Vaccini, ricerca e salute sono i fili di una nuova cortina di ferro
Due notizie stanno segnando in questa fase la corsa verso l’uscita dalla pandemia. La prima è concentrata in un numero: +18%, ovvero la crescita del Pil cinese nel primo trimestre del 2021. La seconda riguarda le dichiarazioni recenti di Anthony Fauci, il capo dei virologi americani e scienziato di fama mondiale, e dello stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.
Il primo ha dichiarato che non appena il Paese avrà raggiunto la nota “immunità di gregge” sarà pronto ad esportare i propri vaccini, privilegiando però non gli alleati tradizionali (della Nato, ad esempio), ma i Paesi a medio e basso reddito del pianeta. Gli ha fatto eco il comandante in capo definendo l’America “l’arsenale del mondo dei vaccini”.
Semmai ve ne fosse bisogno, siamo di fronte all’evidenza che questa pandemia, sotto il profilo strategico, è sicuramente paragonabile ad un conflitto, che il mondo va dirigendosi verso una divisione in sfere di influenza, così come accadde a Yalta, e che vaccini, ricerca e salute saranno i fili di una nuova cortina di ferro.
La domanda chiave è però la seguente: quale delle due notizie è più rilevante?
Affrontare la pandemia: Cina e Stati Uniti
La prima, ovvero l’impressionante ripresa economica cinese, ci parla di un Paese che ha messo in campo una serrata attività di monitoraggio dei contagi e di duro soffocamento dei focolai, associato ad una sofisticata narrativa anche mediatica e ad un’immediata proiezione di soft power sanitario globale, la cosiddetta “diplomazia della mascherina”. Ma Pechino, che punta ad usare la pandemia come un acceleratore nella ricerca del primato economico e strategico mondiale, ha ancora un gigantesco problema di solidità delle proprie armi scientifiche. Il mondo è già inondato dei due vaccini cinesi (Sinovac e Sinopharm, ndr) ma la loro efficacia è assolutamente discutibile e soprattutto la popolazione interna ha ancora tassi di immunità molto bassi.
Negli Stati Uniti, invece, siamo di fronte al primo passo della progressiva uscita dall’emergenza. Sotto il profilo sanitario ed economico la strada è ancora lunga. Ma la notizia del riallineamento totale tra scienza e politica, anche nella definizione degli interessi strategici, è degna di nota ed avrà implicazioni molto rilevanti per la ridefinizione del nuovo ordine globale.
La prima fase della pandemia ha infatti fatto emergere le capacità di reazione, tra loro molto diverse, tra le democrazie e le autocrazie. Le prime hanno visto andare in frantumi il già debole rapporto di fiducia tra politica, cittadini e scienza. I cittadini non hanno compreso le misure restrittive imposte dalla politica; la politica ha troppo spesso ignorato il rigore del metodo scientifico. E la scienza ha provato a rivolgersi direttamente ai cittadini con risultati altalenanti.
Vent’anni di crisi
Questo drammatico cortocircuito, già in atto ben prima che la pandemia di Covid-19 colpisse le nostre comunità, è forse la rappresentazione più efficace della difficoltà delle democrazie contemporanee, fiaccate ed indebolite da una sequenza impressionante di crisi in un lasso di tempo molto ristretto.
11 settembre 2001, crisi finanziaria del 2008 e la pandemia in cui siamo immersi sono crisi che vanno lette assieme e che disegnano la parabola di un’onda lunga di instabilità che porterà a breve ad una totale ridefinizione dei pesi geopolitici e delle aree di influenza. Sono crisi senz’altro diverse ma accomunate da almeno due elementi: la loro natura asimmetrica, ovvero di minacce non statali in grado però di produrre effetti sistemici simili a quelli di conflitti convenzionali, e la capacità di porsi come agenti politici di cambiamento sugli assetti interni e sulla mappa globale.
Oggi siamo immersi nella più grave crisi globale dal secondo Dopoguerra. Ne usciremo di certo. Grazie al progresso delle scienze saremo liberi da questo virus. Grazie al ruolo dell’industria farmaceutica potremo garantire questa libertà su scala planetaria. Grazie alla resilienza delle comunità umane avremo l’entusiasmo e la voglia giusta per ripartire.
Quale sarà la prossima minaccia?
Ma il mondo è già profondamente cambiato e ormai vent’anni del nuovo secolo ci dicono che dovremo affrontare nuove minacce e nuove crisi a distanza di pochissimo tempo. Cominciamo quindi ad occuparci della prossima.
Sarà il salto di specie di un nuovo, potente virus? Se così sarà potremo almeno dirci pronti a gestirne l’arrivo e le possibili evoluzioni. Sarà un attacco cibernetico su vasta scala, in grado di mettere in ginocchio le nostre economie, la nostra società, la nostra sicurezza? Dobbiamo costruire un’alleanza globale per la smilitarizzazione del cyberspazio e per la difesa congiunta, sul modello della Nato.
Sarà l’implosione di alcuni modelli e l’inevitabile crisi sociale ed economica che colpirà soprattutto l’Occidente e le aree in via di sviluppo del pianeta dopo la pandemia? Dobbiamo pensare oggi a dare profondità strategica alle nostre decisioni, uscendo dalla logica insostenibile dei sussidi e creando le migliori condizioni per rendere i nostri territori competitivi ed attrattivi per i capitali, le merci, il sapere ed i talenti che torneranno a muoversi.
Sarà l’impatto della crisi climatica che già nel prossimo decennio potrà avere conseguenze devastanti non solo sull’ambiente ma anche sulla sicurezza delle Nazioni? Dobbiamo immediatamente creare un modello di adattamento a questo cambiamento ormai irreversibile e mettere in sicurezza i nostri sistemi, evitando di superare la soglia critica ed il punto di non ritorno di una catastrofe climatica su larga scala.
Sarà la competizione geostrategica delle autocrazie che, rinvigorite dalla debolezza delle democrazie fiaccate dal virus, approfitteranno per recriminare la leadership globale? Dobbiamo rafforzare i principi e modernizzare i sistemi democratici perché si dimostrino efficaci, competitivi e in grado di dettare l’agenda anche nel nuovo mondo.
Occorre riportare al centro il valore della competenza e la capacità di cogliere ed affrontare la complessità. Bisogna ricucire il rapporto di fiducia tra politica, scienza, cittadini e imprese.
Abbiamo appena combattuto una delle battaglie più dure e difficili della storia contemporanea contro un nemico invisibile. Se sarà servito ad affinare le armi della prevenzione, della cooperazione globale, della dissuasione e della compartecipazione di tutti, governi e cittadini, agli stessi obiettivi, allora questa crisi devastante non sarà passata invano. Viceversa, avremo solo ritardato il prossimo appuntamento con la Storia.
Foto di copertina EPA/SHAHZAIB AKBER