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Il viaggio del presidente

Biden l’europeo: dalla pace Ue-Usa alla Nato risorta

16 Giu 2021 - Giampiero Gramaglia - Giampiero Gramaglia

Una Ue in pace (con gli Usa) e una Nato che pareva da rottamare “rinata”: il bilancio dello “sbarco in Europa” da presidente di Joe Biden è largamente positivo. Dopo 17 anni di contenziosi – c’era George W. Bush alla Casa Bianca quando il conflitto cominciò, tra dazi e compensazioni – è tregua nei cieli tra Unione europea e Stati Uniti: Bruxelles e Washington sospendono la guerra dei sussidi ad Airbus e Boeing. Ricevendo il presidente Biden, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si mostra fiduciosa che l’intesa appena raggiunta preluda all’archiviazione d’un altro annoso e ricorrente conflitto commerciale transatlantico, quello sull’acciaio.

Mettendo il conflitto in naftalina per cinque anni, Usa e Ue si prendono il tempo per negoziare: è quanto basta per accantonare il timore che, come già avvenuto in passato, Bruxelles e Washington continuino a penalizzarsi a vicenda, imponendo dazi e compensazioni su beni di ogni tipo, dal vino e dai prodotti agro-alimentari italiani e francesi alle moto Harley-Davidson.

Nulla di essenziale: punture di spillo, ma fastidiose. Dandosi cinque anni, inoltre, l’Amministrazione Biden e l’attuale Commissione europea si mettono al riparo dal riacutizzarsi dei contenziosi: la tregua durerà fin oltre i loro confini temporali; se la pace non sarà stata suggellata prima, chi ci sarà vedrà.

I due messaggi di Biden l’europeo
Il senso è che Usa e Ue non hanno energie da perdere in beghe reciproche. Alla sua prima missione europea, il presidente Biden ha detto e ripetuto ai suoi interlocutori, partner e alleati, che i rivali sono altri e sono comuni: Russia e Cina, soprattutto quest’ultima, che s’accinge a diventare la prima potenza economica mondiale e che ha atteggiamenti espansionistici, non solo commerciali, ma anche diplomatici e militari.

La posizione dei 27 verso Pechino è meno ostile di quella degli Usa, ma c’è intesa sul fatto che le differenze sui valori – libertà, democrazia, diritti umani – sono profonde, anche se può esserci spazio per la collaborazione, ad esempio sulle questioni commerciali e nella lotta contro il riscaldamento globale.
Dal G7 sulle spiagge della Cornovaglia ai Vertici della Nato e con l’Ue a Bruxelles, Biden dà due semplici messaggi: il primo è rassicurante, “l’America è tornata”, il clima è cambiato, non è più l’ora delle sfuriate di Donald Trump contro il multilateralismo e contro gli alleati, roba da ‘divide et impera’; il secondo è combattivo, “Abbiamo nuove sfide, la Russia e la Cina”, che poi sono – a ben vedere – le sfide di sempre. Alla Russia di Vladimir Putin, Biden dedica l’ultima tappa del viaggio europeo, a Ginevra. La Cina di Xi Jinping, cerca di arginarla con un cordone di sicurezza.

L’Alleanza atlantica, un’araba fenice
L’hanno data per morta a più riprese, ma, 72 anni dopo, la Nato è sempre lì, la più lunga alleanza militare della storia – “e la più forte”, dice il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi -. Firmato a Washington il 4 aprile 1949, il Trattato dell’Atlantico Nord unisce Stati Uniti e Canada con i loro alleati europei. Vinta la Guerra Fredda, metaforicamente ‘neutralizzati’ in rapida successione Unione Sovietica, Patto di Varsavia e Comecon, la Nato pareva avere esaurito i suoi compiti. Negli Anni Novanta, però, le guerre nei Balcani, le missioni umanitarie, le operazioni ‘fuori zona’ le hanno fornito ragioni per restare in vita; e, dopo l’11 settembre 2001, quando per la prima e finora unica volta scattò l’articolo 5 del Trattato, è cominciata la “guerra al terrorismo”. L’articolo 5 vincola gli alleati alla mutua difesa in caso di attacco a uno di loro.

Con l’avvento di Trump alla presidenza, la rottamazione dell’Alleanza apparve, però, un’ipotesi non remota: il magnate, intollerante del multilateralismo, martellava gli alleati perché spendessero di più per la difesa e male sopportava i vincoli dell’articolo 5, che, invece, Biden dichiara ora “solidissimo e incrollabile”.

Forse, la Nato non avrebbe resistito ad altri quattro anni di Trump. Biden, invece, le ridà vitalità e fiducia e, soprattutto, quello di cui un’alleanza militare ha bisogno: un nemico, anzi due, la Russia e la Cina. “La Nato è importantissima: se non ci fosse, la si dovrebbe inventare”, dice il presidente americano al segretario generale Jens Stoltenberg.

Una Ue complementare ma con leader a termine
Al tavolo della Nato, lunedì, s’è parlato di Russia, Cina, cyber-sicurezza, cambiamento climatico. Temi analoghi, più le questioni commerciali, martedì, al tavolo dell’Ue. Biden scopre le carte: “Penso che abbiamo grandi opportunità di lavorare strettamente sia con l’Ue che con la Nato. C’è un predominante interesse degli Usa ad avere ottimi rapporti” con entrambe.
Funzionari e diplomatici gongolano. I progetti di ‘Europa della Difesa’, cui le mattane di Trump davano concretezza, sono già tornati nei cassetti: c’è il virus da debellare, l’economia da rilanciare, il Next Generation EU da realizzare; difesa e sicurezza non sono questioni prioritarie, se l’alleato è questo qui.

Gioca a favore di Biden anche il fatto di essere l’unico, fra i Grandi, a essere certo del posto fra un anno: Angela Merkel è al passo dell’addio, Emmanuel Macron è atteso dalle presidenziali della primavera 2022, Draghi ha le incognite delle scadenze della politica italiana. ‘Uncle Joe’ e von der Leyen sono i perni della nuova alleanza tra Usa e Ue.
Intervenendo alla Nato, proprio Draghi rileva il ruolo centrale dell’Alleanza atlantica nella difesa e nella sicurezza europea, prospettandone “un rapporto complementare” con l’Unione europea: Nato e Ue – afferma Draghi – si rafforzano a vicenda, la coesione della Nato è una garanzia collettiva, lo spettro d’azione dell’Alleanza deve essere ampio e uno dei focus deve esserne il Mediterraneo.

Biden incassa gli attestati d’atlantismo di Draghi e di molti altri leader. E cerca di arginare la fretta di Polonia e Paesi Baltici per l’adesione alla Nato dell’Ucraina – il presidente Volodymyr Zelensky assicura che “Kiev dimostra ogni giorno di essere pronta” -: un’accelerazione in tal senso sarebbe pessimo viatico agli sviluppi delle relazioni con Mosca. Solo quel guastafeste del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si lamenta di non avere ricevuto appoggio nella lotta ai terroristi, come lui chiama i suoi oppositori, rovina un po’ il clima.

Foto di copertina ANSA/OLIVIER HOSLET