La Germania post-Merkel: una galassia con un astro nascente
Anche in Germania soffia il vento del Nord, più precisamente da Amburgo. È infatti Olaf Scholz la vera novità della fase finale di una campagna elettorale iniziata molto tempo fa con l’annuncio del ritiro di Angela Merkel. Si deve infatti a lui la resurrezione di una socialdemocrazia che da anni languiva in una condizione stagnante, superata a sinistra dalla Linke e dai Verdi e allontanata dall’elettorato centrista dalle tattiche di Merkel, che in molti casi ha fatto proprie molte campagne dell’Spd.
All’ascesa di Scholz e dell’Spd hanno contribuito anche i comportamenti degli altri leader e degli altri partiti. Ha sfruttato le cadute di immagine del leader cristiano-democratico Armin Laschet, come anche la rigidità dei Verdi, troppo concentrati sulla transizione energetica e per certi versi incapaci di cogliere una serie di domande emergenti dai più larghi strati dell’elettorato.
La linea moderata
Nell’ascesa di Scholz ha però giocato un ruolo anche la difficoltà che hanno incontrato i suoi avversari nell’attaccarlo. Laschet e tutta la Cdu hanno cercato di impaurire l’elettorato moderato affermando che il voto per Scholz sarebbe stato, alla fine, un voto per Saskia Esken (co-leader dell’Spd ed espressione dell’ala sinistra del partito). Questa linea di attacco si è però dimostrata poco efficace: è certamente vero che Scholz ha definito un programma fortemente orientato in senso sociale, ma è altrettanto vero che, in qualità di vice-cancelliere e ministro delle Finanze, Scholz ha portato avanti una linea moderata sia in Germania che nell’Unione europea. Questo spiega perché gli attacchi portati avanti dai vertici della Cdu (e della stessa Merkel) sono stati efficaci solo in parte: per la cancelliera uscente è stato difficoltoso attaccare la figura che, dopo di lei, ha più lavorato per garantire il sostegno tedesco al rafforzamento dell’Unione europea in risposta alla crisi pandemica.
Al netto dell’impatto che la recentissima inchiesta per riciclaggio che ha investito Scholz potrebbe avere sulle sorti del partito, la possibilità che l’Spd ottenga un risultato ben più significativo di quello che si immaginava ancora alcuni mesi fa ridefinisce il quadro delle potenziali coalizioni che, al netto della vittoria di una singola forza politica (ipotesi al momento non contemplata dai sondaggi), si potrebbero definire all’indomani del voto.
Le possibili coalizioni
Ad essere fortemente indebolita è certamente l’ipotesi, che poi ha funzionato di più nella storia, di una Grosse Koalition tra Cdu/Csu ed Spd: a rendere più complicata questa formula tradizionale è soprattutto il fatto che i due partiti maggiori hanno, soprattutto in quest’ultima fase, accentuato i loro tratti identitari.
Come già detto, l’Spd ha riguadagnato terreno proprio attraverso una riscoperta delle istanze riformiste e di giustizia sociale. Per parte sua, la Cdu è tornata a battere un terreno maggiormente conservatore: questo è avvenuto perché Laschet ha trovato un accordo con il leader bavarese, Markus Söder, che ha di fatto rinunciato a correre come candidato, e, successivamente, ha incassato l’appoggio del suo rivale conservatore Friedrich Merz, il quale è anche entrato nella squadra elettorale. Il fatto che, almeno in questa fase di campagna elettorale, i due partiti diventino sempre meno sovrapponibili fa sì che l’ipotesi di una grande coalizione perda quota, anche perché è innegabile la stanchezza per una formula politica che accompagna da molti anni la storia tedesca. Questo accende i riflettori sui partiti minori, certamente i Verdi, ma anche i liberali e la Linke. Proprio in quest’ultimo partito si moltiplicano i tentativi di definire un dialogo con l’SPD in un’ottica programmatica.
Foto di copertina EPA/Omer Messinger / POOL