“Oligarchi”: luce sulle lunghe ombre del Cremlino in Italia
“Oligarchi – Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia” (Laterza, 2021) è un volume appena uscito nelle librerie firmato a quattro mani dai giornalisti Jacopo Iacoboni e Gianluca Paolucci: un saggio-inchiesta sull’influenza dei russi e del Cremlino nel nostro Paese, con una bibliografia lunghissima che dà conto di un lavoro di indagine che si avvale di moltissime fonti – come specificato nel libro – dai documenti dell’intelligence a quelli societari sugli schemi finanziari, dalle interviste politiche e finanziarie a materiale esclusivo e inedito.
Ne abbiamo parlato con uno degli autori, Jacopo Iacoboni, giornalista de “La Stampa” e già autore di altri libri-inchiesta sempre per Laterza come “L’Esperimento – Inchiesta sul Movimento 5 Stelle” o “L’Esecuzione – 5 Stelle da Movimento a Governo”.
Quali sono le radici storiche della presenza della Russia in Italia e che forma ha assunto tale presenza nel corso dei decenni?
Per le radici storiche possiamo risalire molto indietro, agli inizi del Novecento, all’accordo fra Nicola II e il Re d’Italia, passando per Mussolini e Stalin e arrivando ovviamente al Partito comunista e ai finanziamenti organici ricevuti da Mosca. Senza dimenticare l’idea democristiana di realpolitik dell’Italia come ponte verso Mosca, che è stato il cardine della politica estera ruotata attorno all’Eni, ma non solo. E poi c’è ovviamente Silvio Berlusconi: nel libro ci sono molte cose inedite sui suoi uomini anche negli ultimi anni e del peso che hanno avuto proprio nella Russia di Putin. In particolare, un uomo che è stato molto importante, appena morto, Angelo Codignoni, che è diventato il braccio putiniano della pubblicità e dell’auditel di Stato russo. Berlusconi però giocava un rapporto sostanzialmente personale con Vladimir Putin molto centrato sull’economia: tutto ruotava attorno a Gazprom. Eppure, nonostante tutto, il Cavaliere non stava mettendo in discussione la barra atlantista italiana, sebbene, specialmente nell’ultima fase, la sua relazione con Putin avesse destato forti preoccupazioni nell’ambasciata americana a Roma e nella Cia. Quello che è successo di nuovo in questi anni è stato che con la vittoria dei partiti populisti sovranisti, specialmente nei primi due o tre anni della loro vittoria, si è assistito ad una intensificazione fortissima della presenza degli operativi russi sul territorio, come se fosse il loro cortile di casa. Basti pensare che secondo la cifra che c’è stata data dalle nostre fonti dell’intelligence italiana si parla di 87 spie russe censite fino ad ora che fanno parte della cellula operativa che si è creata a Roma. Oltre all’intensificazione, c’è stato uno spostamento dell’asse geopolitico del tutto visibile, sancito da tanti episodi e storie che vengono raccontati nel libro. Cosa che in realtà, per fare un esempio, la Dc non aveva mai fatto, nonostante la profonda amicizia con Mosca.
Qual è la differenza di penetrazione in Europa della Russia e della Cina?
In tutta l’ultima stagione di Putin c’è stata una fortissima ed evidente volontà di accodarsi al carro cinese, come una sorta di “socio minore” che è però incaricato della gestione di tutta una serie di crisi regionali, l’Est Europa e il Mediterraneo. Cina e Russia hanno interessi convergenti: un’azione interna nei singoli Paesi europei e occidentali per indebolirli dall’interno. Ma con modalità profondamente diverse. La Russia agisce molto con l’interferenza cyber, con lo spionaggio e con la leva dell’economia soprattutto attraverso la penetrazione di una serie di oligarchi o comunque di soggetti economici legati all’economia di Stato putiniana. La Cina agisce direi in maniera molecolare ed economica, cioè con un’opera di potente infiltrazione sistematica dal basso nell’economia.
