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Elsa Essay Competition

Wto: il commercio internazionale fa i conti con la salute pubblica

9 Ott 2019 - Lodovico Amianto, Enrica Bertoldi - Lodovico Amianto, Enrica Bertoldi

Pubblichiamo di seguito il secondo dei tre articoli finalisti della VIII edizione della ‘Local Essay Competition’ di ELSA Italia in collaborazione con la nostra rivista sul diritto commerciale internazionale, con particolare attenzione al ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).

Negli ultimi due decenni, le autorità di aggiudicazione internazionale, ed in particolare l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), sono state oggetto di critiche, in quanto viste come generatrici di significativi ostacoli alla possibilità per gli Stati di rafforzare le proprie legislazioni a tutela della salute e dell’ambiente.

In tal senso, il caso Australia – Tobacco Plain Packaging all’esame del Wto dimostra come l’incertezza e la complessità della normativa internazionale in materia di commercio, accompagnate dagli ingenti costi associati alle controversie internazionali, abbiano indotto svariati Stati a posticipare l’introduzione di cruciali misure volte ad un miglioramento delle condizioni sanitarie nazionali. Ciononostante, la decisione crocevia nel succitato caso – ergendosi a chiara riaffermazione del margine di discrezionalità degli Stati nel perseguimento di obiettivi di salute pubblica – si pone come un decisivo momento di svolta nella giurisprudenza dello stesso Wto, la quale potrà consentire agli Stati di riacquisire fiducia nell’emanazione di normative sempre più attente alla tutela della salute.

Guerra al tabacco e legislazione australiana
Il consumo diretto di sigarette uccide due terzi dei fumatori, 1 una persona ogni 4 secondi: “Semplicemente non c’è oggi alcun altro prodotto legale venduto apertamente sul mercato che comporti il medesimo devastante costo umano”. Nel 2008, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva messo in guardia: “Entro il 2030, ci saranno più di 8 milioni di morti all’anno a causa del consumo di tabacco”. Malgrado rimangano ancora 11 anni, il limite è già stato ampiamente superato. Non casualmente, la lotta per la riduzione dell’utilizzo massivo di tabacco è stata inclusa dalle Nazioni Unite fra gli obiettivi dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 e corrispondentemente il consumo di tabacco viene regolarmente descritto come un’“epidemia globale”.

Nonostante la guerra al tabacco non sia certo una novità, negli ultimi anni il panorama delle misure anti-fumo è stato testimone di importanti rivoluzioni. Accanto a – ed in connessione con – la realizzazione della Convenzione quadro dell’Oms per la lotta al tabagismo, il fattore trainante di questo cambiamento è stata la scelta assunta dell’Australia nel 2011 di diventare il primo Stato ad introdurre una legislazione onnicomprensiva sui metodi di confezionamento di prodotti a base di tabacco, il cosiddetto Tobacco Plain Packaging” (Tpp). Il Tpp Act proibisce l’uso di colori, loghi e immagini promozionali sui pacchetti di sigarette, imponendo estesi avvertimenti sugli effetti del fumo e un neutrale marrone-verdastro scuro per le restanti parti della confezione

Con l’adozione delle misure del Tpp, l’Australia ha inteso completare la sua già comprensiva regolamentazione sul tabacco, mirando a svigorire l’ultimo significativo espediente nelle mani di Big Tobacco: il packaging. Anche noto come “il venditore silenzioso”,  il pacchetto risulta essenziale per le industrie del tabacco non soltanto al fine di differenziare il prodotto e stimolarne la domanda, ma percheé in paesi come l’Australia, nei quali i canali tradizionali di promozione a fini pubblicitari sono vietati, esso acquista un ruolo cardine nelle strategie di vendita.14 Come riconosciuto da un direttore marketing della Philip Morris, “il nostro veicolo ultimo di comunicazione con i nostri fumatori è il pacchetto in seé. Assente ogni altro messaggio promozionale, il packaging […] per noi è l’unico comunicatore dell’essenza del nostro marchio”.

Reazione di Big Tobacco e decisione del Wto
La prova definitiva del fatto che Big Tobacco sia stato toccato in un punto dolente è emblematicamente rappresentata dalla portata della sua reazione legale. Anche prima che il disegno di legge sul Tpp giungesse all’ultima lettura nel Parlamento australiano, infatti, Philip Morris Asia aveva già notificato all’Australia la sua domanda di arbitrato sotto il Trattato bilaterale per la promozione e protezione degli investimenti stipulato fra Hong Kong (paese di incorporazione di Pma) e l’Australia. Poco più tardi, cinque Stati Membri presentarono ricorso al Wto contro l’Australia, asserendo che la legislazione Tpp fosse, inter alia, “più restrittiva del commercio di quanto sarebbe [stato] necessario per perseguire un obiettivo legittimo” e uno speciale requisito che “ostacola ingiustificatamente” l’uso del marchio nel corso e nell’esercizio dell’attività di commercio.

