IAI
Il summit di Roma

Il Vertice dei Grandi e il nuovo modello di cooperazione allo sviluppo

29 Ott 2021 - Daniele Fattibene - Daniele Fattibene

Il 2021 è stato un anno cruciale per le sfide della cooperazione allo sviluppo. Il G20 sotto presidenza italiana le ha poste al centro della sua agenda, individuando anche alcune soluzioni innovative. Tanti sono i temi sul tavolo dei leader del G20 che si riuniranno a Roma il 30 e il 31 ottobre: dal rifinanziamento del debito dei Paesi più vulnerabili, alla distribuzione equa dei vaccini, fino all’adozione di nuovi strumenti finanziari per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Oltre a intraprendere varie iniziative su queste ed altre questioni, la presidenza italiana ha affrontato alcune criticità strutturali del processo del G20, promuovendo, fra l’altro, un rafforzamento del Development Working Group (DWG) del G20.  Facendo tesoro dell’esperienza maturata quest’anno, le prossime presidenze del G20, che saranno detenute da Paesi del Sud globale (Indonesia, India e Brasile), avranno un’opportunità storica: far valere le istanze di regioni spesso poco rappresentate in vista di un rinvigorimento della cooperazione allo sviluppo in un momento di forte crisi del multilateralismo.

I colli di bottiglia
Nonostante una burocrazia molto più agile di altre realtà multilaterali, il G20 soffre per le rivalità istituzionali tra i vari track tematici coordinati dai diversi ministeri. Ciò rende difficile includere le politiche per la cooperazione – per loro natura orizzontali – nel processo decisionale. Nel caso del Dwg le tensioni più forti si sono storicamente verificate tra i ministeri degli Esteri e quelli dell’Economia.

Il Dwg si contraddistingue poi per una rappresentanza poco omogenea, sia perché molti Paesi non hanno un ministero dedicato alla cooperazione internazionale, sia perché all’interno del DWG i delegati nazionali spesso arrivano da ministeri che poco hanno a che fare con le politiche di cooperazione. Questo non solo ha creato forti divergenze di vedute, ma anche rallentato il processo decisionale, dal momento che molti Sherpa e delegati nazionali non erano in grado di prendere decisioni durante le riunioni.

Inoltre, a sei anni dall’adozione degli accordi di Parigi sul contrasto ai cambiamenti climatici manca ancora una visione collettiva di come raggiungere gli obiettivi. Nel Dwg permane un forte contrasto tra quei Paesi che rivendicano “il diritto a inquinare” e coloro che cercano di spingere invece verso l’adozione di misure stringenti per la mitigazione e l’adattamento climatico. Risolvere queste divergenze nei prossimi anni non sarà facile tenuto anche conto che le presidenze del G20 saranno detenute da Paesi che hanno mostrato più di una remora a aderire all’agenda climatica mondiale.

In quarto luogo, nonostante affronti una serie di questioni fondamentali per i Paesi in via di sviluppo, il G20 non dà piena rappresentanza ai Paesi meno sviluppati o ad alcuni continenti come l’Africa. Ciò ha minato la sua credibilità e la legittimità delle sue decisioni in questi Paesi. Causando un rallentamento dell’aiuto pubblico allo sviluppo verso i Paesi meno sviluppati, il Covid ha acuito tutte queste difficoltà.

Infine, l’efficacia delle politiche di cooperazione del G20 è minacciata dall’assenza di una continuità fra le agende delle diverse presidenze, le quali hanno progressivamente abbandonato la programmazione pluriennale, privilegiando agende nazionali. Ne ha notevolmente risentito la continuità degli interventi in un settore che necessita, invece, di una programmazione di medio e lungo periodo.

Le lezioni della presidenza
La presidenza italiana del G20 ha cercato di porre rimedio a questi colli di bottiglia, provando, fra l’altro, a coordinare i lavori del Finance track e del Dwg attraverso sessioni tematiche congiunte volte a garantire una maggiore coerenza delle politiche su alcune materie come il rifinanziamento del debito dei Paesi meno sviluppati e la riallocazione dei diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale.

In secondo luogo, lo scorso giugno la presidenza italiana ha organizzato per la prima volta una riunione ministeriale G20 ad hoc sulla cooperazione allo sviluppo. Tale riunione, che ha adottato documenti importanti, come la Dichiarazione di Matera sulla sicurezza alimentare, ha anche spinto le burocrazie dei singoli Paesi del G20 a intraprendere azioni significative su questi temi in misura maggiore che in passato.

Infine, la Presidenza italiana del G20 ha costruito un dialogo molto proficuo e costruttivo con tutti gli engagement groups ufficiali del G20. Il Think20 (T20), in particolare, ha avuto la possibilità di contribuire sin dall’inizio alle attività e ai meeting del DWG, fornendo suggerimenti e raccomandazioni alla presidenza e portando sul tavolo degli Sherpa una serie di istanze provenienti dal mondo della ricerca su numerosi temi come il rifinanziamento del debito dei Paesi vulnerabili, la sicurezza alimentare, e l’adozione di nuove metriche per misurare le performance degli Stati nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Una troika per il G20?
Le future presidenze del G20 saranno chiamate a traghettare la comunità internazionale verso l’uscita dalla fase emergenziale della pandemia. È irrealistico aspettarsi cambiamenti nella composizione del G20 che diano maggiore peso e rappresentanza ai Paesi più vulnerabili; la presidenza indonesiana potrà però promuovere un piano di lavoro coordinato con la presidenza uscente (Italia) e quella successiva (India), in un’ottica di troika.

Inoltre, il G20 dovrà lavorare a stretto contatto con la presidenza tedesca del G7 del 2022 per garantire un’azione collettiva coordinata. La prossima Presidenza indonesiana è chiamata a mantenere un forte spirito di collaborazione anche con gli engagement groups come il T20, che hanno dimostrato di essere in grado di fornire un sostegno scientifico e indipendente alle attività e i lavori del G20, aumentandone anche la credibilità e la legittimità internazionale.

Sin dal 2008 il G20 ha dimostrato di poter dare un contributo importante alla gestione delle crisi di natura globale. Oggi il gruppo è chiamato a sostenere la transizione verso un modello di sviluppo socio-economico mondiale che assicuri maggiore inclusività, tutela degli ecosistemi e una crescita sostenibile che non lasci nessuno indietro.

Foto di copertina ANSA/RICCARDO ANTIMIANI