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Osservatorio IAI/ISPI

Bilancio europeo: un’occasione da non perdere per un salto di qualità

7 Mag 2021 - Franco Bruni - Franco Bruni

Il grande progetto significativamente denominato Next Generation EU (Ngeu) ha diversi aspetti che lo rendono una tappa storica dell’integrazione europea. Uno dei più evidenti è che si tratta di politica di bilancio comune finanziata in disavanzo con consistenti emissioni di Eurobond sui mercati mondiali. Inoltre, il progetto è stato fin dall’inizio concepito come affiancato al bilancio comunitario, approfittando del fatto che l’anno scorso scadeva il quadro finanziario pluriennale dell’Unione e occorreva prepararne uno nuovo per il periodo 2021-27. 

Pur legato e giustificato dalle drammatiche esigenze della pandemia, Ngeu guarda oltre l’orizzonte dell’emergenza: è intitolato alle “prossime generazioni” e indirizzato a investimenti e riforme che, più che medicare le ferite del Covid-19, trasformino strutturalmente l’economia europea mettendola in grado di affrontare le sfide del mondo che cambia, da quella ecologica a quella digitale, e di accrescere la sua resilienza di fronte a difficoltà e rischi futuri compresi quelli connessi a epidemie e problemi sanitari.  

Conferenza e bilancio comune
La speranza di molti è che Ngeu lasci un segno nel bilancio comunitario ben oltre i prossimi anni durante i quali il programma verrà completato. Per alimentare il dibattito nella Conferenza sul Futuro dell’Europa è stata predisposta una piattaforma digitale che invita i cittadini ad avanzare idee e proposte. Vi si classificano i temi che può toccare chi vi contribuisce. 

La classificazione mostra che il rafforzamento del bilancio comunitario riguarda quasi tutti i temi. Oltre al “rafforzamento d’insieme dell’economia, della giustizia sociale e dell’occupazione”, esso può contribuire direttamente ad affrontare il “cambiamento climatico”, i temi della “salute”, della “sicurezza”, della “trasformazione digitale”, delle “migrazioni”, della “cultura”. Anche il miglioramento della “democrazia europea”, indicato nella classificazione della piattaforma, è connesso all’evoluzione del bilancio comunitario perché è proprio nel tassare, indebitarsi, spendere assieme e redistribuire reddito fra Paesi più e meno bisognosi di sostegno che si avverte la necessità di approfondire le basi democratiche delle istituzioni che decidono aumentando la rilevanza del loro controllo da parte dei cittadini. 

A sua volta, far fronte ad esigenze comuni dei cittadini europei con la finanza comunitaria può rafforzare la fiducia nelle istituzioni e la democrazia.

Beni pubblici europei
La destinazione del bilancio comunitario dovrebbe essere sempre più la produzione di beni pubblici europei. Una destinazione diversa da quella finora prevalente, che è stata invece la distribuzione di finanziamenti per utilizzi nazionali come i sussidi all’agricoltura o alle regioni meno sviluppate. Il cambiamento deve trovare contropartita anche nella natura delle entrate del bilancio che finora sono state quasi solo partite di giro di entrate nazionali, come la parte del gettito dell’Iva girata all’Unione dagli Stati membri, mentre dovrebbero diventare soprattutto “risorse proprie” dell’Unione, cioè entrate prelevate direttamente a livello comunitario come sono nel progetto di Ngeu le imposte ecologiche, sulle imprese digitali e le transazioni finanziarie. 

Il disegno è dunque quello di un bilancio più ampio ma anche più essenzialmente comunitario. Un disegno  prefigurato fin dal 2016 dall’Alta Commissione per le Risorse Proprie alla quale Parlamento, Commissione e Consiglio europei avevano affidato riflessioni sulla riconfigurazione della finanza pubblica comunitaria. 

L’affiancamento di Ngeu a un quadro finanziario pluriennale modificato e integrato da nuove “risorse proprie” è un passo sostanziale di un’evoluzione che sperabilmente verrà rinsaldata fino a comportare anche un aumento più sostanziale della dimensione del bilancio che ora, anche con l’integrazione Ngeu, rimane inferiore al 2% del Pil dell’Ue, inadeguata per una maggior centralizzazione della politica fiscale europea. Per ora il progresso nella qualità della finanza comunitaria, completato anche dal ricorso ad emissioni di titoli per finanziarne un neonato disavanzo, è considerato più urgente e politicamente accettabile di un aumento della sua dimensione. 

Ovviamente, se tale aumento fosse ingente andrebbero sgonfiati i bilanci nazionali portando a livello comunitario più produzioni di beni pubblici, funzioni redistributive e politiche fiscali anticicliche. Tutto ciò pare prematuro, difficilmente realizzabile e forse inopportuno. Inoltre, l’uso anticiclico della finanza pubblica può ottenersi coordinando le manovre di bilancio nazionali con forme profondamente riviste del Patto di Stabilità e Crescita.

Una caratteristica importante di Ngeu, che potrebbe lasciare un segno nell’evoluzione futura del bilancio Ue, è di essere orientato da una strategia che mira a specifici obiettivi, soprattutto le transizioni verde e digitale, e di richiedere ai Paesi che ricevono i finanziamenti comunitari di fare le riforme strutturali necessarie per renderli davvero efficaci. Il condizionamento di aiuti e finanziamenti comunitari alle riforme strutturali è da tempo un’idea che cerca spazio nella politica europea, trovando difficoltà di realizzazione pratica e di approvazione politica. Con l’emergenza pandemica è stata colta un’opportunità di implementarla. 

La crescita del bilancio comunitario è auspicabile anche per sollevare la politica monetaria della Banca centrale europea (Bce) da un eccesso di compiti di sostegno e indirizzo macroeconomico che ne appesantiscono il ruolo di tutore della stabilità monetaria e finanziaria. Anche in questo la pandemia è stata colta come opportunità per avviare quanto la stessa banca centrale da tempo richiede. Da questo punto di vista è sperabile che il collocamento dei titoli con cui si finanzierà il programma Ngeu avvenga sui mercati e non coinvolga se non temporaneamente e marginalmente la Bce.

I mercati finanziari che dovranno accogliere il nuovo debito pubblico comunitario sono quelli globali, sui quali l’euro può trovare nuovi spazi. In ciò lo sviluppo del bilancio europeo sarà complementare al completamento dell’unione bancaria e dei mercati dei capitali. Il successo internazionale di una moneta dipende infatti soprattutto dall’ampiezza, dalla profondità, dall’efficienza del mercato finanziario dove viene emessa. Quello dell’Eurozona è ancora troppo frammentato lungo i confini degli Stati membri che mantengono decentrata troppa autorità nella regolazione e nella vigilanza finanziarie nonché nella gestione delle crisi bancarie

La reazione dell’Unione alla pandemia, col disegno del programma Ngeu, si è dunque messa su una strada che promette nuovi ruoli, opportuni e importanti, per il bilancio pubblico europeo e il suo finanziamento. È una strada difficile e irta di ostacoli politici e tecnici. La stessa fase delle ratifiche nazionali del programma, ora in corso, mostra che il consenso non è uniforme e non sarà agevole da conquistare pienamente e mantenere. Ma quando si comincia una strada così promettente non si può che sperare di percorrerla con successo.

Questo articolo è stato pubblicato nell’ambito dell’Osservatorio IAI-ISPI sulla politica estera italiana, realizzato anche grazie al sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le opinioni espresse dall’autore sono strettamente personali e non riflettono necessariamente quelle dello IAI, dell’ISPI o del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.