Le elezioni che verranno: riparte il nostro Osservatorio
Il 2020 era iniziato con un calendario elettorale ricco di appuntamenti in tutto il mondo. Nel giro di poche settimane, la pandemia di Covid-19 ha messo in discussione qualsiasi certezza: persino le elezioni, il momento cruciale nella partecipazione politica.
Il 2021 si apre così: una crisi sanitaria, economica e sociale che influenzerà le nostre vite per mesi e anni a venire e che avrà un impatto significativo sugli equilibri politici.
Lo stesso atto pratico del votare – recarsi al seggio, apporre il segno su una scheda, consegnarlo agli scrutatori -, apparentemente semplice e immutabile, richiede di essere ripensato radicalmente e adattato a un nuovo spazio pubblico limitato dalle regole sanitarie. Ora che il virus è nelle nostre vite da ormai un anno, è il momento di fermarsi a riflettere sul ciclo elettorale appena concluso e tracciare i prossimi passi.
Un 2020 pieno di imprevisti
La pandemia di Covid-19 ha sconvolto tutti i calendari elettorali. Diverse consultazioni sono state rimandate di mesi – o di un intero anno, come nel caso delle amministrative nel Regno Unito – per ridurre al minimo i rischi sanitari per la popolazione.
Dove il voto si è svolto, i governi hanno dovuto affrontare sfide logistiche inattese per garantire che le consultazioni si svolgessero in sicurezza: rispetto delle distanze, igienizzazione dei locali, voto per posta.
Al di là delle questioni pratiche, la pandemia ha posto un dilemma serio per la politica: garantire l’esercizio del diritto di voto, ma mettendo in pericolo la vita e la salute degli elettori e delle elettrici, o rimandare l’elezione – una strada magari più sicura, ma spesso critica dal punto di vista costituzionale -. Le elezioni che si sono svolte nonostante la pandemia e senza possibilità di votare a distanza hanno spesso registrato tassi di partecipazione molto bassi.
In altri casi, però, la partecipazione elettorale non ha sofferto delle limitazioni legate alla pandemia. Le elezioni statunitensi, infatti, hanno registrato i tassi di partecipazione più alti degli ultimi cent’anni.
Le consultazioni da tenere d’occhio nel 2021
Il calendario elettorale del 2021 sarà denso, tra elezioni previste e consultazioni “ricalendarizzate” dal 2020. Si inizia l’anno con le presidenziali in Uganda, il 14 gennaio. Yoweri Museveni, presidente dal 1986, ha emendato la Costituzione nel 2017, abolendo i limiti di età per ricandidarsi. In un clima di violenza e intimidazione, il principale sfidante è Bobi Wine, arrestato con tutto il suo team proprio qualche giorno fa.
A giugno, saranno gli elettori e le elettrici dell’Etiopia ad andare ai seggi per le elezioni generali. Nel Paese la situazione è rimasta tesa da quando, a causa del Covid-19, il primo ministro Abiy Ahmed ha posticipato il voto, mentre il Tigray – regione del nord che confina con Sudan ed Eritrea, al centro delle rivolte delle scorse settimane – ha deciso comunque di rinnovare il proprio organo legislativo. Il governo centrale ha definito tali elezioni illegali e la diatriba ha presto riacceso gli scontri tra i gruppi etnici che si contendono il potere. E poi ancora, urne aperte in Somalia, Repubblica del Congo, Zambia.
Il 6 maggio sarà un election day importante per il Regno Unito: si rinnoveranno i consigli delle municipalità inglesi, i sindaci di varie città tra cui Londra e i Parlamenti devoluti di Scozia e Galles. In Scozia, una riconferma dello Scottish National Party guidato da Nicola Sturgeon aprirebbe la strada a un secondo referendum sull’indipendenza.
Il 26 settembre, le elezioni federali in Germania segneranno un momento storico: dopo quindici anni al governo, Angela Merkel ha deciso di ritirarsi dalle scene. La lotta alla successione è aperta.
In Russia, a settembre, il partito al governo Russia Unita cercherà di mantenere la sua ampia maggioranza nella Duma di Stato, la Camera bassa del Parlamento, puntando a vincere almeno 300 dei suoi 450 seggi – nonostante la popolarità del presidente Vladimir Putin si stia incrinando e l’opposizione politica abbia assunto una notevole visibilità globale negli ultimi mesi, specie dopo il tentativo (fallito) nell’agosto del 2020 di assassinare Alexei Navalny. Dopo “il giorno unico” delle elezioni locali del 13 settembre scorso, sedici partiti politici russi hanno superato la soglia di sbarramento del 5% a livello regionale e saranno quindi in grado di partecipare alle elezioni per la Duma senza bisogno di raccogliere le 200mila firme richieste.
Israele va al voto per la quarta volta in due anni per eleggere il Parlamento, con il premier Benjamin Netanyahu, sempre alla guida del Likud, che cerca ancora la vittoria, mentre affronta un processo per corruzione che dovrebbe entrare nel vivo proprio a febbraio, poche settimane prima del voto. La sfida, ancora una volta, sarà sulla sua persona.
In Libia nel frattempo non si fermano gli sforzi dell’Onu per preparare il terreno alle elezioni che dovrebbero mettere fine a un decennio di guerra civile. Compito arduo nel volatile e poroso contesto libico, dove il futuro del cessate il fuoco siglato lo scorso ottobre è appeso a un filo.
Anche in Iraq la strada verso le elezioni anticipate che si dovrebbero tenere a giugno appare accidentata. Questioni come l’attuazione della nuova legge elettorale, l’alto rischio di frode e il generale clima di insicurezza continuano a minare la possibilità di un rinnovamento del governo in linea con le richieste dei manifestanti nelle proteste che agitano il Paese dal 2019.
In Asia, l’attenzione è alta sulle legislative a Hong Kong. La nuova legge sulla sicurezza nazionale ha stretto la morsa di Pechino sulla città: diversi leader dell’opposizione sono stati arrestati o hanno lasciato la città, e a novembre le opposizioni si sono dimesse in massa dal Consiglio legislativo di Hong Kong per protestare contro l’espulsione di quattro loro colleghi. Il rinvio di un anno delle elezioni, che si sarebbero dovute tenere a settembre del 2020, ha acuito il malcontento degli oppositori rispetto alla nuova legge e all’aumento dell’ingerenza cinese che ne deriva. I cittadini e le cittadine giapponesi dovranno eleggere a ottobre la Camera dei rappresentanti. Dopo le improvvise dimissioni dell’ex primo ministro Abe Shinzo, a settembre 2020 Suga Yoshihide era stato eletto presidente del Partito liberaldemocratico, succedendo così ad Abe come primo ministro fino a ottobre 2021, data della fine naturale del mandato.
Nel continente americano, sarà anno di semi-quiete federale negli Stati Uniti, dopo i ballottaggi del 5 gennaio per i due seggi senatoriali della Georgia vinti dai democratici. Oltre al voto in due Stati (New Jersey e Virginia), si andrà ai seggi anche per il rinnovo dei sindaci di città importanti, come New York, Atlanta e Boston.
Guardando all’America Latina, è già iniziata in Ecuador la campagna elettorale che porterà al voto all’inizio di febbraio per rinnovare sia la presidenza sia l’Assemblea Nazionale. Il cambio radicale nella politica di Lenín Moreno lascia un Paese profondamente diviso. Il presidente in carica non si ricandiderà, così come non potrà farlo l’ex leader Rafael Correa, a causa dell’ultima condanna ricevuta. Ciononostante, sarà un’elezione da record con ben 16 ticket presidenziali in lizza.
Ad aprile, anche il Perù eleggerà il nuovo presidente, mettendo fine al governo ad interim di Francisco Sagasti. Dalla rinuncia al potere di Martín Vizcarra, il Paese sta vivendo mesi di proteste e tumulti per la difficile approvazione della riforma agraria.
In Cile, dopo il referendum dello scorso ottobre, si entrerà nel vivo del processo costituente con l’elezione dei membri della Convención Constitucional che lavoreranno alla Carta post-Pinochet e, inoltre, si chiuderà il periodo di governo di Sebastián Piñera. A fine novembre ci sarà il voto per determinare chi prenderà le redini di un Paese profondamente cambiato.
Nello stesso mese, anche due Paesi del Centro America saranno chiamati a votare per la presidenza: Honduras e Nicaragua. Entrambi stanno vivendo un periodo di crisi particolarmente acuta.
L’Osservatorio certo non dimenticherà le parti più lontane del mondo e quindi si dedicherà con interesse, come abbiamo già fatto lo scorso anno, a raccontarvi le tornate elettorali in Micronesia, nelle Samoa e a Tonga. Luoghi lontani, spesso dimenticati dalle cronache nostrane, ma che restano esempi di democrazia di estremo interesse visto la loro variegata popolazione, frutto di incontri e scontri, e la loro posizione sul fronte più caldo dei cambiamenti climatici.
… in compagnia dello Spiegone
Quest’anno, l’Osservatorio elettorale raddoppia. Oltre alle notizie essenziali sulle elezioni più importanti nel calendario, vi accompagneremo con approfondimenti post-voto sui temi fondamentali e sui protagonisti della campagna elettorale.
In due articoli, troverete tutto quello che vi serve per arrivare preparati e commentare gli esiti degli appuntamenti elettorali in tutto il mondo.
***Lo Spiegone è un sito giornalistico fondato nel 2016 e formato da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate al mondo delle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.