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Il congresso di Brighton

Starmer ripudia Corbyn e riporta il Labour al centro

4 Ott 2021 - Alessandra Rizzo - Alessandra Rizzo

LONDRA – Il segretario laburista Keir Starmer ha lanciato un unico, inequivocabile messaggio nel discorso programmatico che ha chiuso la conferenza di partito: Il Labour volta le spalle alle posizioni della sinistra radicale degli anni scorsi e torna al centro. Addio Jeremy Corbyn, bentornato (metaforicamente parlando) Tony Blair.

La cinque giorni di Brighton si è giocata tutta sulla guerra tra le due fazioni del Labour: i nostalgici di Corbyn e il nuovo Labour di Starmer. Il segretario non ha mai nominato il suo predecessore Corbyn nel discorso fiume di 90 minuti, ma non ce n’è stato bisogno. “Durante la mia leadership non ci presenteremo mai agli elettori con un manifesto che non sia un serio programma di governo”, ha detto nel passaggio cruciale. Il riferimento a Corbyn, che alle ultime elezioni del 2019 ha portato il Labour al peggior risultato da decenni, è stato chiarissimo. Starmer, che pure della squadra di Corbyn ha fatto parte cercando di districarsi nel dossier Brexit, è apparso determinato ad affrontare la fronda interna: alla Bbc ha detto che vincere conta più che non mantenere l’unità del partito. E ai contestatori che hanno ripetutamente interrotto il suo discorso, a vivida dimostrazione delle spaccature, ha risposto: “Vogliamo gridare slogan o cambiare la vita delle persone?”

Il Labour non vince alle elezioni dal 2005. Sebbene Tony Blair sia detestato dai membri del partito, e da molti cittadini in generale, per aver trascinato il Paese nella guerra in Iraq, resta pur sempre l’ultimo leader laburista ad aver vinto una consultazione; anzi, tre di fila. Jeremy Corbyn ha rinvigorito la base, scatenando l’entusiasmo dei giovani e aumentando il numero di iscritti, ma non ha mai rappresentato agli occhi degli elettori britannici un’alternativa credibile al Tory.

Due leader a confronto
Starmer è stato eletto segretario 17 mesi fa all’indomani della débâcle elettorale.  Spesso accusato di non avere carisma, ha tenuto un discorso dai toni personali, approfittando della prima conferenza “in presenza”, dopo quella virtuale dello scorso anno, per presentarsi agli elettori, laburisti e non solo. Ha accusato Johnson di essere uno “showman”, “un prestigiatore”, contrapponendo la sua esperienza a quella del premier: lui, figlio di un artigiano che gli ha insegnato “la dignità del lavoro” e di un’infermiera con una grave malattia; Johnson, l’etoniano vissuto nel privilegio, bollato come un uomo “non cattivo ma frivolo”. Lui, Starmer, l’avvocato dei diritti umani e il procuratore della corona a caccia di criminali; Johnson il giornalista che va in tv, e poi il politico in carriera.

Basterà il riallineamento al centro a colmare il divario con i conservatori? Se Starmer è stato chiaro nel ripudiare il corbynismo e nell’offrire una narrazione personale convincente, meno lo è stato nel presentare una visione per il futuro del Regno Unito alternativa a quella di Johnson. Del resto, il primo ministro Tory ha “rubato” al Labour alcune delle politiche classiche, dall’interventismo di stato all’innalzamento delle tasse per finanziare il servizio sanitario nazionale, la cui difesa è uno dei cavalli di battaglia dei laburisti.

Un duello tutto da venire
Starmer ha lodato gli anni di Blair e Gordon Brown, ha parlato di istruzione, patriottismo e lotta alla criminalità (e non ha mai menzionato la parola socialismo), ma ha offerto pochi spunti o dettagli sui temi principali, per esempio come ridurre le diseguaglianze regionali, uno dei temi principali della premiership di Johnson. E non ha finora saputo capitalizzare sulle difficoltà di un governo che per giorni è stato incapace di garantire l’approvvigionamento di benzina alle stazioni di servizio. Da Starmer, e dal partito riunito a Brighton in generale, è mancato l’affondo in quello che per il Labour dovrebbe essere un goal a porta vuota.

Difficile per i laburisti colmare l’enorme divario in termini di voti nel giro di una tornata elettorale. Ma se una settimana è un tempo lungo in politica, figuriamoci i due anni e più che mancano alle elezioni.  E se i cittadini hanno concesso a Johnson il beneficio del dubbio nella fallimentare gestione della pandemia, potrebbero essere meno generosi di fronte a persistenti problemi di approvvigionamento, scaffali dei supermercati vuoti e caro-vita.

“Dagli amici mi guardi Dio…”
Starmer ha cambiato le regole interne per rendere più difficile un assalto alla sua leadership. Ma si deve comunque guardare, oltre che dai Tory, anche dagli avversari interniAndy Burnham, il sindaco di Manchester proclamatosi Re del Nord, non nasconde le sue ambizioni, tanto più vista la necessità di recuperare il bacino elettorale del nord-Inghilterra crollato sotto i colpi dei Tory; o Angela Rayner, combattiva vice di Starmer, proveniente dall’ala sinistra del partito, che si è guadagnata i titoli dei giornali (e il plauso di qualche deputato) per aver bollato Johnson e i conservatori come “feccia”.

Le prossime elezioni sono in salita per Starmer. Ma l’aver riposizionato il partito al centro dopo gli anni di Corbyn rappresenta per il Labour l’unica speranza di vittoria, seppur forse lontana.

Foto di copertina EPA/FACUNDO ARRIZABALAGA