Migranti: meno accoglienza per loro meno sicurezza per tutti
L’Italia era il Paese dell’Unione europea che prevedeva per i migranti il sistema di accoglienza diffusa più ampio ed era uno dei pochi a concedere la protezione umanitaria. Il nuovo Decreto-legge immigrazione e sicurezza pubblica, appena tradotto in legge, ridimensiona il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), riduce i diritti dei richiedenti asilo e cancella la protezione umanitaria.
Il Csm lo ha bocciato: si creano – dice l’organo di autogoverno della magistratura – situazioni d’incertezza che non garantiscono il rispetto degli obblighi costituzionali previsti dall’articolo 10. Analoga tesi sostiene l’Anci, che rappresenta i sindaci e che teme per una riduzione della sicurezza nelle città. Cosa era prima e cosa sarà ora l’Italia, dal punto di vista dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti?, che cos’è la protezione umanitaria?, che cosa fanno gli altri Stati Ue?, che cosa propone il Parlamento europeo?
Qui di seguito le risposte a queste domande, mentre, in Italia, si accende il dibattito sull’adesione, o meno, al Global Compact sulle migrazioni delle Nazioni Unite, di cui si discuterà a Marrakech in Marocco dall’11 dicembre.
Accoglienza diffusa, l’eccezione italiana
Prima del Decreto, l’accoglienza in Italia si articolava in due fasi. L’identificazione del richiedente e la formalizzazione della domanda di asilo avvenivano all’interno di centri, appaltati a privati, dipendenti dal Ministero dell’Interno, quali Cara (centri di accoglienza per richiedenti asilo), Cda (centri di accoglienza) o Cas (centri di accoglienza straordinaria).
Successivamente, l’accoglienza veniva gestita nella rete Sprar, coordinata dal Ministero dell’Interno e affidata all’Anci: gli enti locali vi aderiscono volontariamente attuando progetti con il supporto del terzo settore. Ad oggi gli Sprar ospitano 23 mila rifugiati e richiedenti asilo in 400 comuni . Già nel 2015 l’UnHcr raccomandava il superamento dei grandi centri collettivi come i Cara o i Cas, suggerendo di potenziare il sistema diffuso di Sprar: centri di piccole dimensioni secondo quote regionali.
Con il Decreto, il sistema duale viene rivisto e ridotto: alla rete Sprar potranno accedere solo i già titolari di protezione internazionale; coloro che sono in attesa dell’esito della loro domanda verranno esclusi e la protezione umanitaria non sarà loro più concessa.
I titolari di protezione umanitaria o i richiedenti asilo presenti nel Sistema di protezione (Sprar) alla data di entrata in vigore del provvedimento rimarranno fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, poi saranno abbandonati a se stessi. Oltre ai 18 mila posti di lavoro italiani a rischio all’interno degli Sprar, si stima un aumento degli irregolari – Open Migration ne stima 60 mila in più entro il 2020 – e, quindi, si paventa un impatto sulla sicurezza.
Cosa era la protezione umanitaria in Italia
La protezione umanitaria è una forma di tutela in più, non prevista a livello europeo ma disciplinata solo in alcuni ordinamenti nazionali.
In Italia è contenuta nel Testo Unico sull’immigrazione. Si distingue in “esterna” ed “interna” alla procedura di asilo. Quella esterna non è rifiutabile né revocabile poiché sussistono seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Quella interna si ha quando possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, ma la richiesta di protezione internazionale non può essere accolta.
Il permesso di soggiorno connesso alla protezione umanitaria può durare da sei mesi a due anni e consente di accedere all’attività lavorativa, alla formazione, al servizio sanitario nazionale, ai centri di accoglienza e a misure di assistenza sociale.
Dati del Ministero dell’Interno alla mano, nel 2017 la protezione umanitaria ha riguardato più di 20 mila richiedenti asilo, cioè un quarto del totale.
Il Decreto abroga l’istituto, sostituendovi dei permessi di soggiorno speciali della durata di un anno enumerati e tipizzati in sei categorie: vittime di grave sfruttamento, motivi di salute, violenza domestica, calamità nel Paese d’origine, cure mediche e atti di particolare valore civile.
Protezione umanitaria negli altri Stati membri
In Francia la protezione umanitaria non è prevista. Eccezionalmente, si rilascia una Carta di un anno per ragioni umanitarie. La Francia, nel 2017 ha accolto oltre 40 mila richiedenti asilo.
In Germania, invece, il migrante può beneficiare di permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari, slegati dalla richiesta d’asilo: nel 2017, ce ne sono stati oltre 50 mila i casi, a fronte di 325 mila richieste d’asilo accolte.
Dal territorio tedesco, ai migranti non conviene andare verso il Belgio, dove richiedere il visto umanitario non è un diritto, ma una procedura amministrativa discrezionale. Strano ma vero, meglio dirigersi verso l’Austria, che nel 2017 ha concesso protezione umanitaria a 805 dei 33 mila richiedenti asilo.
A riconoscere protezione umanitaria, oltre alla Spagna e alla Grecia, sono anche tre dei quattro Paesi del Gruppo di Viségrad: Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Va però specificato che le percentuali di concessione del diritto d’asilo sul totale dei richiedenti sono, in questi Paesi, estremamente basse, rispettivamente 31%, 25% e 12%.
Cosa offre l’Unione europea e cosa propone il Parlamento europeo
L’Unione europea prevede un sistema comune di asilo per i cittadini non comunitari che necessitano di protezione internazionale (art 78 TFUE) e provvede a metterlo in atto tramite quattro direttive – due particolarmente rilevanti – e due regolamenti, offrendo tre tipologie di protezione: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea.
Le prime due forme di protezione sono definite dalla ‘direttiva qualifiche’ 2011/95/UE: rifugiato è il cittadino di uno Stato terzo, esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali; beneficiario di protezione sussidiaria è chi correrebbe il rischio di subire grave danno se ritornasse nel proprio Paese. La protezione temporanea è regolata, invece, dalla ‘direttiva sfollati’ 2001/55/CE: è simile alla sussidiaria ma ha carattere collettivo e transitorio; cessa al cessare della situazione gravosa nello Stato terzo.
I regolamenti menzionati sono il 603/2013 che istituisce l’Eurodac e il 604/2013, noto come Dublino III. Il regolamento di Dublino è fondamentale per capire come, dove, quando e perché richiedere la protezione internazionale.
Il regolamento di Dublino è criticato per il criterio di primo ingresso e in generale per gli automatismi, che creano alcuni problemi: il sovraccarico di domande per i Paesi frontalieri; il fenomeno dei ‘Dublinanti’, migranti identificati in un Paese che si trasferiscono in altri Stati membri e che, se rintracciati, devono tornare al Paese di primo ingresso; e l’incentivo a varcare illegalmente i confini del Paese d’ingresso evitando l’ identificazione, in modo da raggiungere lo Stato membro dove si desidera ottenere protezione.
Proprio per l’enorme, ma poco quantificabile, numero di migranti irregolari, il Parlamento europeo dopo due anni di contrattazioni sprona ora la Commissione a introdurre visti umanitari: chi cerca protezione in un Paese europeo, prima di imbarcarsi in viaggi della speranza, può farne richiesta tramite l’ambasciata dello Stato membro in questione. Entro 15 giorni riceverà una risposta: se positiva potrà entrare nell’Unione regolarmente. Nella seduta plenaria del 14 novembre, su questo tema è mancato il quorum: i tempi stringono, le elezioni incombono.