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Il vertice a Venezia

Il G20 verso un accordo sull’imposta minima globale per le multinazionali

7 Lug 2021 - Ettore Greco - Ettore Greco

L’accordo sulla tassazione delle multinazionali, sarà, se le previsioni verranno rispettate, il piatto forte della riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle Banche centrali del G20, che si terrà a Venezia il 9 e 10 luglio. Forse il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire esagera quando lo definisce “il più importante accordo internazionale concluso nell’ultimo secolo”, ma, se vedrà la luce, sarà difficile negarne il valore storico.

È infatti il primo tentativo organico di introdurre regole fiscali su scala mondiale per governare l’impatto dell’impetuosa globalizzazione dell’economia degli ultimi decenni e della crescente pervasività del digitale. Per la presidenza italiana del G20 sarebbe un notevole successo.

Accordo storico
È da tempo che i governi discutono di come riuscire a tassare in modo più equo ed efficace le grandi compagnie globali, una sfida che l’ascesa dei giganti del web ha fortemente acuito. Il potere fiscale è una delle prerogative fondamentali della sovranità nazionale e non è poco se i leader del G20, cioè delle maggiori economie del mondo, accetteranno di sottoporsi a un comune quadro regolatorio in tale materia, promuovendolo su scala globale.

L’obiettivo è duplice: economico e sociale. Per dirla con il segretario al Tesoro americano Janet Yellen, grande fautrice dell’accordo: “Porre fine alla corsa al ribasso nella tassazione delle società e assicurare maggiore equità alla classe media e ai lavoratori”. Non si vuole solo invertire la tendenza alla progressiva erosione della base fiscale, facendo pagare le tasse alle grandi imprese laddove effettivamente operano. Le risorse aggiuntive che si spera di poter reperire grazie dal nuovo regime di tassazione aiuterebbero anche i governi a pagare i debiti contratti per far fronte alla pandemia e a continuare a finanziare la spesa sociale.

Staffetta G7-G20
Un impulso decisivo è venuto dai leader del forum più ristretto del G7 che a inizio giugno, in Cornovaglia, ha dato il suo imprimatur all’intesa. Quest’ultima era stata, peraltro, già ampiamente discussa in sede G20. La sinergia tra i due forum sembra, questa volta, aver funzionato.

Ad aprire la strada a questo passaggio del testimone è stato, a sua volta, l’accordo raggiunto il 1° luglio a Parigi da 130 Paesi su un progetto messo a punto da un gruppo di lavoro legato all’Ocse, nel cui ambito si è svolto il processo negoziale, tecnicamente assai complesso. Tutti i Paesi del G20 hanno accettato la bozza di accordo, comprese India e Cina. Solo nove paesi coinvolti nei negoziati non hanno sottoscritto l’intesa, compresi tre europei, Irlanda, Estonia e Ungheria.

Stando all’intesa di Parigi, le nuove regole dovrebbero inizialmente applicarsi alle imprese multinazionali con più di 20 miliardi di euro di affari l’anno e con almeno il 10% di margine di profitto, ma queste soglie sono ancora oggetto di negoziato. Si terrà conto quindi sia del fatturato sia della redditività. In questo regime rientrerebbero naturalmente i giganti del web, i cosiddetti Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon).

I due pilastri
L’accordo si basa su due “pilastri”. Il primo riguarda la ripartizione dei profitti e mira a far sì che le imprese multinazionali paghino più tasse nei Paesi dove effettivamente vendono i loro prodotti e servizi, compresi numerosi Paesi in via di sviluppo, anziché dove dichiarano i loro profitti (spesso Stati con i livelli di tassazione più bassi). Si stima che si potrebbe così ampliare la base imponibile di 100 miliardi di dollari.

Il secondo pilastro prevede una tassa minima del 15% a livello globale (inizialmente il presidente americano Biden aveva proposto il 21%). Le multinazionali sarebbero quindi soggette a una tassazione minima in tutte le giurisdizioni nazionali in cui operano. Verrebbero così eliminati i paradisi fiscali. L’accordo include anche specifici meccanismi per incrementare le entrate fiscali che i Paesi più poveri ricavano dai profitti delle multinazionali.

Come sottolineato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, l’idea è anche di dare maggiore certezza fiscale alle imprese, evitando la doppia tassazione e introducendo nuovi meccanismi per la prevenzione e risoluzione delle controversie fiscali fra Paesi. Le tasse nazionali sui servizi digitali introdotte da vari Stati, Italia compresa, saranno eliminate una volta che l’accordo entrerà a regime. È questo un punto che sta particolarmente a cuore agli Stati Uniti, che considera queste cosiddette “web taxes” penalizzanti per i suoi giganti del web.

È da tempo evidente che abbiamo bisogno di una fiscalità globale che consenta di ridurre distorsioni e disuguaglianze divenute sempre più inaccettabili e di ridare ossigeno a finanze pubbliche sotto pressione. Un accordo al G20 sulla tassazione minima per le multinazionali lungo queste linee rappresenterebbe un tassello importante di una riforma della governance globale basata sui principi del multilateralismo efficace.

Foto di copertina ANSA/ MINISTERO ECONOMIA E FINANZE