Ue-Cina: obiettivi della cooperazione scientifica
Il 2017 segna l’ingresso nel quarto anno del progetto Horizon 2020, il programma europeo per la ricerca e l’innovazione che punta a sviluppare una nuova eccellenza scientifica che garantisca ai Paesi membri e ai loro partner una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva.
Dopo il successo del VII Programma Quadro per la ricerca, che aveva visto la partecipazione di ben 383 istituti cinesi e lo stanziamento di 55,8 milioni di euro, ad oggi sono state presentate 227 proposte di ricerca provenienti dalla Cina per la partecipazione a 187 diversi progetti.
Per la Cina il partenariato scientifico-tecnologico con l’Europa è un obiettivo strategico di lungo corso. Le relazioni scientifico-tecnologiche tra i due partner, iniziate ufficialmente nel 1983, furono caratterizzate in principio da un rapporto unidirezionale in cui era unicamente l’Europa a mettere a disposizione le proprie conoscenze.
Il rapido sviluppo economico-industriale cinese, tuttavia, portò ben presto alla necessità per l’Unione di creare un quadro normativo che regolasse tale rapporto.
Trent’anni di cooperazione euro-cinese
Venne così siglato nel 1998 l’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica, rinnovato per la terza volta nel 2014, con lo scopo di favorire maggiormente l’interazione tra centri di ricerca, industrie, università e singoli ricercatori di entrambe le aree. A dimostrazione dell’interesse reciproco infuso in questo tipo di collaborazione venne anche istituito un comitato guida congiunto il quale, riunendosi con cadenza annuale, avrebbe aiutato a sviluppare ulteriormente il programma.
La creazione nel 2001 di un ufficio Ue-Cina per la ricerca scientifica con sede a Pechino favorì ulteriormente l’accesso ai progetti di finanziamento europei da parte dei ricercatori cinesi.
Nel processo di implementazione del partenariato venne siglata nel 2005 una dichiarazione congiunta che permise di individuare otto potenziali aree di comune interesse: protezione ambientale; informazione e comunicazioni; cibo, agricoltura e biotecnologie, trasporti e settore aerospaziale (incluso il programma Galileo, il programma di navigazione satellitare europeo alternativo al Gps americano); urbanizzazione; salute; scienze socio-economiche; database per la condivisione dei dati.
Nel 2008 inoltre venne sottoscritto l’Accordo tra la Comunità europea per l’Energia atomica (Euratom) ed il governo della Repubblica popolare cinese per la cooperazione per l’utilizzo pacifico dell’ energia atomica.
La ricerca scientifica in Cina
Nel corso degli ultimi dieci anni la Cina ha più che raddoppiato la propria spesa per la ricerca scientifica, investendo nel solo anno 2014 ben 186 miliardi di euro, il 2,05% del prodotto interno lordo del paese. Attualmente le imprese private contribuiscono per il 77,3% della spesa totale, mentre i finanziamenti da parte delle università e degli istituti di ricerca governativi contano rispettivamente per il 6,9% ed il 14,8%.
Nonostante la Cina sia oggi il secondo Paese per numero di pubblicazioni scientifiche dopo gli Stati Uniti sono ancora molti i problemi con cui la comunità scientifica cinese è costretta a confrontarsi. Nel 2015 è stata avviata dal governo la riforma del Programma nazionale per la ricerca e la tecnologia al fine di facilitare l’accesso ai fondi statali e diminuire le rispettive procedure burocratiche.
Il cambiamento più significativo è stato fino ad ora quello legato al ruolo riservato ai diversi ministeri governativi, i quali perdono il loro ruolo di controllo sui progetti.
Nell’ottobre 2016, inoltre, il Comitato centrale del Partito comunista cinese ed il Consiglio di Stato hanno presentato le linee guida per l’implementazione del 13° piano quinquennale (2016-2020), ponendo maggiore enfasi su quei campi di ricerca collegati ai problemi considerati contingenti nello sviluppo del Paese: agricoltura, urbanizzazione, ambiente ed invecchiamento della popolazione.
I due nuovi programmi di ricerca promossi dal governo di Pechino, Manufacturing 2025 e Internet +, avranno in questo senso lo scopo di promuovere l’integrazione delle nuove tecnologie all’interno del sistema produttivo cinese.
Il ruolo della cooperazione Italia-Cina
Sotto l’egida del progetto Horizon 2020 anche l’Italia ha rafforzato le proprie iniziative di cooperazione con la Cina. Dal 25 al 27 ottobre si è svolta nelle città di Bergamo, Bologna e Napoli, la Italy-China Science Innovation Week, evento unico che ha riunito sotto di sé la settima edizione del China-Italy Innovation Forum e la decima edizione del Sino-Italian Exchange Event.
A conclusione dell’evento, presieduto dall’allora ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e dal suo omologo Wan Gang, è stato inaugurato il Centro Italia-Cina di Trasferimento tecnologico, istituto che avrà lo scopo di creare una piattaforma comune per la promozione della cooperazione tra centri di ricerca, università e aziende di entrambi i paesi.
Il crescente interesse mostrato verso il partenariato scientifico-tecnologico tra i Paesi dell’Unione e la Cina è sicuramente un passo avanti nell’integrazione tra i due sistemi. La Cina rimane oggi un attore chiave per lo sviluppo ed il successo dei programma Horizon 2020. Tuttavia tale partnership rappresenta anche una grande sfida per l’Europa, non solo in merito al futuro ruolo della Cina in ambito internazionale, ma soprattutto in relazione alla doppia natura, civile e militare, spesso legata al progresso scientifico.
Il vecchio continente sta anche contribuendo – indirettamente – all’ammodernamento militare della Cina ed in un momento come questo, caratterizzato da un clima di forte insicurezza sul futuro delle relazioni tra Pechino e Washington, la questione rischia di trasformarsi in un elemento di frizione nelle relazioni transatlantiche.