IAI
PALAZZO DI VETRO

Il ruolo di Usa e Russia nel conflitto libico (Parte 2)

12 Mag 2020 - Francesco Semprini - Francesco Semprini

C’è ora da chiedersi però che gioco faccia la Russia, che da una parte agevola l’afflusso di siriani governativi in Cirenaica dopo l’entrata in campo della Wagner dello scorso anno, dall’altra tiene a freno le mire conquistatrici di Haftar.

Il doppio binario della Russia
“Uno dei problemi sul campo del generale è la mancanza di manodopera bellica supplita dal’’arruolamento di mercenari ciadiani e sudanesi. Si tratta di elementi che non sono abituati a combattimenti prolungati e che vengono pagati 1.500 o 2.000 dollari al mese. Cifre dinanzi alle quali di fronte a campagne logoranti o pericoli gravi tendono a non esporsi più di tanto”, spiega Ruvinetti.

Questo gap era stato colmato dai volontari della russa Wagner combattenti abilissimi perfetti in teatri di scontro a bassa intensità. “Ora però Wagner, e anche Mosca, puntano a un disimpegno bellico (ma non politico) sul terreno del Paese nordafricano e in questo senso dei validi sostituti ai contractor della società di Yevgheni Prigozhin (ex chef di Putin) possono essere i siriani, che in quanto a combattimenti hanno un solido background”.

La Russia però si sta muovendo su un doppio binario. “Mosca ha esercitato pressioni sul presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, alleato di Haftar, a prendere le distanze dal colpo di mano proclamato dallo stesso generale in Cirenaica e quindi a proporre una riapertura del dialogo con il governo di Fayez al-Serraj“, avverte Ruvinetti. Una linea su cui si è posizionato anche l’Egitto consapevole che adesso una vittoria militare del generale è impossibile, a dispetto invece degli Emirati, i quali non vogliono mollare la presa sino a quando Tripoli non cadrà ai piedi del loro protetto in Cirenaica.

Siria e Libia due scacchieri di una stessa partita
L’ostinazione è tale che la monarchia del Golfo, nemico della Siria e finanziatore dei ribelli anti-Assad per anni, si sarebbe rivolta finanche al rais di Damasco per convincerlo ad alzare il tiro su Ankara per distrarla dalle mire che ha in Libia nella speranza di ridare spazio e ossigeno ad Haftar. Una mossa che non è piaciuta a Vladimir Putin, il quale non ha nessun interesse a una ripresa di scontri violenti in Siria così come non ha intenzione di entrare in aperto contrasto con Recep Tayyip Erdogan sullo scacchiere libico. Anche perché Ankara è si un membro della Nato, ma di fatto un battitore libero e con un rapporto privilegiato con Mosca. Da cui ha acquistato lo scorso anno il sistema di difesa antiaereo S-400, divenendo il primo membro dell’Alleanza a fare shopping di armamenti da una nazione esterna.

“Serraj da parte sua si è dimostrato interessato all’apertura, non tanto perché voglia negoziare la pace visto che adesso le forze governative stanno inanellando successi e sono pronte a lanciare l’attacco sulle due ultime roccaforti di Haftar in Tripolitania, ovvero Watija e Tarhuna – rivela Ruvinetti – La sua è piuttosto una mossa tattica, vuole legittimare Saleh convincendolo a riprendersi la supremazia politica per mettere all’angolo Haftar nella sua stessa Cirenaica. Punta insomma a provocare una spaccatura nell’Est”.

Di fatto Mosca punta a un disimpegno militare e all’avvio di una soluzione politica per evitare che Haftar venga travolto dalla controffensiva di Tripoli: il timore al Cremlino è che quando cadranno gli ultimi feudi del generale in Tripolitania e dinanzi alle rivolte delle tribù nel sud, i governativi non si fermino puntando all’occupazione della mezzaluna petrolifera o procedendo da Sirte alla conquista di Bengasi, forti del supporto di Ankara. Evitando questo e indebolendo al contempo Haftar, Mosca manterrebbe una golden share nell’Est del Paese e con essa la possibilità di realizzare il sogno di avere una base militare sulla sponda sud del Mediterraneo.

Questa è la seconda parte dell’articolo pubblicato su AffarInternazionali lunedì 11 maggio 2020.