Mentre la richiesta di arbitrato venne rigettata sulla base di questioni giurisdizionali dopo nemmeno un anno, si sono resi necessari 5 anni e circa 880 pagine perché l’organismo di risoluzione delle controversie del Wto raggiungesse la decisione di confermare la legittimità delle misure Tpp. Stando alle conclusioni raggiunte dal Panel, la legislazione Tpp è effettivamente restrittiva del commercio e costituisce un ostacolo all’esercizio dello stesso.

Tuttavia, i membri del Panel hanno corroborato la legittimità della regolamentazione australiana, reputandola giustificata alla luce dell’obiettivo legittimo da essa perseguito. Il Panel ha altamente tenuto in considerazione la necessità per gli Stati di promuovere legislazioni in materia di salute pubblica, richiamando l’attenzione sul fatto che “pochi interessi sono più ‘vitali’ e ‘importanti’ rispetto alla tutela della salute umana dai rischi” e sulle “particolarmente gravi” conseguenze del fumo su di essa. Un dettaglio che certo merita menzione è la scelta dei membri del Panel di operare continui riferimenti alla Convenzione dell’Oms per la lotta al tabagismo al fine di sottolineare l’importanza delle ragioni di salute pubblica che hanno condotto l’Australia a rafforzare le misure legislative domestiche per porre un argine al consumo di tabacco. Proprio in conseguenza di tali considerazioni, il Panel ha ritenuto il Tpp Act conforme all’Articolo 2.2 TBT, affermando che “a uno Stato membro non può essere impedito di perseguire un obiettivo legittimo al livello che considera appropriato.

Inoltre, nel rigettare la contestazione presentata dai ricorrenti, secondo i quali l’Australia avrebbe avuto la possibilità di optare per misure alternative meno restrittive del commercio, il tribunale ha fatto riferimento alla sua giurisprudenza in Brazil – Retreaded Tyres spiegando come nonostante tali misure potessero astrattamente contribuire a ridurre il consumo di tabacco, sostituirle al Tpp Act “potrebbe indebolire la sinergia tra le diverse componenti della strategia di lotta contro il fumo condotta dall’Australia”. Conseguentemente, è possibile notare come il Panel abbia riconosciuto allo Stato un significativo margine di discrezionalità nel decidere come strutturare il proprio regime nazionale contro il tabagismo. Allo stesso modo, il Dispute Settlement Body ha stabilito che i ricorrenti non sono riusciti a dimostrare che l’Australia abbia “agito oltre al margine di discrezionalità, il quale permette allo Stato di scegliere quale sia l’intervento legislativo più appropriato per affrontare questioni nazionali in materia di salute pubblica”.

Una pronuncia che fa ben sperare
Il caso qui descritto ha messo in evidenza il fondamentale ruolo ormai assunto dal Wto nello scenario internazionale. Da un lato non può infatti mancarsi di notare come l’incertezza e la complessità della normativa internazionale in materia di commercio, accompagnate dagli ingenti costi associati alle controversie internazionali, abbiano indotto svariati Stati a posticipare l’introduzione di cruciali misure volte ad un miglioramento delle condizioni sanitarie nazionali, e, pertanto, come ciò costituisca a ben vedere una limitazione di non scarsa portata alla sovranità nazionale dei singoli Stati Membri.

D’altra parte, però, quando una maggior certezza nei riguardi di tali norme viene raggiunta e l’importanza per gli Stati di perseguire obiettivi a tutela della salute viene saldamente raffermata, il Wto si eleva de facto a promotore di un miglioramento nelle legislazioni nazionali a tutela della salute. Eloquente a questo proposito è senza dubbio il fatto che, dopo la diffusione da parte dai media della storica vittoria dell’Australia, più di sette Paesi hanno deciso di adottare misure Tpp e molti altri hanno annunciato l’intenzione di introdurne a breve. Considerando le implicazioni di tale sentenza in un’ottica ancor più ampia, pare non irragionevole sostenere che la pronuncia del Panel potrebbe avere ripercussioni positive su larga scala, incoraggiando gli Stati ad intraprendere azioni legislative in materia di packaging sempre più orientate alla tutela della salute, anche al di là dei confini delle misure anti-fumo.

Foto di copertina © Xu Jinquan/Xinhua via ZUMA Wire