Anche nel Regno Unito, dove il tema è molto dibattuto, l’influenza della Russia è molto forte
Nel Regno Unito c’è senza dubbio la penetrazione economica più forte dei russi. Una delle cose che rende l’Inghilterra dominante in questo scenario di influenza russa è proprio la normativa societaria opaca: la grande facilità con cui si possono aprire e chiudere società e schermarle nei paradisi fiscali. Ma una cosa simile accade anche con molte proprietà dei russi in Italia, di cui nel libro diamo conto. C’è poi naturalmente anche il ruolo giocato da alcune banche internazionali europee, specialmente banche baltiche, per esempio lettoni o danesi, nell’attuare questi schemi di occultamento del denaro o nascondimento dei reali beneficiari di proprietà o di società. In realtà, parallelamente alla presenza dei russi in Italia quel che va rilevata è proprio una grande spoliazione di risorse del popolo russo attraverso un’evasione fiscale ai danni degli stessi cittadini russi. E questo secondo me è un aspetto non secondario della storia. In Italia l’influenza della Russia si esercita fondamentalmente in due modi: con la presenza economica degli oligarchi in Italia e la presenza dell’intelligence. Basti pensare che molti degli operativi che facevano parte dell’unità 29155 del Gru sono atterrati spesso, secondo le nostre fonti in Italia, a Milano. Da lì si muovevano verso la base che avevano in Svizzera, fra Ginevra e Annemasse. L’Italia in tutto questo ha dormito sonni profondi.
Cambierà qualcosa con un governo guidato da Mario Draghi?
La prima dichiarazione geopolitica di Draghi a margine di un Consiglio europeo fu di dire che la presenza russa, sia come spie sia come interferenza nel web, era diventata, usò uno di questi due aggettivi, allarmante o inquietante. Con lui è evidente che lo scenario cambia. Però il punto è che questa influenza russa è fatta di rapporti di penetrazione russa nell’economia, negli apparati, nello Stato profondo italiano e non basta un cambio di presidenza del Consiglio a cancellarla. Del tema in Italia non se ne parla. L’unico interesse vero su questo argomento si è avuto quando ha riguardato la Lega e con lo scandalo del Metropol, ma il problema è molto più esteso. Non a caso per realizzare il nostro libro abbiamo utilizzato un sacco di fonti anche fra giornalisti russi indipendenti che ci hanno aiutato a incrociare le notizie che avevamo.
Come la Cina, anche la Russia non si è presentata con i propri leader al G20 e alla Cop26. Draghi ha salutato il G20 come un successo. Che giudizio ne dai?
Dal punto di vista italiano il summit è abbastanza riuscito: è stato Draghi a celebrare un reingresso multilaterale di Joe Biden nella scena europea, e quindi nuovi impegni degli Stati Uniti sul clima, sulla transizione ambientale e così via. Si chiude simbolicamente la stagione trumpiana. Che questo sia stato celebrato in Italia, in parte ha degli elementi casuali, in parte è dovuto al rapporto di Mario Draghi con l’amministrazione americana. Dal punto di vista geopolitico invece mi sembra un nulla di fatto. Con Cina e Russia non solo assenti, ma, come si è visto poi da Glasgow, contrarie a prendere concreti impegni sul fronte energetico e ambientale, ognuna nei settori dove più sono coinvolte, la Cina nelle emissioni di Co2, la Russia nel gas. Mi sembra che da questo punto di vista i risultati siano modesti. Del resto, la Russia gioca queste partite in maniera politicamente spregiudicata, molto più centrata sui rapporti bilaterali con gli Stati che non con un approccio multilaterale da vertice. Basti pensare solo all’esempio del North Stream 2 che è stata affrontata con un confronto serrato con la Germania e con Angela Merkel. Da questo punto di vista il ritorno del multilateralismo di Biden nulla ha potuto su questo dossier. Poi bisognerà testarlo su altre cose. Per esempio, sulla Libia, la Siria, e i teatri mediterranei. Lì è tutto da vedere.
Foto di copertina EPA/MAXIM SHIPENKOV