “Nessuna delle disposizioni della convenzione, che corrispondono in questa materia al diritto consuetudinario internazionale, può essere considerata come autorizzante lo Stato costiero a far dipendere il passaggio inoffensivo di particolari categorie di navi straniere dalla preventiva notifica o consenso”.

La questione s’inquadra nell’ambito più vasto del contrasto ai tentativi degli Stati costieri di limitare le attività navali nelle zone di propria giurisdizione, questione che da quarant’anni agita le acque dell’Unclos e preoccupa Stati Uniti e membri Nato.

Per questo il nostro Paese – che assunse  una posizione simile riguardo al regime delle zone economiche esclusive – è uno dei principali assertori della libertà di navigazione e della connessa mobilità delle Forze navali nel G7 al fianco degli Stati Uniti. Washington, benché non abbia ancora ratificato l’Unclos, conduce  su scala mondiale, ed in particolare nel Mar della Cina,  attività di contrasto delle pretese marittime eccessive con il Freedom of Navigation Program.

L’incidente del cacciatorpediniere britannico “Defender” nelle acque del Mar Nero (Fonte BBC)

La peculiarità del Mar Nero
Il Regno Unito, nel riferirsi alle proteste russe per il transito della sua unità al di fuori di zone consentite durante la navigazione da Odessa alla Georgia, ha parlato di esercizio del transito inoffensivo attraverso le acque territoriale ucraine.

Al di là di specifici aspetti giuridici, emerge quindi il problema internazionale dell’annessione della Crimea ucraina da parte russa (illegittima alla luce della Risoluzione 68/262 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite) che riguarda anche lo status del Mar di Azov.

Sembra dunque questo il fine principale di un episodio che riafferma comunque un ritrovato ruolo “imperiale” della Royal Navy. In parallelo deve registrarsi un rilancio della Nato, che con unità olandesi ha condotto analoga attività durante  un’operazione cui hanno partecipano unità ucraine. Anche la nostra fregata “Virginio Fasan”, nella stessa occasione, ha mostrato bandiera in prossimità della Crimea.

Le tensioni nel Mediterraneo
Tutto lascia intendere come il gioco sia diventato duro in Mar Nero in modo non dissimile dal Mar della Cina, dove presto la tensione potrebbe salire, una volta che sia operante la task force a guida statunitense cui dovrebbe aderire anche l’Italia.

Il nostro Paese, quale membro di Nato e G7, non può certo stare a guardare. Ma anzi deve prepararsi a gestire nel Mediterraneo una nuova guerra fredda navale in cui i russi si troveranno dalla stessa parte dei cinesi.

Occorrerà vigilare attorno alle coste italiane, come si faceva in passato, per evitare intrusioni straniere tenendo conto che  insediamenti commerciali cinesi in porti italiani potrebbero essere una minaccia: non è un caso che Pechino guardi con interesse a Taranto dove c’è la nostra più importante base navale, a disposizione anche della Nato.

Foto di copertina EPA/VASIL GEDENIDZE/BRITISH EMBASSY IN GEORGIA