Pesca senza pace nel Mediterraneo centrale e orientale
Per i pescatori siciliani le acque del Mediterraneo centrale e orientale sono sempre più agitate. La settimana scorsa i pescherecci italiani sono stati presi a colpi di pietra nella zona di mare tra Turchia e Siria. Ai primi di maggio, sono stati sparati colpi di arma da fuoco dalla Guardia costiera libica, che hanno causato il ferimento del comandante di un peschereccio di Mazara del Vallo, che operava a 35 miglia da Misurata. Per non parlare dei 108 giorni di prigionia dell’equipaggio di un peschereccio catturato al largo di Bengasi nel 2020, per la cui liberazione il generale Khalifa Haftar ha preteso la visita del nostro ministro degli Esteri e del presidente del Consiglio in segno di implicito riconoscimento del governo ribelle.
I nostri pescatori lamentano l’inesistenza di confini marittimi certi, invocano la libertà dell’alto mare e da più parti si formula l’accusa, più o meno velata, alla nostra Marina militare di non intervenire.
La situazione è certamente complessa, ma è aggravata dalla scarsa conoscenza, anche nella migliore stampa quotidiana, della problematica dei confini marittimi.
La Libia ha un mare territoriale di 12 miglia, soggetto alla sua sovranità, ed una Zona economica esclusiva (Zee) adiacente al mare territoriale, che resta al di sotto della linea mediana con l’Italia. Nella Zee, lo Stato costiero ha diritti esclusivi di pesca ed i terzi sono ammessi solo con il suo consenso, che di regola comporta la stipula di accordi a titolo oneroso. Nella Zee altrui si può navigare, anche con l’impiego di navi da guerra, e questo spiega la presenza della nostra Marina militare. La quale, però, non può intervenire per garantire un diritto inesistente, cioè la pesca dei battelli siciliani. Se lo facesse, l’Italia commetterebbe un illecito internazionale. Tra l’altro, l’obbligo di non pescare nelle acque altrui è tutelato nel nostro ordinamento con un divieto stabilito da un decreto legislativo del 2012.
Ovviamente la questione della pesca nelle acque prospicienti la Libia è di vitale importanza per la marineria siciliana. La soluzione ideale sarebbe un accordo di partenariato per la pesca tra Unione europea e Libia, come è stato fatto con altri Stati. L’accordo potrebbe prevedere un accesso preferenziale per l’Italia e il numero dei nostri pescherecci ammessi ad operare, per tener conto dei titoli storici vantati nell’area dall’Italia. Nel 2019, una proposta di risoluzione per un accordo di partenariato è stata depositata al Parlamento europeo.
In attesa della conclusione di un accordo di partenariato, che non si preannuncia di rapida realizzazione, occorre trovare un meccanismo di natura bilaterale, che consenta ai nostri pescatori di operare legittimamente nella zona. Si tratterebbe di una soluzione provvisoria, magari fondata sul Trattato del 2008 di amicizia, partenariato e cooperazione. Anche una soluzione di mera natura “privatistica”, ad esempio mediante l’istituzione di società miste, potrebbe andar bene.
Due altri punti sono da considerare. Il primo riguarda la ratifica libica della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. La Libia non ne è ancora parte (l’ha solo firmata). È vero che le norme che riguardano l’estensione e la delimitazione delle aree marine appartengono al diritto consuetudinario e quindi lo Stato costiero può operare indipendentemente dalla ratifica della Convenzione. Ma questa contiene delle disposizioni che fanno al caso nostro, quali il divieto di arresto dei pescatori che violano le regole dello Stato costiero e il pronto rilascio di navi ed equipaggi, dietro il versamento di idonea cauzione. Inoltre, la Convenzione sul diritto del mare disciplina un sistema di soluzione delle controversie, incluso l’arbitrato, che può risultare utile alla bisogna. È opportuno quindi che l’Italia insista per la ratifica della Convenzione da parte libica.
Il secondo punto riguarda la conclusione di un accordo di delimitazione Italia-Libia, in particolare per quanto concerne le rispettive Zee. È vero che l’Italia non ha ancora proclamato una Zee (la relativa legge è in via di approvazione). Ma ciò non è dirimente, come dimostra l’accordo stipulato nel 2020 tra Italia e Grecia sui confini marittimi, che include le future Zee dei due Paesi. Tra l’altro, l’accordo con la Libia, che in quanto delimitazione di confini ricade sotto la competenza italiana e non dell’Ue, faciliterebbe la conclusione di un futuro accordo di partenariato sulla pesca Ue-Libia.
Il governo di Tripoli è perfettamente in grado di stipulare accordi nel campo marittimo e di ratificare la Convenzione sul diritto del mare, come provato dalla conclusione nel 2019 dell’accordo con la Turchia sui confini marittimi.
Nella foto di copertina ANSA/MAX FIRRERI il peschereccio Aliseo rientra nel porto di Mazara del Vallo dopo l’agguato da parte di una motovedetta libica