Sahel: il ruolo dell’Ue tra stabilità e sviluppo
Non bastassero i problemi geopolitici, il terrorismo e i vari traffici che coinvolgono la zona, nel Sahel si registra una grave crisi umanitaria causata dalla siccità, da sempre vera piaga della regione. La mancanza strutturale di risorse idriche e di piogge mette a rischio per fame e malnutrizione la vita di quasi 6 milioni di persone, tra cui due milioni di bambini, come annunciato dall’Onu e dalla Caritas internazionale.
L’Unione europea, sempre più decisiva nello sviluppo e nel processo di sicurezza della zona, ha deciso di intervenire nuovamente nella regione questa volta nell’assistenza umanitaria. A luglio, il commissario europeo per gli aiuti umanitari Christos Stylianides ha annunciato aiuti per 191 milioni di euro che serviranno a fornire assistenza alle persone più vulnerabili. “L’importo sbloccato mira a soccorrere oltre 1,1 milioni di persone che necessitano di assistenza alimentare d’emergenza e a finanziare la cura di più di 650 mila bambini affetti da grave malnutrizione”, ha dichiarato il commissario cipriota.
Il passato coloniale
Composta da ex colonie sostanzialmente francesi, la regione è inclusa tra il 12° e 18° parallelo, direttamente a sud della Libia, in un territorio esteso tra il deserto del Sahara e la savana. Scossa da continue carestie e guerre civili, retaggi del colonialismo europeo, il Sahel è negli ultimi anni diventato una regione fuori controllo in cui, grazie alla vastità dei luoghi e al caos politico, trovano rifugio jihadisti pronti a riorganizzarsi.
I Paesi del Sahel, democrazie nate dalla fine degli imperi coloniali, dipendono ancora fortemente dagli aiuti esterni su tutti i livelli. L’Unione europea è fortemente interessata alla stabilità della regione ed è impegnata su più fronti.
Per garantire la sicurezza della zona e prevenire terrorismo e traffici, non solo di migranti ma anche di armi e droga, è operativa, con il forte sostegno dell’Unione, la forza militare multinazionale Force G5 Sahel. Nata il 16 febbraio 2014 in Mauritania con lo scopo, tra gli altri, di garantire sviluppo e sicurezza nella regione, la forza militare conta 5 mila uomini ed è operativa solo dal luglio 2017. Ad appoggiare economicamente la forza multinazionale, oltre all’Onu, è anche l’Ue.
La stabilità nel corridoio del Sahel è fondamentale per l’Unione, soprattutto nella regione del Niger da cui passano quasi tutti i migranti diretti in Libia e pronti a tentare la traversata del Mediterraneo.
Le dimensioni degli aiuti
Intervenire nel Sahel serve non solo a dare maggiore sicurezza all’Ue, ma anche ad aiutare Paesi tra i più poveri del mondo con opportunità di sviluppo e infrastrutture e garantire ai giovani della regione, in esponenziale aumento demografico, una vita e un lavoro nella loro terra.
400 milioni di euro è l’investimento complessivo nella regione da parte dei donatori internazionali (tra cui Usa e Arabia Saudita), di cui 100 milioni da parte della sola Unione europea. Oltre al finanziamento economico, l’Unione è presente nella regione con le missioni civili Eucap Sahel Niger (dal 2012 ) e Eucap Sahel Mali (operativa dal 2015).
Attualmente, l’Unione è il maggior finanziatore della Force G5 Sahel, nonché il primo donatore per lo sviluppo della regione con 8 miliardi di euro per periodo 2014/2020. La presenza dell’Unione nel Sahel non è solo rivolta alla sicurezza e alla lotta ai vari traffici che coinvolgono il territorio, quali droga, armi ed esseri umani. “Garantire la stabilità, lo sviluppo e la sicurezza della regione, è il miglior investimento nella nostra stabilità e sicurezza”, ha affermato l’Alto rappresentante Federica Mogherini nell’ultima riunione con i ministri degli Esteri del G5 Sahel.
Un nuovo impulso agli aiuti europei all’Africa sul versante del fenomeno migratorio, è arrivato anche dal Consiglio europeo del giugno scorso: gli Stati europei hanno promesso di destinare ulteriori 500 milioni di euro allo European Union Emergency Trust Fund, utile a garantire opportunità di sviluppo in Sahel, Corno d’Africa e Nordafrica.
Agadez prima frontiera europea
Il territorio nigerino è occupato per tre quarti dal deserto. Porta per il misterioso e temibile Sahara è proprio Agadez, seconda città del Niger. Fino a dieci anni fa la zona viveva di turismo, grazie ai visitatori occidentali affascinati dalla sabbia del deserto. Spariti i turisti, l’unica attività economica di Agadez è il passaggio di migranti provenienti dal Corno d’Africa e dall’Africa occidentale in cerca di “passeur”, coloro che li accompagneranno in Libia attraverso il terribile superamento del deserto.
Il viaggio è più pericoloso della traversata del Canale di Sicilia, ma poche volte sui media europei giungono le immagini e i numeri dei morti del deserto. Quasi l’80% dei migranti approdati in Europa è transitato dal Niger e da Agadez, considerata ormai la vera frontiera a sud dell’Europa.
E l’Unione non è stata a guardare, ottenendo risultati in termini numerici e politici. Nel 2016 il governo nigerino, fortemente sostenuto dall’Ue, ha introdotto una norma che ha criminalizzato il trasporto di migranti. Nel 2017, il numero di persone transitate in Libia dal Niger è calato dell’80%. A questo si aggiunga il sostegno europeo per i rimpatri volontari di migranti che dal Niger e dalla Libia decidono di tornare nelle loro comunità di origine.
A metà luglio in Niger si è recato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ha confermato il successo della strategia europea nella regione e la speranza di estendere il modello Niger a tutto il Sahel, anche attraverso sforzi economici più strutturati e lungimiranti: un vero e proprio Piano Marshall per il continente africano.
Foto di copertina © Ali Abdou/DPA/ZUMA Wire