Globalizzazione e multilateralismo: la posta in palio dopo il Covid-19
Qual è stato l’impatto della pandemia di Covid-19 sui due elementi caratterizzanti delle relazioni internazionali, globalizzazione e multilateralismo? Prendendo in considerazione l’emblema della globalizzazione odierna, ovvero le catene di valore globale (Gvcs – Global Value Chains) che distribuiscono le fasi produttive in molteplici regioni del mondo, la pandemia ha inferto un duro colpo.
A causa dell’interruzione nella produzione di dispositivi di protezione personale in Cina a inizio 2020, nei mercati serviti dall’offerta cinese questi beni essenziali sono mancati nel momento in cui il virus cominciava a diffondersi. La dipendenza di alcuni Paesi dalla produzione manufatturiera estera è stata così esposta, portando alcuni governi a dichiarare di voler riportare questi processi industriali all’interno dei propri confini (reshoring) per poter meglio affrontare crisi future. In aggiunta alle tensioni geopolitiche e la chiusura dei confini durante la pandemia, alcuni osservatori hanno ritenuto questi eventi l’inizio della fine della globalizzazione.
Una ripresa rassicurata, ma a filiera corta
Ciononostante, la globalizzazione non è scomparsa: dopo una caduta nel primo semestre 2020, gli scambi commerciali globali hanno raggiunto i livelli pre-Covid nell’ottobre 2020. Ci sono chiari motivi per cui i Gvcs, quindi la globalizzazione, continueranno ad esistere. Decidere di delocalizzare parte della propria produzione comporta significativi investimenti materiali e immateriali per una multinazionale, rendendo difficile tornare sui propri passi. Le aziende penseranno al reshoring solamente quando shock esterni quali la pandemia siano percepiti come permanenti. Grazie alle campagne vaccinali in corso, è probabile che la situazione attuale sia percepita come temporanea invece, rendendo il reshoring improbabile.
Ci saranno però delle modifiche. Per aumentare la propria resilienza nei confronti di shock come il Covid-19, aziende e governi saranno disposti a sacrificare la massimizzazione dell’efficienza produttiva finora dominante in favore di scorte di emergenza in loco e catene di produzione più brevi e regionali, come suggerisce la Commissione europea. Non si possono però dimenticare i fattori politici che influiscono sulla globalizzazione: essa risentirebbe di politiche protezionistiche attuate in risposta allo shock economico della pandemia. Affinché essa quindi possa continuare, è necessario mantenere in vita il sistema multilaterale alla sua base. Si può dire che questo goda ancora di buona salute?
Nessuno per tutti, ognuno per sé
In un sistema multilaterale, le decisioni vengono prese sulla base di interessi comuni e reciprocità, condannando comportamenti unilaterali che mirano a proteggere solo l’interesse nazionale. Le disuguaglianze nella distribuzione di vaccini sono un esempio dell’unilateralismo da Covid-19. Ad aprile 2020, l’alleanza Covax fu lanciata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per distribuire 2 miliardi di dosi di vaccini nel mondo ed assicurarne a tutti un equo accesso. Ad oggi Covax è molto indietro rispetto alle campagne vaccinali di alcuni Paesi ad alto reddito: con gli attuali tassi di distribuzione, la maggior parte dei Paesi sviluppati saranno vaccinati entro metà 2022, mentre 85 Paesi in via di sviluppo dovranno attendere il 2023 nel migliore dei casi.
Questo fallimento del sistema multilaterale in ambito sanitario è rinforzato dal caso del dibattito sulla sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale su vaccini e trattamenti anti-Covid. A eccezione degli Stati Uniti, i Paesi a più alto reddito, sede di aziende farmaceutiche produttrici di questi beni, si sono opposti, rallentandone così la produzione e distribuzione per proteggere i propri profitti.
Chi la fa l’aspetti
A gennaio 2021 il direttore generale della Oms denunciò l’emergente disparità vaccinale come un “catastrofico fallimento morale”, che avrebbe annullato qualsiasi sforzo per contenere il virus. I suoi moniti sembrano essere passati inosservati, dal momento che la maggior parte della popolazione mondiale è stata lasciata indietro in una corsa volta ad assicurare che il proprio Paese sia al sicuro prima di tutto – il tipo di comportamento unilaterale che dovrebbe essere sanzionato nell’attuale sistema multilaterale. Grazie ad acquisti e donazioni bilaterali, i tassi di vaccinazione probabilmente aumenteranno nei Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, questi Paesi hanno sottoscritto volontariamente le regole del multilateralismo perché più vantaggioso dell’unilateralismo – ma come già accaduto in passato, le loro aspettative sono state deluse. Questo potrebbe causare risentimento, e portarli a preferire in futuro azioni unilaterali oppure relazioni bilaterali con quei partner che hanno dimostrato di agire secondo il principio di reciprocità. Il futuro del multilateralismo sarebbe così messo in discussione, mettendo in dubbio anche la tenuta della globalizzazione.
Se vogliamo preservare il sistema internazionale che ha portato meno conflitti, è necessario agire per riparare questi squilibri. Il Covid-19 rappresenterebbe così un vero periodo di svolta.
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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967
Le posizioni contenute nel presente report sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale