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Tassazione delle multinazionali

L’Ue tra intese transatlantiche e autonomia strategica

16 Lug 2021 - Ettore Greco - Ettore Greco

Sarebbe un bene per l’Europa, per gli Stati Uniti e per il mondo”. Nel recente incontro a Bruxelles con i vertici delle istituzioni europee, la segretaria Usa al Tesoro Janet Yellen non ha usato mezzi termini a proposito dei progetti europei per il completamento del mercato unico e dell’Unione economica e monetaria.

La responsabile del Tesoro dell’amministrazione Biden ha fatto questa cristallina dichiarazione a sostegno dell’integrazione europea all’indomani della “storica” intesa in seno al G20 sulla tassazione delle multinazionali. In un clima dunque di grande soddisfazione, e persino di entusiasmo.

Web tax adieu
Sul piano pratico ha pesato positivamente la decisione degli europei di rinunciare, almeno provvisoriamente, all’introduzione della tassa sui giganti del web, la cosiddetta “web tax”. I vertici dell’Ue si sono impegnati a dare ora priorità all’attuazione dell’accordo sulla tassazione delle multinazionali. La stessa Yellen era tornata più volte, di recente, a denunciare la “web tax” come una misura discriminatoria nei confronti delle imprese americane, sollecitando gli europei a metterla da parte una volta per tutte. Per la Casa Bianca, che ha bisogno del sostegno del Congresso sul progetto della tassazione minima per le multinazionali, questo impegno da parte europeo era fondamentale.

Questo do ut des  – tassazione minima per la multinazionali in cambio della rinuncia alla web tax – era d’altronde parte integrante dell’intesa, come precisato anche nella dichiarazione finale del recente incontro dei ministri delle Finanze e dei governatori delle Banche centrali del G20 tenutosi a Venezia sotto presidenza italiana.

L’accordo sulle tassazione delle multinazionali riguarderebbe ovviamente anche il settore del digitale, con il vantaggio di essere applicato sul piano globale. Bisognerà però aspettarne l’entrata a regime, prevista per il 2023, sempre che nel frattempo non emergano difficoltà tecniche o insormontabili ostacoli politici. E alcuni a Bruxelles hanno storto la bocca anche perché il progetto della web tax era stato presentato come una prova della determinazione dell’Ue a proseguire sulla strada dell’autonomia strategica anche nei confronti del partner e alleato storico d’oltreoceano.

Fine dell’autonomia strategica?
Ma che fine farà allora, in questo clima si ritrovata intesa transatlantica, l’autonomia strategica tanto agognata dai vertici comunitari? Non è in realtà un obiettivo a cui Bruxelles sia disposta a rinunciare. Anche perché non riguarda solo i rapporti con Washington. Anzi, la volontà di sottrarsi ai condizionamenti e alle interferenze di Pechino e Mosca si è venuto sempre più rafforzando. Se con Biden alla Casa Bianca gli spazi per un’intesa su molte questioni aperte nei rapporti transatlantici, incluse alcune che si trascinano da tempo, si sono notevolmente ampliati, le tensioni con Cina e Russia si sono invece inasprite, sfociando nella reciproca imposizione di nuovi sanzioni, e non si intravvedono al momento spiragli significativi per un’inversione di tendenza nelle relazioni con Pechino e Mosca.

Ci sono poi una serie di settori, compreso quello commerciale, in cui le persistenti divergenze tra Ue e Usa non sono facili da appianare e non si possono escludere nuovi irrigidimenti dall’una o dall’altra parte. Anche le esperienze recenti non sono tutte positive. Quando, nei primi mesi di quest’anno, gli europei si sono trovati in grave difficoltà nell’approvvigionamento dei vaccini, hanno ricevuto ben poca solidarietà da parte degli Usa, tra i principali paesi produttori dei vaccini, benché alcuni governi, incluso quello italiano, avessero mostrato di farvi affidamento.

Inoltre, il trauma subito con Trump non si dimentica tanto facilmente e aleggia lo spettro in Europa di un ritorno alla Casa Bianca, tra tre anni e mezzo, di un presidente sovranista che rimetta in discussione le iniziative di impronta multilateralista intraprese da Biden.

Integrazione come premessa per l’autonomia
La vicenda dei vaccini ha messo impietosamente in luce le vulnerabilità europee, confermando come in molti settori  fondamentali per il benessere e la protezione dei cittadini la ricerca di una “sovranità europea” sia una via obbligata. Sarebbe dunque un errore rinunciare al progetto dell’autonomia strategica, una volta scremato dai suoi aspetti meno realistici.

Peraltro, se il ritrovato clima di fiducia con la Casa Bianca si rivelerà fruttuoso di nuove intese, per gli europei sarebbe più facile concentrarsi su altre priorità, incluso il completamento dei progetti già avviati di integrazione interna. Progetti che in molti settori sono peraltro la premessa indispensabile per l’acquisizione di un’effettiva autonomia strategica. Si pensi soltanto allo scarso coordinamento e all’assenza di efficaci strumenti comuni in materia di politica sanitaria e industriale.

Anche sotto questo rispetto, le recenti parole di sostegno e incoraggiamento per il progetto europeo pronunciate dalla segretario al Tesoro Usa non vanno sottovalutate. Sono il riconoscimento che la cooperazione transatlantica può, per molti versi, avvantaggiarsi di un’Ue più coesa e integrata. È da tempo che da Washington non veniva un simile messaggio.

Foto di copertina ANSA/ANDREA MEROLA